Inammissibilità del ricorso: quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Con questa decisione, viene dichiarata l’inammissibilità del ricorso presentato da un’imputata, condannata per furto aggravato in abitazione, la quale cercava di ottenere una nuova valutazione delle prove. Approfondiamo i dettagli del caso e le ragioni della Corte.
I fatti del processo
Una donna veniva condannata sia in primo grado che in appello per il reato di furto aggravato in abitazione. La Corte di Appello di Salerno, con sentenza del 21 novembre 2023, aveva confermato la sua responsabilità penale. Non accettando la decisione, l’imputata decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione.
Il motivo del ricorso: il presunto “travisamento del fatto”
La difesa dell’imputata ha basato il ricorso su una presunta erronea applicazione della legge penale e su un vizio di motivazione. In particolare, si denunciava un “travisamento del fatto” da parte dei giudici di merito. Secondo la tesi difensiva, una corretta valutazione delle prove avrebbe dovuto escludere il concorso dell’imputata nel reato di furto. Al massimo, sosteneva la difesa, il suo comportamento poteva essere qualificato come favoreggiamento reale, un reato meno grave previsto dall’art. 379 del codice penale.
L’inammissibilità del ricorso e le motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando l’inammissibilità del ricorso. I giudici supremi hanno chiarito che, con le sue argomentazioni, la ricorrente non stava denunciando un vero errore di diritto, ma stava di fatto chiedendo un nuovo e diverso apprezzamento dei fatti e delle prove. Questo tipo di richiesta è precluso in sede di legittimità. La Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di ricostruire nuovamente la vicenda processuale.
La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria
Come conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha ravvisato profili di colpa nella proposizione del ricorso, data la sua evidente inammissibilità. Per questo motivo, ha condannato l’imputata anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, richiamando consolidati principi giurisprudenziali.
le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine della procedura penale italiana: la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) sono deputati all’accertamento dei fatti. La Corte di Cassazione, invece, interviene come “giudice della legge”, per assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della stessa. Proporre un ricorso che si limiti a contestare la ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito, senza individuare specifici vizi di legittimità (come una motivazione manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente), equivale a chiedere alla Corte di svolgere un compito che non le spetta. Questo uso improprio dello strumento processuale porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
le conclusioni
Questa ordinanza serve da monito: il ricorso per Cassazione non può essere utilizzato come un terzo tentativo di ottenere un’assoluzione basandosi su una diversa interpretazione delle prove. La difesa deve concentrarsi sull’individuazione di vizi strettamente giuridici o di palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di riaprire la discussione sul merito dei fatti non solo è destinato all’insuccesso, ma comporta anche conseguenze economiche significative per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare come sono andati i fatti di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può effettuare un nuovo e diverso apprezzamento delle prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Perché la ricorrente è stata condannata anche a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende viene disposta quando l’inammissibilità del ricorso è dovuta a colpa del ricorrente. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’inammissibilità fosse evidente, rendendo la proposizione del ricorso un atto colposo che giustificava l’applicazione di tale sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31294 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31294 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno del 21 novembre 2023 che ne ha confermato la responsabilità penale per il delitto aggravato di furto in abitazione;
considerato che l’unico motivo di impugnazione – con cui si adducono l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabi dell’imputata, denunciando il «travisamento del fatto» in cui sarebbero incorsi i Giudici di mer – ha irritualmente perorato un diverso apprezzamento del compendio in atti, non consentito in questa sede (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 – 01), che, ad avviso della difesa avrebbe condotto ad escludere il concorso dell’imputata nella commissione del reato, potendosi al più qualificarne fatto ai sensi dell’art. 379 cod. pen.);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazion (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/04/2024.