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Inammissibilità del ricorso: motivi generici e critica

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 43288/2024, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per truffa. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di appello, che non presentavano una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, violando i requisiti procedurali. Questo caso evidenzia l’importanza cruciale della specificità per l’ammissibilità del ricorso.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: quando i motivi sono troppo generici

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 43288 del 2024 offre un’importante lezione sulla redazione degli atti di impugnazione nel processo penale. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: per evitare una declaratoria di inammissibilità del ricorso, i motivi devono essere specifici e costituire una critica argomentata del provvedimento impugnato. Un’impugnazione basata su contestazioni vaghe e indeterminate è destinata a fallire prima ancora di essere esaminata nel merito.

Il caso in esame

Il ricorrente, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Milano per il reato di truffa, ha proposto ricorso per cassazione basandolo su due motivi principali:
1. Un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale.
2. Un vizio di legge processuale e di motivazione, sostenendo che la Corte territoriale avesse violato il principio del “ragionevole dubbio”.

La difesa lamentava, in sostanza, che la decisione dei giudici d’appello non fosse adeguatamente supportata da un punto di vista logico e giuridico.

La decisione della Suprema Corte sull’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito della colpevolezza dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. Secondo gli Ermellini, i motivi presentati erano affetti da una “genericità” tale da renderli non conformi ai requisiti prescritti dagli articoli 591 e 581 del codice di procedura penale.

Le motivazioni

La funzione tipica di un’impugnazione, come sottolineato dalla Corte, è quella di una “critica argomentata” avverso il provvedimento che si intende contestare. Questo significa che l’atto di appello o di ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che supportano ogni richiesta. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato due profili di criticità nel ricorso:

1. Mancanza di confronto puntuale: Il ricorrente non si è confrontato efficacemente con le argomentazioni della sentenza di appello. I giudici di secondo grado, infatti, avevano colmato le lacune della sentenza di primo grado, fornendo una motivazione congrua e non illogica sulla responsabilità penale. Il ricorso, invece, ha ignorato questo percorso argomentativo.
2. Indeterminatezza delle censure: Le contestazioni erano formulate in termini generici. Il ricorrente non ha specificato quali doglianze, già presentate in appello, sarebbero state trascurate dalla Corte territoriale, né ha indicato i profili specifici di illogicità della motivazione. Questa vaghezza ha impedito alla Corte di Cassazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato.

La Corte ha richiamato un suo precedente (sentenza n. 8700/2013), ribadendo che l’essenza dell’atto di impugnazione è il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento contestato.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito fondamentale per la pratica legale. Per superare il vaglio di ammissibilità, un ricorso deve essere un atto chirurgico, che smonta punto per punto la decisione impugnata, evidenziandone con precisione le crepe logiche e le violazioni di legge. Le lamentele generiche, che non si confrontano con il tessuto motivazionale della sentenza, sono destinate a essere dichiarate inammissibili. La conseguenza per il ricorrente è severa: la condanna diventa definitiva e si aggiunge l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano connotati da genericità e indeterminatezza, non rispettando i requisiti di specificità richiesti dagli artt. 591 e 581 del codice di procedura penale.

Cosa si intende per “critica argomentata” in un atto di impugnazione?
Per “critica argomentata” si intende la presentazione di motivi che indichino specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta, realizzando un confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento impugnato.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, oltre a rendere definitiva la sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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