Inammissibilità del ricorso: quando la genericità costa cara
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante insegnamento sulla redazione dei ricorsi in materia penale, sottolineando le conseguenze negative di una contestazione generica. La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un individuo condannato per detenzione di sostanze stupefacenti, confermando la decisione dei giudici di merito e condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Questo caso evidenzia come un’impugnazione, per avere successo, debba confrontarsi criticamente e specificamente con le argomentazioni della sentenza che si intende contestare.
I Fatti del Caso e le Decisioni di Merito
Il procedimento trae origine dalla condanna inflitta dal Tribunale di Roma a un soggetto per il reato di detenzione di cocaina. La decisione è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato, non rassegnato alla condanna, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a un unico motivo: il mancato riconoscimento di una specifica circostanza attenuante.
La questione dell’inammissibilità del ricorso per genericità
Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della speciale tenuità del lucro, prevista dall’articolo 62, n. 4 del codice penale. Sostanzialmente, la difesa riteneva che il profitto derivante dall’attività illecita fosse di entità particolarmente modesta, tale da giustificare una riduzione della pena. Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto questa tesi in modo netto, senza nemmeno entrare nel merito della questione.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha ritenuto i motivi del ricorso manifestamente infondati per una ragione procedurale fondamentale: la loro genericità. Secondo gli Ermellini, il ricorso era privo di un reale confronto critico con la decisione impugnata. Le argomentazioni non erano supportate da un’analisi puntuale delle motivazioni della Corte d’Appello, ma si limitavano a riproporre una tesi difensiva in modo astratto. 
Il Collegio ha sottolineato che il ragionamento del giudice d’appello era coerente con le risultanze processuali, logico e non contraddittorio. La decisione di secondo grado teneva conto sia della quantità di sostanza stupefacente rinvenuta in possesso dell’imputato sia della somma di denaro sequestrata, considerata provento di precedenti attività di spaccio. Il ricorrente, invece, non ha mosso critiche specifiche a questa valutazione, rendendo il suo ricorso inefficace. Di conseguenza, è stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso. A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, quando non si ravvisa un’assenza di colpa nella causa di inammissibilità, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del processo penale: un ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi. Deve, al contrario, essere un atto specifico, che dialoga criticamente con la sentenza impugnata, individuandone con precisione i vizi logici o le violazioni di legge. Un’impugnazione generica, che non si confronta con le argomentazioni del giudice precedente, è destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguenze economiche dirette per chi la propone. La decisione serve da monito sulla necessità di una difesa tecnica accurata e puntuale in ogni fase del giudizio.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati, generici e privi di un confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata. Non contenevano un’analisi specifica degli elementi posti a fondamento della decisione dei giudici di merito.
Qual era il motivo principale del ricorso presentato dall’imputato?
Il ricorrente chiedeva il riconoscimento della circostanza attenuante della speciale tenuità del lucro (art. 62 n. 4 cod. pen.), sostenendo che il profitto derivante dall’attività illecita fosse di entità particolarmente modesta e che la corte d’appello avesse errato nel non concederla.
Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4029 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4029  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
1.COGNOME NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza in epigrafe la quale ha confermato la decisione del Tribunale di Roma che lo aveva condannato alla pena di giustizia in relazione alla detenzione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art.62 n.4 cod.pen., in ragione della speciale tenuità del lucro.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati, in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale risulta coerente con le risultanze processuali e non si risulta altresì manifestamente illogico o contraddittorio, tenuto conto della sostanza stupefacente rinvenuta in suo possesso e della somma di denaro, verosimile provento delle precedenti attività di cessione.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 Dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente