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Inammissibilità del ricorso: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 22095/2024, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato, confermando la condanna. La decisione si fonda sulla novità di alcuni motivi, sulla genericità e sulla natura ripetitiva di altri, ribadendo i rigorosi paletti per l’accesso al giudizio di legittimità. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: quando la Cassazione chiude la porta

L’inammissibilità del ricorso è uno degli esiti più temuti nel processo penale, poiché impedisce alla Corte di Cassazione di esaminare nel merito le ragioni dell’imputato. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio pratico dei motivi che possono portare a questa drastica conclusione, sottolineando l’importanza di formulare impugnazioni specifiche, pertinenti e non meramente ripetitive. Analizziamo insieme questo caso per capire quali errori evitare.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Caltanissetta. Il ricorrente basava la sua difesa su tre distinti motivi, sperando di ottenere un annullamento della decisione precedente. Tuttavia, l’esito davanti alla Suprema Corte è stato ben diverso da quello auspicato.

La Decisione della Corte di Cassazione

Con l’ordinanza in esame, la settima sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione non solo ha reso definitiva la condanna, ma ha anche comportato per il ricorrente l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni: un’analisi approfondita sull’inammissibilità del ricorso

La Corte ha smontato, uno per uno, i motivi presentati dal ricorrente, evidenziandone i vizi procedurali che ne hanno precluso l’esame. Vediamo nel dettaglio le ragioni dell’inammissibilità del ricorso.

Primo Motivo: La questione tardiva sulla capacità di intendere e volere

Il primo motivo di ricorso contestava la mancata valutazione della capacità di intendere e di volere dell’imputato. La Corte ha ritenuto questa censura inammissibile per una ragione fondamentale: la questione non era stata sollevata in modo specifico nei motivi di appello. Sebbene fosse stata genericamente accennata, era stata illustrata in dettaglio solo con il ricorso per cassazione. Questo rappresenta un classico esempio di motivo “nuovo”, non ammesso in sede di legittimità, dove il giudizio è limitato alle questioni già devolute al giudice d’appello.

Secondo Motivo: La natura ripetitiva delle censure

Il secondo motivo lamentava un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della responsabilità penale. Anche in questo caso, la Cassazione ha riscontrato l’inammissibilità. Il motivo, infatti, si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte con argomentazioni logiche e corrette dalla Corte d’Appello. Un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e puntuale al ragionamento del giudice precedente, non una semplice riproposizione di doglianze già superate. La Corte ha sottolineato come la sentenza impugnata avesse adeguatamente valorizzato, ad esempio, il contenuto delle conversazioni intercettate.

Terzo Motivo: La critica generica al trattamento sanzionatorio

Infine, il terzo motivo, relativo alla presunta violazione di legge nella determinazione della pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la motivazione della sentenza d’appello sul punto era sufficiente, non illogica e basata su un adeguato esame delle argomentazioni difensive. La critica del ricorrente non era riuscita a scalfire la coerenza del percorso logico-giuridico seguito dai giudici di merito nel commisurare la sanzione.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: l’impugnazione, e in particolare il ricorso per cassazione, non è una terza istanza di giudizio sul fatto. Per evitare una declaratoria di inammissibilità del ricorso, è cruciale che i motivi siano:
1. Tempestivi: le questioni devono essere sollevate nei gradi di merito e non possono essere introdotte per la prima volta in Cassazione.
2. Specifici: non basta una critica generica, ma occorre un confronto puntuale e argomentato con la motivazione della sentenza che si intende impugnare.
3. Non ripetitivi: il ricorso non può essere una mera fotocopia dell’atto di appello, ma deve attaccare le specifiche ragioni per cui l’appello è stato respinto.

La decisione in commento serve da monito: la redazione di un ricorso efficace richiede rigore tecnico e una profonda comprensione dei limiti del giudizio di legittimità.

Perché il motivo sulla capacità di intendere e volere è stato dichiarato inammissibile?
Perché la questione non era stata sollevata in modo specifico nei motivi di appello, ma è stata illustrata dettagliatamente solo nel ricorso per cassazione, configurandosi quindi come un motivo nuovo non consentito in sede di legittimità.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “riproduttivo” e perché questo lo rende inammissibile?
Significa che il motivo si limita a ripetere le stesse censure già adeguatamente valutate e respinte dal giudice del merito, senza muovere una critica specifica alle argomentazioni della sentenza impugnata. È inammissibile perché il giudizio di cassazione non è una terza istanza per riesaminare il fatto, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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