Ricorso in Cassazione: i paletti della specificità e il divieto di motivi nuovi
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre uno spunto fondamentale per comprendere i requisiti di accesso al giudizio di legittimità, ribadendo due principi cardine: il divieto di presentare motivi nuovi e la necessità che le censure non siano una mera ripetizione di quelle già sollevate. Il caso riguarda un imputato condannato per ricettazione che ha visto la sua impugnazione naufragare per una chiara inammissibilità del ricorso.
I Fatti Processuali
Un soggetto, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), decideva di presentare ricorso per Cassazione. Le sue difese si concentravano su due punti principali: la richiesta di derubricare il reato in furto, con conseguente improcedibilità per mancanza di querela, e la critica alla motivazione della sentenza d’appello riguardo alla sua responsabilità penale e al trattamento sanzionatorio.
La Decisione della Corte: l’inammissibilità del ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su una duplice argomentazione, una di carattere procedurale e l’altra relativa alla specificità dei motivi.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha innanzitutto rilevato un vizio insanabile nel primo motivo di ricorso. La richiesta di derubricazione del reato da ricettazione a furto non era mai stata presentata come motivo di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che non possono essere dedotti in Cassazione motivi diversi da quelli enunciati nei motivi di appello. Questa preclusione è fondamentale per garantire la corretta progressione del processo e impedire che le parti introducano per la prima volta questioni strategiche nel grado di giudizio più alto.
Per quanto riguarda le altre censure, relative alla motivazione della sentenza impugnata, la Corte le ha liquidate come una “pedissequa reiterazione” di argomenti già proposti e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. Il ricorso, secondo i giudici di legittimità, si limitava a riproporre le stesse doglianze senza confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella sentenza di secondo grado. La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una motivazione logica e coerente per affermare la colpevolezza dell’imputato, basandosi su elementi concreti come la fuga alla vista delle forze dell’ordine e l’assoluta inattendibilità delle sue dichiarazioni sull’origine del veicolo. Anche la determinazione della pena era stata giustificata tenendo conto di una ridotta intensità del dolo, dovuta a disturbi della personalità del soggetto.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza i principi che regolano l’accesso al giudizio di Cassazione. Un ricorso, per superare il vaglio di ammissibilità, non può introdurre questioni mai dibattute nel grado precedente né può limitarsi a una sterile ripetizione delle argomentazioni già disattese. È necessaria una critica argomentata e specifica, capace di individuare vizi logici o giuridici manifesti nella decisione impugnata. In assenza di tali requisiti, l’esito non può che essere una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con le conseguenti sanzioni economiche a carico del ricorrente.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: in primo luogo, perché conteneva un motivo (la richiesta di derubricazione del reato) che non era stato presentato in appello, violando l’art. 606, comma 3, c.p.p.; in secondo luogo, perché le altre censure erano una semplice e non specifica ripetizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello.
È possibile presentare per la prima volta un motivo di ricorso in Cassazione?
No, in base all’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso diversi da quelli già enunciati nei motivi d’appello. Si tratta di una preclusione processuale.
Cosa accade se un ricorso si limita a ripetere i motivi già presentati in appello?
Se un ricorso è una “pedissequa reiterazione” dei motivi d’appello, senza sviluppare una critica argomentata e specifica contro le motivazioni della sentenza impugnata, viene considerato generico e, di conseguenza, inammissibile.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33607 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 33607  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo non è consentito poiché la mancata derubricazione del fatto nel delitto di furto, con conseguente dichiarazione di non doversi procedere per mancanza della querela, non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pagina 3), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
osservato, inoltre, con riguardo alle censure alla correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 648 cod. pen e del relativo trattamento sanzionatorio, che esse si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito; esse risultano pertanto non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso, tanto più che i giudici di appello hanno esplicitato le ragioni del proprio convincimento con motivazione esente da vizi logici manifesti (cfr. pg . 3, paragrafo 3.1, della sentenza ove si evidenzia come la prova della consapevolezza dell’imputato in ordine alla provenienza illecita del bene derivi oltre che dalla fuga alla vista delle forze dell’ordine – dalla assoluta inattendibili delle dichiarazioni rese in merito all’origine del possesso del veicolo -aspetto omesso nel ricorso, già per questo generico-, nonché pagina 4, paragrafo 3.2, ove si dispone un maggior contenimento della pena in considerazione della ridotta intensità della volizione del ricorrente, grandemente scemata a causa dei disturbi di personalità che lo affliggono); Corte di Cassazione – copia non ufficiale 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 12 settembre 2025.