Inammissibilità del Ricorso: la Cassazione Spiega i Limiti dell’Impugnazione
L’inammissibilità del ricorso è una delle sanzioni processuali più severe, che impedisce alla Corte di Cassazione di esaminare nel merito le ragioni dell’imputato. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio pratico dei presupposti che portano a tale esito, analizzando un caso relativo al reato di ricettazione e delineando i confini invalicabili per chi intende impugnare una sentenza di condanna. Comprendere queste dinamiche è fondamentale per capire perché non sempre un ricorso arriva a una discussione di merito.
I Fatti del Caso: dalla Ricettazione all’Appello in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per il reato di ricettazione. L’imputato, non soddisfatto della sentenza emessa dalla Corte d’Appello, ha proposto ricorso per Cassazione basandolo su tre motivi principali:
1. La presunta estinzione del reato per prescrizione.
2. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (ex art. 131-bis c.p.).
3. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non è entrata nel merito di nessuna di queste doglianze, dichiarando l’intero ricorso inammissibile.
L’Analisi dell’Inammissibilità del Ricorso da Parte della Corte
La Suprema Corte ha esaminato ciascun motivo, evidenziandone i vizi procedurali che ne hanno precluso la valutazione.
Primo Motivo: L’Errore sul Calcolo della Prescrizione
Il ricorrente sosteneva che il reato fosse prescritto, basando il suo calcolo su una data errata. La Corte ha rilevato che il motivo era inammissibile per carenza di interesse. Infatti, ricalcolando correttamente i termini e tenendo conto dei periodi di sospensione (dovuti all’emergenza Covid-19 e a un’astensione degli avvocati), il termine massimo di prescrizione non era ancora maturato al momento della sentenza d’appello. La doglianza, quindi, mirava a ottenere una pronuncia di principio priva di effetti pratici favorevoli per l’imputato.
Secondo Motivo: La Causa di Non Punibilità non Dedotta in Appello
Il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile perché la questione non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, infatti, stabilisce che non si possono dedurre in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado.
Terzo Motivo: La Reiterazione delle Argomentazioni sulle Attenuanti
Infine, la richiesta di concessione delle attenuanti generiche è stata giudicata inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva già motivato in modo giuridicamente corretto che il solo stato di incensuratezza non era sufficiente per il riconoscimento delle attenuanti. La Cassazione non può riesaminare il merito di una valutazione già compiuta in modo logico e congruo dal giudice precedente.
Le Motivazioni Giuridiche della Decisione
La decisione della Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale. In primo luogo, un ricorso è inammissibile se i motivi sono manifestamente infondati o non consentiti dalla legge. L’inammissibilità preclude la possibilità di dichiarare eventuali cause di non punibilità, come la prescrizione, maturate dopo la proposizione del ricorso. In secondo luogo, il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può rivalutare i fatti del processo, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. La riproposizione di argomenti di fatto già esaminati e la presentazione di censure nuove costituiscono un uso improprio dello strumento dell’impugnazione.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche dell’Inammissibilità del Ricorso
L’ordinanza in esame è un monito sull’importanza di formulare i motivi di ricorso nel rispetto dei rigorosi paletti procedurali. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è una mera formalità: essa comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro. La sentenza di condanna diventa così definitiva, senza che le ragioni del ricorrente possano essere esaminate nel merito dalla Suprema Corte. Questo caso dimostra come un’errata impostazione del ricorso possa vanificare ogni possibilità di difesa in sede di legittimità.
Quando un motivo di ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse?
Un motivo è inammissibile per carenza di interesse quando, anche se fosse accolto, non produrrebbe alcun effetto favorevole per il ricorrente. Nel caso specifico, il ricalcolo corretto della prescrizione dimostrava che il reato non era comunque estinto, rendendo inutile la doglianza.
È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo non discusso in appello?
No, di regola non è possibile. Secondo l’art. 606, comma 3, c.p.p., motivi che non sono stati presentati nel giudizio di appello non possono essere dedotti per la prima volta in Cassazione, a pena di inammissibilità, come avvenuto per la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato interamente inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, e la sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9981 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BATTIPAGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME, ritenuto che il primo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge a causa dell’estinzione del reato presupposto del delitto di ricettazione, è inammissibile per carenza di interesse perché tende ad ottenere enunciati di principio privi di effetti favorevoli per il ricorrente in quanto, pur considerando il 12/09/2012 quale data di commissione del fatto, il reato non era estinto per prescrizione in data antecedente il giudizio di appello. Invero, tenuto conto della sospensione del corso della prescrizione in complessivi giorni 350 (64 giorni per sospensione Covid-19 + 286 giorni per astensione avvocato dal 22/01/2019 al 5/11/2019) il termine massimo di prescrizione si individua il 28/08/2023 e non il 12/09/2020 come erroneamente indicato dal ricorrente;
che, ciò nondimeno, l’inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità (vedi Sez. 2, n. 28848 dell’ 8/05/2013, Rv. 256463; S.U., n. 6903 del 27/5/2016, dep. 2017, Rv. 268966; S.U., n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818; S.U., n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266);
rilevato che il secondo motivo, con cui si lamenta il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 2) che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
che, ciò nondimeno, la causa di non punibilità cui all’art. 131-bis cod. pen. può essere ritenuta nel giudizio di legittimità, senza rinvio del processo alla sede di merito, in presenza di un ricorso ammissibile ed a condizione che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali (Sez. 6, n. 9666 del 17/02/2022, Rv. 282998-01; Sez. 2, n. 49446 del 03/10/2018, Rv. 274476-01);
considerato che l’ultimo motivo, con cui si lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è ndeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito che con motivazione giuridicamente corretta, a pagina 8, ha escluso l’applicazione delle circostanze de quo enucleando le condizioni ostative ai fini del loro riconoscimento ovvero la insufficienza del mero stato di incensuratezza dell’imputato;
osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 23 gennaio 2024
Il Consiglier,e estensore
Il Presidente