LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità del ricorso: motivi generici e assertivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare per reati di droga. I motivi sono stati ritenuti generici, assertivi e non correlati alla motivazione del provvedimento impugnato, confermando così la decisione del tribunale del riesame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: la specificità dei motivi è essenziale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44054 del 2024, ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale penale: l’inammissibilità del ricorso quando i motivi addotti sono generici e non specificamente correlati alla decisione impugnata. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere l’importanza di redigere atti di impugnazione chiari, precisi e pertinenti.

I fatti del processo e la decisione del Tribunale del Riesame

Il procedimento ha origine da un’ordinanza del GIP del Tribunale di Palermo, che applicava la misura della custodia cautelare in carcere a un soggetto indagato per reati gravi, tra cui associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (artt. 73 e 74 del DPR 309/90).

L’indagato, tramite il suo difensore, aveva presentato una richiesta di riesame al Tribunale di Palermo, contestando la validità della misura. Tuttavia, il tribunale del riesame aveva rigettato la richiesta, confermando la detenzione in carcere. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione.

L’inammissibilità del ricorso in Cassazione: i motivi dell’imputato

L’imputato ha basato il suo ricorso su tre motivi principali, poi ricondotti a due macro-aree di censura:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla sussistenza dell’associazione criminale: La difesa sosteneva che mancasse un quadro indiziario solido per configurare il reato associativo. Secondo il ricorrente, gli elementi a carico si basavano su mere supposizioni e intuizioni degli inquirenti, senza prove concrete di una stabilità operativa e di una struttura duratura del gruppo. Le conversazioni intercettate sarebbero state frammentarie e non univoche.

2. Violazione di legge e vizio di motivazione sulle esigenze cautelari: Si contestava la concretezza e l’attualità delle esigenze cautelari, dato che erano trascorsi tre anni dai fatti. La difesa lamentava che il tribunale avesse applicato la presunzione di pericolosità prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. senza valutare elementi favorevoli all’indagato, come la presenza di un solo precedente penale risalente al 2021.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili, fornendo una chiara lezione sulla tecnica di redazione dei ricorsi.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha osservato che il ricorrente si era limitato a una “congerie di richiami giurisprudenziali” generici e assertivi, senza impegnarsi in una critica puntuale e specifica dei passaggi motivazionali della decisione impugnata. In altre parole, non è sufficiente contestare genericamente la ricostruzione dei fatti; è necessario, invece, individuare con precisione le lacune o le illogicità del ragionamento del giudice del riesame. Il ricorso mancava della “necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato”, requisito essenziale per la sua ammissibilità.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per ragioni analoghe. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni della difesa fossero semplici “mere asserzioni” contrapposte a una motivazione organica e congrua del tribunale. Quest’ultimo aveva correttamente valorizzato la presunzione di pericolosità, e la difesa non aveva fornito elementi specifici e concreti in grado di scardinare tale valutazione. L’evocazione di un unico precedente penale, senza ulteriori specificazioni, è stata considerata insufficiente a dimostrare un’errata valutazione da parte del giudice.

Le conclusioni: le conseguenze della genericità del ricorso

La decisione della Cassazione sottolinea che l’inammissibilità del ricorso non è una mera formalità, ma la conseguenza diretta di un’impugnazione che non rispetta il requisito della specificità. Un ricorso efficace deve dialogare criticamente con la decisione che contesta, evidenziandone i vizi logico-giuridici in modo puntuale.

Le conseguenze pratiche sono severe: il ricorso non viene esaminato nel merito e il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come in questo caso, viene disposta la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende (qui quantificata in 3.000 euro) quando si ritiene che l’impugnazione sia stata presentata con colpa, ovvero senza una seria probabilità di accoglimento. Questa sentenza serve quindi da monito: la giustizia non può essere attivata con argomentazioni vaghe o pretestuose, ma richiede un approccio tecnico, rigoroso e pertinente.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, assertivi e non si correlano specificamente con le ragioni del provvedimento impugnato. Non basta elencare principi di diritto, ma è necessario indicare con chiarezza e precisione i punti della decisione che si ritengono errati e perché.

Cosa significa che i motivi del ricorso devono essere ‘specifici’?
Significa che il ricorrente ha l’onere non solo di indicare le censure che intende muovere, ma anche di specificare in modo chiaro gli elementi di fatto e di diritto che le sostengono, consentendo al giudice di individuare esattamente i rilievi mossi senza doverli dedurre o interpretare.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
Oltre a non ottenere una revisione della decisione nel merito, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, in favore della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione per aver attivato inutilmente la giustizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati