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Inammissibilità del ricorso: motivi generici e dolo

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, già respinti in appello, e sulla corretta valutazione del dolo intenso che impedisce l’applicazione del beneficio per la particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: quando la Cassazione non entra nel merito

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso per motivi di carattere procedurale e sostanziale. Comprendere le ragioni di questa decisione è fondamentale per capire come strutturare un ricorso efficace e quali elementi vengono valutati dai giudici di legittimità. Il caso analizzato riguarda il rigetto delle richieste di un imputato relative a una circostanza attenuante e all’applicazione del beneficio della particolare tenuità del fatto.

I fatti del processo

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello, ha proposto ricorso per Cassazione contestando la sentenza di secondo grado. I motivi del ricorso erano principalmente due. Il primo riguardava il mancato riconoscimento dell’attenuante prevista per aver risarcito, seppur parzialmente, il danno. Il secondo motivo lamentava l’omessa motivazione riguardo alla mancata applicazione del beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinato dall’art. 131 bis del codice penale.

La decisione della Corte di Cassazione e l’inammissibilità del ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. La decisione si basa su una valutazione critica di entrambi i motivi presentati, ritenuti non idonei a superare il vaglio di ammissibilità.

Le motivazioni della decisione

La Corte ha analizzato separatamente i due motivi, giungendo a conclusioni negative per il ricorrente.

Primo motivo: la genericità e la reiterazione delle argomentazioni

Per quanto riguarda la contestazione sul diniego dell’attenuante, i giudici hanno rilevato che il motivo di ricorso si limitava a una “pedissequa reiterazione” di argomentazioni già esposte e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva chiarito che il risarcimento era stato solo parziale. Un ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse difese, ma deve contenere una critica argomentata e specifica contro le ragioni della sentenza impugnata, dimostrandone l’erroneità o l’illogicità. In assenza di tale critica, il motivo è considerato generico e, di conseguenza, inammissibile.

Secondo motivo: la valutazione del dolo e la personalità dell’imputato

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte di Cassazione ha evidenziato che la sentenza d’appello aveva fornito una motivazione logica e ineccepibile per negare il beneficio dell’art. 131 bis c.p. La decisione non si basava sulla sola gravità astratta del reato, ma su una valutazione concreta della “particolare intensità del dolo”. I giudici di merito avevano infatti esaminato l’incidenza dell’illecito sulla capacità a delinquere dell’imputato, valorizzando aspetti soggettivi della sua personalità che hanno orientato la commissione del reato. Questa valutazione, essendo un giudizio di merito ben motivato e privo di illogicità, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce due principi fondamentali in materia di impugnazioni. In primo luogo, l’inammissibilità del ricorso scatta quando i motivi sono generici o si limitano a ripetere questioni già risolte nei gradi precedenti senza una critica specifica alla decisione impugnata. In secondo luogo, la valutazione di elementi come l’intensità del dolo o la personalità dell’imputato, ai fini dell’applicazione di benefici come la particolare tenuità del fatto, rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Se tale valutazione è supportata da una motivazione logica e coerente, non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione, che non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un giudice della legittimità delle decisioni.

Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché considerato una mera e pedissequa reiterazione dei motivi già presentati e respinti in appello. Il ricorso non svolgeva la sua tipica funzione di critica argomentata contro la sentenza impugnata, risultando così generico e non specifico.

Quale ragione ha addotto la Corte per negare il beneficio della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto la decisione di merito corretta perché basata su argomentazioni logiche e ineccepibili, in particolare sulla valutazione della ‘particolare intensità del dolo’ e sull’analisi degli aspetti soggettivi della personalità dell’imputato che ne hanno evidenziato la capacità a delinquere.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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