Inammissibilità del Ricorso: Quando i Motivi Sono Troppo Generici
L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e, allo stesso tempo, più insidiosi del processo penale. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: per ottenere una revisione della propria condanna, non basta lamentarsi genericamente della decisione, ma è necessario formulare critiche specifiche, precise e pertinenti. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio le ragioni dietro una tale pronuncia e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Processo
La vicenda trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Enna e successivamente riformata, solo per un aspetto secondario (la non menzione nel casellario), dalla Corte di Appello di Caltanissetta. L’imputato era stato ritenuto colpevole di due reati: lesioni personali pluriaggravate e minaccia aggravata. Non accettando la conferma della sua responsabilità penale, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa dell’imputato ha articolato il proprio ricorso su tre pilastri principali:
1. Estinzione dei reati per prescrizione: Secondo il ricorrente, il tempo massimo previsto dalla legge per perseguire i reati contestati era ormai trascorso.
2. Vizio di motivazione sulla responsabilità: La difesa lamentava che la Corte di Appello avesse confermato la colpevolezza basandosi su una motivazione generica e indeterminata, senza analizzare adeguatamente gli elementi a discarico.
3. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla pena: Si contestava la quantificazione della pena inflitta, ritenuta ingiusta e non adeguatamente motivata dal giudice.
L’Inammissibilità del ricorso secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi e li ha respinti in blocco, dichiarando l’inammissibilità del ricorso. Vediamo nel dettaglio perché ogni singolo motivo è stato giudicato infondato.
Il Calcolo della Prescrizione
Il primo motivo è stato definito ‘manifestamente infondato’. La Corte ha ricostruito con precisione il calcolo del termine di prescrizione. Al termine massimo di 7 anni e 6 mesi, decorrente dalla data del fatto (26 maggio 2015), dovevano essere aggiunti ben 576 giorni di sospensione del processo. Questi periodi erano dovuti a varie cause, tra cui astensioni dei difensori, impedimenti del difensore, l’emergenza Covid e rinvii richiesti dalla stessa difesa. Sommando queste sospensioni, la data di estinzione del reato è stata posticipata al 24 luglio 2024, ben oltre la data dell’udienza in Cassazione.
La Genericità degli Altri Motivi
Anche il secondo e il terzo motivo sono stati giudicati generici e, pertanto, inammissibili. La Corte ha sottolineato che il ricorrente non aveva rispettato i requisiti dell’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. Invece di individuare specifici passaggi illogici o contraddittori nella motivazione della sentenza d’appello, la difesa si era limitata a una critica generica. La sentenza impugnata, al contrario, era stata ritenuta logicamente corretta, basandosi sull’attendibilità della persona offesa e sulla testimonianza di un teste oculare che aveva escluso il coinvolgimento di terzi nella lite. Allo stesso modo, la motivazione sulla quantificazione della pena è stata considerata adeguata e congrua.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su un principio cardine del sistema delle impugnazioni: il ricorso non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi difensive o una generica doglianza sulla sentenza. Deve, invece, consistere in una critica puntuale e argomentata, capace di evidenziare un preciso errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione del giudice precedente. In assenza di tale specificità, il giudice dell’impugnazione non è messo in condizione di esercitare il proprio controllo, e il ricorso si risolve in un tentativo inammissibile di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, compito che non spetta alla Cassazione.
Conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti lezioni. La prima è di carattere processuale: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’elevata perizia tecnica e la capacità di formulare censure specifiche e non generiche. La seconda riguarda il calcolo della prescrizione, che può essere significativamente allungato dai periodi di sospensione, un fattore che va sempre attentamente considerato. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende è la diretta conseguenza della presentazione di un ricorso ritenuto privo di fondamento, un monito a utilizzare lo strumento dell’impugnazione con la dovuta ponderazione.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono generici e non indicano specificamente gli elementi che sono alla base della censura, non consentendo al giudice di individuare i rilievi mossi alla sentenza impugnata, come richiesto dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
Come influiscono i periodi di sospensione sul calcolo della prescrizione?
I periodi di sospensione del processo (ad esempio, per astensione dei difensori, emergenza sanitaria o richiesta di rinvio della difesa) si sommano al termine massimo di prescrizione previsto per il reato, posticipandone la data di estinzione.
Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende è una conseguenza prevista dalla legge quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, sanzionando l’aver promosso un’impugnazione ritenuta infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12880 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12880 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PIAZZA ARMERINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/06/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Caltanissetta del 22 giugno 2023 ha riformato, in punto di non menzione, la pronunzia di condanna del Tribunale di Enna in ordine al reato di cui al capo 1) di lesioni personali pluriaggravate (artt. 61 n.1, 582 e 585 cod. pen.) e di cui al capo 2) di minaccia aggravata (artt.612 e 61 n.1 cod.pen.), confermando nel resto.
Lette le conclusioni scritte e nota spese, pervenute in data 5 marzo 2024, del difensore e procuratore speciale, AVV_NOTAIO, nell’interesse della parte civile.
Ritenuto che il primo motivo- con cui il ricorrente deduce l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione degli stessi -è manifestamente infondato perché smentito dagli atti processuali.
Dalla lettura degli stessi risulta che la data di estinzione del reato è quella del 24.07.2024 atteso che, al termine massimo prescrizionale pari ad anni 7 e mesi 6 decorrente dal 26 maggio 2015 e maturato in data 26 novembre 2022, vanno aggiunti gg. 576 di sospensione così calcolati:
-gg. 301 dal 03/05/2017 al 28/02/2018 per astensione dei difensori; -gg.60 dall’11/04/2019 al 13/11/2019 per impedimento del difensore; -gg.64 dall’08/04/2020 al 14/10/2020 per emergenza Covid; -gg.91 dal 25/02/2021 al 27/05/2021 per richiesta della difesa; -gg.60 dal 27/05/2021 al 20/09/2021 per impedimento del difensore.
Ritenuto che il secondo motivo – con cui il ricorrente lamenta vizio di motivazione quanto all’affermazione di penale responsabilità – è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato ( pag.4: non vi sono elementi per dubitare dell’attendibilità del narrato accusatorio della persona offesa e il teste oculare ha chiaramente indicato come la lite sia insorta solo ed esclusivamente tra le due odierne parti in causa, escludendo implicitamente il coinvolgimento di terzi possibili autori, pure presenti al tavolo da gioco. Inoltre, anche la indubitabil provenienza delle minacce dell’imputato contribuisce in maniera certa ad attribuire allo stesso la responsabilità per l’aggressione fisica in questione).
Ritenuto che il terzo motivo – con cui il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla quantificazione della pena -è generico a fronte di onere argomentativo del giudice adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (pag. 5: congrua ed equa
rispetto alle esigenze processuali risulta essere la pena inflitta in primo grado, non essendovi elementi suscettibili di una valutazione positiva).
Rilevato pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rilevato che la richiesta di parte civile, quanto alla liquidazione delle spese, non può essere accolta atteso che le conclusioni sono state depositate nel mancato rispetto dei 15 giorni antecedenti l’udienza.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento delle somme di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Nulla per le spese di parte civile. Così deciso il 13/03/2024