Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 44054 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA GLYPH
Depositata in Cancelleria
– 3 C
sul ricorso proposto dal NOME NOME nato a Palermo il 28/04/2001; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 13.6.2024 del tribunale di Palermo• FUNZIONi^ Oggi, C, H24 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; GLYPH Luu udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Palermo adito nell’interesse di NOME NOME avverso la ordinanza del gip del tribunale di Palermo con cui era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 74 e 73 del DPR 309/90, rigettava la richiesta di riesame.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME mediante il proprio difensore, ha proposto, con tre motivi, ricorso per cassazione.
Deduce con il primo vizi di violazione di legge processuale e motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 DPR 309/90 con mancata valutazione delle doglianze difensive soprattutto con riguardo al capo 11 di incolpazione. Non si rappresenterebbe un quadro indiziario descrittivo degli elementi costitutivi della ipotizzata associazione. In particolare mancherebbe la
prova di una stabilità operativa e di una disponibilità duratura tra i ritenuti responsabili. Il tribunale si sarebbe basato solo su supposizioni e suggerimenti degli inquirenti. Non sarebbero funzionali alla ricostruzione del sodalizio criminale neppure i reati fine contestati. Non sarebbe provata, con una sola conversazione, la esistenza di una contabilità del gruppo. Il ruolo associativo del Reina si fonderebbe solo su mere intuizioni. Le conversazioni sarebbero prive di caratteri di chiarezza e univocità e sarebbero state oggetto di una valutazione frammentaria.
GLYPH Con il secondo rappresenta vizi di violazione di legge anche processuale in ordine agli artt. 274 lett. c) e 275 cod. proc. pen., e vizi di motivazione. Mancherebbero elementi dimostrativi della concretezza e attualità delle esigenze cautelari a fronte di 3 anni dai fatti così che non si sarebbe considerato il lungo tempo trascorso. Mancherebbe la motivazione sul pericolo di reiterazione del reato e il tribunale avrebbe valorizzato la presunzione relativa ex art. 275 comma 3 cod. proc. pen. senza valutare elementi a favore dell’indagato. Le argomentazioni del tribunale opererebbero nell’area della mera probabilità. Andrebbe considerato che il Reina avrebbe un solo precedente a carico del 2021. Le motivazioni sarebbero apodittiche.
Il primo motivo è inammissibile, atteso che a fronte delle argomentate spiegazioni del riesame, che ha condiviso l’ordinanza genetica sul punto in questione e ha ampiamente argomentato al riguardo, il ricorrente si abbandona ad una congerie di richiami giurisprudenziali nel cui ambito è faticoso rinvenire solo rari riferimenti al caso concreto, che tuttavia risultano ampiamente generici e assertivi, estranei alla doverosa attività critica diretta a individuare i passagg motivazionali ritenuti deficitari e ad illustrare le ragioni, di fatto e di diri sostegno di tale tesi. Per cui la censura travolge, trascurandoli, sia il noto principio per cui il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cfr. tra le altre, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, COGNOME, Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n. 8803 del 08/07/1999, COGNOME, Rv. 214249), sia quello secondo il quale i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del
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15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
NOME Inammissibile è anche il secondo motivo. Che a fronte di una organica motivazione e di una congrua valorizzazione della duplice presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., oppone mere asserzioni di mancanza di elementi dimostrativi della concretezza e attualità delle esigenze cautelari, di rilevanza del tempo trascorso – che invero di per sé, e a fronte di articolata motivazione, non è sufficiente a scardinare valutazioni in tema di esigenze cautelari – di mancata valutazione di elementi a favore dell’indagato di cui manca ogni specifica illustrazione, siccome ridotti alla sola evocazione di un precedente penale, che diventerebbe dirimente solo perché unico. Cade nella genericità l’asserzione di apoditticità e di operatività della motivazione del tribunale nella non meglio specificata area della “probabilità”.
7.Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2024.