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Inammissibilità del ricorso: motivi generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato, condannato per il reato di cui all’art. 493-ter c.p. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, che si limitavano a reiterare doglianze già respinte in appello senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha confermato la valutazione negativa sulla concessione delle attenuanti e della pena sostitutiva, basandosi sulla personalità dell’imputato e sulla gravità del fatto.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: quando la critica è solo apparente

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: l’inammissibilità del ricorso quando i motivi presentati sono generici e non si confrontano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. Questa decisione offre spunti preziosi sulla corretta redazione degli atti di impugnazione e sui limiti del sindacato di legittimità.

I fatti del processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. L’imputato era stato condannato per il reato previsto dall’art. 493-ter del codice penale, relativo all’indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti.

Nel suo ricorso per Cassazione, la difesa ha sollevato tre motivi principali:
1. Difetto di motivazione e travisamento della prova: si contestava l’affermazione di responsabilità, sostenendo una violazione degli articoli 192 e 533 del codice di procedura penale.
2. Omessa applicazione di un’attenuante: si lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’articolo 62, n. 4, del codice penale.
3. Diniego della pena sostitutiva: si criticava la decisione dei giudici di merito di non concedere una pena sostitutiva a quella detentiva.

La decisione della Corte di Cassazione e l’inammissibilità del ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso nella sua interezza, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla manifesta infondatezza e genericità di tutti i motivi proposti.

La genericità del primo motivo di ricorso

Con riferimento al primo motivo, la Corte ha osservato che le censure sollevate erano una mera reiterazione di argomenti già presentati e respinti in appello. La difesa non aveva operato un reale e critico confronto con le motivazioni della sentenza di secondo grado, che i giudici di legittimità hanno invece ritenuto “congrue e non illogiche”. Di conseguenza, il motivo è stato considerato privo del requisito di specificità richiesto dall’art. 591 c.p.p., risultando in una critica solo apparente e non funzionale a contestare efficacemente la decisione.

Infondatezza degli altri motivi

Anche il secondo motivo, relativo all’attenuante, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente, escludendo che il pregiudizio economico potesse essere considerato “irrisorio”.

Infine, riguardo al diniego della pena sostitutiva, la Cassazione ha sottolineato che la decisione dei giudici di merito si basava su una prognosi sfavorevole circa la futura condotta del reo. Questa valutazione, fondata su aspetti soggettivi della personalità dell’imputato e sull’incidenza dell’illecito sulla sua capacità a delinquere, costituisce un giudizio di merito che, se non illogico, è insindacabile in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che i motivi di ricorso non possono limitarsi a riproporre le stesse questioni già decise in appello. È necessario che l’atto di impugnazione contenga una critica argomentata e specifica delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata. In mancanza di questo confronto, il ricorso diventa un mero esercizio formale e deve essere dichiarato inammissibile.

Per quanto riguarda le attenuanti e le pene sostitutive, la decisione evidenzia come la valutazione del giudice di merito abbia un peso preponderante. Se la motivazione è esente da vizi logici e si basa su un’analisi concreta della personalità dell’imputato e delle circostanze del reato, essa non può essere messa in discussione dalla Corte di Cassazione. Il giudizio prognostico sulla futura recidiva, infatti, rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma la rigorosa interpretazione della Corte di Cassazione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Per evitare una pronuncia di inammissibilità del ricorso, è indispensabile che i motivi non siano una semplice ripetizione di doglianze precedenti, ma costituiscano una critica puntuale e specifica della decisione che si intende impugnare. La decisione sottolinea inoltre che le valutazioni di merito, come quelle sulla gravità del danno o sulla personalità dell’imputato, se adeguatamente motivate, non sono censurabili in sede di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile per genericità dei motivi?
Quando i motivi si limitano a reiterare censure già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, senza un effettivo confronto critico con le ragioni della sentenza impugnata. In tal caso, il ricorso è considerato solo apparente.

È possibile contestare in Cassazione il mancato riconoscimento di un’attenuante?
Sì, ma solo se la motivazione della corte di merito è viziata da illogicità o contraddittorietà. Se i giudici di appello hanno fornito una motivazione congrua e non illogica per escludere l’attenuante (come nel caso di specie, dove il pregiudizio economico non è stato ritenuto irrisorio), la decisione non è sindacabile in sede di legittimità.

La decisione di negare una pena sostitutiva può essere rivista dalla Corte di Cassazione?
La valutazione sulla concessione di una pena sostitutiva si basa su un giudizio di prognosi sfavorevole sulla futura commissione di reati da parte dell’imputato. Questo è un giudizio tipicamente di merito. Pertanto, se non scade nell’illogicità e considera aspetti concreti della personalità dell’imputato, non può essere sindacato dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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