Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27241 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27241 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Vasto il 13/08/1973
NOME nato a Roma il 22/07/1971
COGNOME nato a Pescara il 30/11/1967
PARTE CIVILE: RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE)
avverso la sentenza del 28/03/2024 della Corte di Appello di L’A quila
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità de i ricorsi; lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME del foro di Roma per la parte civile, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi con condanna degli imputati al pagamento delle ulteriori spese processuali, come da nota allegata; del foro di Chieti, difensore del Di lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28/03/2024 la Corte di Appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pescara del 02/12/2021, appellata anche da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, rideterminava la pena per lo
COGNOME -previa esclusione della recidiva e dichiarazione di prescrizione dei reati di cui ai capi C e D -per la residua imputazione di ricettazione di cui al capo E in anni due di reclusione ed euro 600,00 di multa; confermava la condanna del COGNOME e del COGNOME per i reati, il primo, di truffa di cui ai capi B, C, D, K (erroneamente indicato come H nel dispositivo della sentenza di primo grado), L e, il secondo, di ricettazione di cui al capo B1.
Avverso la sentenza di appello propongono ricorso per cassazione i suddetti imputati, tramite i rispettivi difensori di fiducia.
2.1. Nell’interesse di NOME COGNOME si eccepisce: l’inosservanza di norme processuali e l’ inesistenza della motivazione circa il presupposto della ricettazione, essendo stata fornita la prova della legittima acquisizione dei quattro capi di bestiame, oggetto del capo di imputazione sub E; la violazione di legge per l’erronea qualificazione del reato , riconducibile alla fattispecie contravvenzionale di incauto acquisto (art. 712 cod. pen.) o, quanto meno, all’ipotesi attenuata della ricettazione; l’erronea determinazione della pena, superiore al minimo edittale, senza motivazione a riguardo.
2.2. Nell’interesse di NOME COGNOME si censura l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’ ingiustificata applicazione della recidiva (specifica e infraquinquennale) che, se esclusa, avrebbe determinato la prescrizione dei reati sub C, D e L, con ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai coimputati NOME e COGNOME; la mancata assoluzione dai reati ascritti per la mancanza di prove della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio, con particolare riferimento al requisito del profitto della truffa nella compravendita dei capi di bestiame; l’omesso riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. per il minimo valore economico del bestiame; infine, circa i reati sub C, D, H e L, la carenza probatoria in relazione agli elementi oggettivi e soggettivi della truffa, venendo in rilievo semmai un inadempimento contrattuale.
2.3. Nell’interesse di NOME COGNOME, infine, si deduce l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla prescrizione, all ‘accertamento di responsabilità per la ricettazione sub B1 (non vi era prova che l’imputato non avesse commesso il reato presupposto di truffa, in ogni caso insussistente per la rilevanza civilistica della vicenda), all’applicazione dell’ipotesi attenuata di cui al l’art. 6 48, quarto comma, cod. pen. e dell’attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché presentati per motivi privi della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e, comunque, manifestamente infondati.
In sintesi, secondo la prospettazione accusatoria che ha trovato conferma nell’ampia istruttoria espletata in primo grado, il COGNOME ha commesso varie truffe in danno di aziende agricole per l’acquisto di bestiame e di ingenti quantità di mangime (capi B, C, D), beni in parte rinvenuti nella disponibilità del COGNOME Giovanni e dello COGNOME (responsabili delle ricettazione dei suini oggetto della truffa sub B, capi B1 e E); il COGNOME risulta avere altresì commesso le truffe di cui ai capi K e L, entrambe in danno della costituita parte civile RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE).
Il ricorso del COGNOME si riferisce in primo luogo alla recidiva (specifica, reiterata e infraquinquennale) contestata e applicata dal primo giudice (pag. 39 della sentenza), ritenendosi a riguardo che la stessa doveva essere esclusa, con conseguente prescrizione dei reati di cui ai capi di imputazione.
La censura, tuttavia, non è stata sottoposta all’esame del giudice di appello, come si evince dalla sintesi dei motivi contenuta nella sentenza impugnata e dal relativo atto di impugnazione dell’imputato, con la co nseguenza che non può dedursi per la prima volta con il ricorso per cassazione la mancanza dei presupposti per la contestazione della recidiva, in quanto non possono essere sollevate davanti al giudice di legittimità questioni sulle quali il giudice di appello non si sia pronunciato, perché non devolute alla sua cognizione (da ultimo, Sez. 2, n. 26721 del 26/04/2023, COGNOME, Rv. 284768 -02). Dovendosi tener conto, pertanto, degli aumenti conseguenti all’applicazione della recidiva reiterata, i reati correttamente non sono stati dichiarati prescritti dalla corte territoriale.
3.1. La contestazione della responsabilità risulta oltremodo generica, ritenendosi che la prova non sia a tal fine sufficiente, senza effettivo confronto con le puntuali argomentazioni del primo giudice -che ha ricostruito la condotta truffaldina con riferimento alle singole fattispecie di reato, con particolare riferimento al riconoscimento del Porreca da parte delle vittime dei raggiri, alle dichiarazioni testimoniali ed agli esiti delle perquisizioni effettuate -adeguatamente riscontrate dai giudici di appello (pagine da 8 a 10), in relazione alle doglianze difensive, reiterate in sede di legittimità; anche il rilievo sulla tardività della querela della parte civile è generico, consistendo in una tautologia (‘ciò risulta agli atti’ -ultima pagina del ricorso).
3.2. Si sostiene, infine, che la corte di merito avrebbe dovuto riconoscere l’attenuante di cui all’art. 62 , n. 4, cod. pen.; anche in questo caso, il ricorrente non considera la valutazione dei giudici di appello che ha tenuto conto del danno
patrimoniale complessivo, in relazione anche a quello morale procurato dalla condotta illecita alla persona offesa (pag.10).
I motivi del ricorso di NOME COGNOME sono del pari reiterativi, contestandosi di aver ricevuto da altri il bestiame indicato nel capo di imputazione sub B1.
La corte territoriale, confermando le conclusioni del tribunale, ha escluso -con motivazione aderente alle risultanze processuali, prive di vizi logici -la partecipazione dell’imputato al reato presupposto di truffa , commessa ai danni dell’imprenditore agricolo NOME COGNOME evidenziando il possesso da parte del Di Giovanni ‘di 12 dei 40 maiali oggetto di truffa, detenzione rispetto alla quale non è stata fornita alcuna prova sulla legittima detenzione’ (pag. 11).
Il ricorrente non eccepisce il travisamento di prove in relazione a circostanze di fatto che attesterebbero la condotta truffaldina, in concorso con il COGNOME, ovvero la legittima disponibilità del bestiame e finisce per proporre censure del tutto aspecifiche.
Inoltre, i rilievi sul trattamento sanzionatorio (recidiva, ipotesi attenuata della ricettazione, attenuante ex art. 62 n.4 cod. pen.) sono estranei all’appello, circoscritto a riguardo alla richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche nella massima estensione.
Del tutto generico il ricorso di NOME COGNOME che lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità per la ricettazione di cui al capo E; i giudici di merito hanno invece puntualmente richiamato gli esiti della perquisizione del 10 marzo 2015 ed il possesso di parte del bestiame oggetto della truffa sub B , sottolineando che l’imputato non era stato in grado di esibire documentazione sulla provenienza dello stesso.
Nel ricorso si fa riferimento ad una ricevuta rilasciata dal COGNOME ed alla possibilità di ricondurre la condotta al reato di incauto acquisto, circostanza estranea non solo all’atto di appello (pagine 1 e 2) ma al materiale probatorio considerato dal primo giudice (pag. 22 della sentenza del tribunale); in definitiva, trattasi di un elemento in fatto, introdotto per la prima volta in sede di legittimità.
I rilievi sul trattamento sanzionatorio (secondo motivo di ricorso) sono all’evidenza infondati, lamentandosi la mancata motivazione sulla determinazione della pena, coincidente con il minimo edittale (due anni di reclusione).
Alla dichiarazione d’inammissibilità de i ricorsi segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
Va rigettata, infine, la richiesta di liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità formulata dalla parte civile, essendosi quest’ultima limitata a formulare le proprie conclusioni, senza aver espletato un’attività difensiva effettivamente diretta a contrastare la pretesa dell’imputato per la tutela dei propri interessi (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, COGNOME, non mass. sul punto).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese processuali sostenute nel grado dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE
Così deciso in Roma il 3 luglio 2025