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Inammissibilità del ricorso: l’accordo non rispettato

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato che lamentava la mancata applicazione di un accordo in appello. La decisione si fonda sul principio che la parte che ha causato l’irregolarità procedurale, rinunciando all’accordo, non può successivamente invocarla a proprio favore. La nullità, di natura intermedia, è stata considerata sanata per mancata immediata contestazione, rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: Quando la Rinuncia all’Accordo Invalida l’Appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso quando l’appellante contesta un’irregolarità da lui stesso provocata. Il caso in esame chiarisce le conseguenze della rinuncia a un accordo processuale (il cosiddetto ‘concordato in appello’) e il principio secondo cui non ci si può avvalere di un proprio errore per invalidare un giudizio.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in primo grado dal Tribunale di Velletri per un reato previsto dal D.L. 4/2019, vedeva confermata la sua condanna dalla Corte di appello di Roma. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione, articolato in due punti.

In primo luogo, sosteneva che la Corte di appello avesse illegittimamente ignorato un ‘concordato’ precedentemente raggiunto tra le parti ai sensi dell’art. 599 bis del codice di procedura penale. Secondo la difesa, il consenso a tale accordo era irretrattabile e la corte avrebbe dovuto prenderne atto. In secondo luogo, e in subordine, lamentava un trattamento sanzionatorio ingiusto, con una motivazione insufficiente, proprio perché i giudici non avevano tenuto conto dell’accordo sulla rinuncia ai motivi di appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La decisione si basa su una rigorosa analisi delle norme procedurali che regolano la validità degli atti e le modalità con cui le parti devono far valere eventuali vizi. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni della Corte

Il percorso logico-giuridico seguito dai giudici di legittimità è fondamentale per comprendere la portata della sentenza e le sue implicazioni pratiche.

L’inammissibilità del ricorso per la nullità sanata

Il cuore della motivazione risiede nel concetto di ‘nullità a regime intermedio’. La Corte spiega che, anche se la Corte di appello avesse effettivamente ignorato l’accordo, tale errore non costituirebbe una nullità assoluta (insanabile), ma una nullità intermedia (art. 180 c.p.p.).

Questo tipo di nullità è soggetto a regole precise:
1. Principio di auto-responsabilità (art. 182, co. 1 c.p.p.): La nullità non può essere eccepita da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa. Nel caso specifico, è stato lo stesso imputato a rinunciare all’accordo. Di conseguenza, non poteva poi lamentare in Cassazione le conseguenze della sua stessa scelta.
2. Onere di immediata contestazione (art. 182, co. 2 c.p.p.): Le nullità intermedie devono essere contestate immediatamente, non appena si verificano. La difesa, invece di eccepire subito la mancata considerazione dell’accordo, ha proceduto con la discussione del merito dell’appello, accettando di fatto il rito ordinario.
3. Sanatoria per accettazione degli effetti (art. 183 c.p.p.): Partecipando alla discussione senza sollevare eccezioni, la difesa ha di fatto ‘sanato’ il vizio, accettando gli effetti della procedura seguita dalla Corte d’appello.

Queste ragioni, prese insieme, rendono la prima censura manifestamente inammissibile.

La Congruità della Motivazione sulla Pena

Anche il secondo punto del motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’appello sulla misura della pena fosse congrua. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sent. Pelosi, 1979), ha ribadito che il giudice non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli. È sufficiente che indichi l’elemento ritenuto prevalente, come in questo caso la personalità negativa del ricorrente, per adempiere all’obbligo di motivazione previsto dall’art. 133 del codice penale.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine del nostro ordinamento processuale: nessuno può trarre vantaggio da un’irregolarità che ha egli stesso contribuito a creare. La decisione sottolinea l’importanza per le parti processuali di agire con coerenza e di sollevare tempestivamente le eccezioni procedurali. La mancata contestazione immediata di una nullità intermedia equivale a una sua accettazione, precludendo la possibilità di farla valere in un momento successivo. La pronuncia sull’inammissibilità del ricorso serve quindi da monito sull’importanza della diligenza e della strategia difensiva fin dalle prime fasi del giudizio di appello.

È possibile impugnare una sentenza lamentando un’irregolarità procedurale causata dalla stessa parte che ricorre?
No, la Corte ha stabilito che, ai sensi dell’art. 182 comma 1 c.p.p., le nullità non possono essere eccepite da chi vi ha dato o concorso a darvi causa. La parte che causa l’errore non può successivamente invocarlo a proprio favore.

Cosa succede se una ‘nullità a regime intermedio’ non viene eccepita immediatamente in udienza?
Se la parte interessata non contesta immediatamente il vizio procedurale, la nullità si considera ‘sanata’. Ciò significa che l’atto, sebbene viziato, produce i suoi effetti e la parte perde il diritto di far valere quel vizio nelle fasi successive del procedimento.

Un giudice deve motivare analiticamente ogni aspetto nella determinazione della pena?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata, è sufficiente che il giudice indichi gli elementi, tra quelli previsti dall’art. 133 c.p., ritenuti prevalenti e di dominante rilievo per giustificare la misura della pena, senza essere obbligato a una valutazione analitica di ogni singolo fattore favorevole o sfavorevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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