Inammissibilità del Ricorso: Quando i Motivi di Appello non Superano il Vaglio della Cassazione
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione valuti l’inammissibilità del ricorso quando i motivi presentati sono manifestamente infondati o si basano su valutazioni di fatto non consentite in sede di legittimità. Il caso riguarda una condanna per violazione di sigilli, un reato spesso collegato ad abusi edilizi, e tocca tre temi cruciali del diritto penale: la prescrizione, la particolare tenuità del fatto e la sospensione condizionale della pena.
I Fatti di Causa
Una persona veniva condannata dalla Corte d’Appello per il reato di violazione di sigilli, previsto dall’articolo 349 del codice penale. Contro tale sentenza, la difesa proponeva ricorso per cassazione basandosi su tre distinti motivi:
1. L’avvenuta prescrizione del reato, sostenendo che il fatto fosse stato commesso in una data antecedente a quella contestata.
2. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ritenendo l’offesa di minima entità.
3. L’illegittimità del diniego della sospensione condizionale della pena.
La Suprema Corte ha analizzato ciascun motivo, giungendo a una conclusione netta: la totale inammissibilità del ricorso.
L’Analisi della Corte e la Manifesta Infondatezza dei Motivi
La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, evidenziando la loro palese infondatezza e, in alcuni casi, l’improponibilità in sede di legittimità.
Il Calcolo della Prescrizione
Il primo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La difesa sosteneva che il reato si fosse consumato nell’agosto 2014, ma questa circostanza di fatto è stata dedotta per la prima volta in Cassazione. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di cassazione non è una terza istanza di merito e non può accogliere nuove valutazioni fattuali. Basandosi sulla data accertata nei gradi precedenti (7 luglio 2016), e tenendo conto delle sospensioni dei termini dovute alla pandemia, la prescrizione non sarebbe maturata prima dell’11 marzo 2024. Pertanto, il motivo era privo di qualsiasi fondamento giuridico.
I Limiti della Particolare Tenuità del Fatto
Anche il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte d’Appello aveva escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. con una motivazione logica e non sindacabile in Cassazione. La decisione si basava su due elementi chiave: la dimensione dell’opera abusiva per la quale erano stati violati i sigilli e, soprattutto, l’abitualità della condotta della ricorrente. Quest’ultima era desunta sia da precedenti penali specifici, sia da una successiva e ulteriore violazione dei sigilli per completare i lavori. La Cassazione ha confermato che la valutazione sulla tenuità dell’offesa è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, che in questo caso era stato esercitato in modo corretto.
Le Motivazioni della Decisione
Il rigetto dei motivi di ricorso si fonda su principi procedurali e sostanziali ben consolidati. La Corte ha sottolineato come la prospettazione di una diversa data di commissione del reato, per far valere la prescrizione, costituisca una questione di fatto che doveva essere sollevata e provata nei giudizi di merito. Introdurla per la prima volta in Cassazione la rende automaticamente inammissibile.
Per quanto riguarda l’art. 131-bis c.p., le motivazioni della Corte di merito sono state ritenute immuni da vizi logici. La valutazione negativa non si basava solo sulla violazione in sé, ma sul contesto generale: la rilevanza dei lavori abusivi e la ‘perseveranza’ criminale dell’imputata, dimostrata dai precedenti e dalla successiva condotta illecita. Questo ha impedito di qualificare il fatto come ‘particolarmente tenue’.
Infine, sul terzo punto, la motivazione è puramente giuridica e inappellabile. L’art. 164, comma 4, c.p. pone un divieto assoluto: la sospensione condizionale non può essere concessa più di una volta (salvo eccezioni specifiche non applicabili al caso di specie, dove era già stata concessa due volte). La richiesta era, quindi, contra legem.
Le Conclusioni
L’ordinanza riafferma con forza i confini del giudizio di legittimità e la non sindacabilità delle valutazioni di fatto operate correttamente dai giudici di merito. L’inammissibilità del ricorso ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per la ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito sull’importanza di fondare i ricorsi per cassazione su solidi vizi di legge, evitando argomentazioni che richiedano un inammissibile riesame dei fatti.
Quando è possibile introdurre per la prima volta in Cassazione una diversa ricostruzione dei fatti, come la data di commissione di un reato?
Mai. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte può valutare solo errori di diritto e non può prendere in considerazione nuove circostanze di fatto o riesaminare quelle già accertate nei gradi precedenti.
Perché la particolare tenuità del fatto non è stata riconosciuta, nonostante si trattasse di violazione di sigilli?
La Corte di merito ha escluso la tenuità del fatto basandosi non solo sul singolo atto, ma su due elementi cruciali: la gravità dell’offesa (legata alle dimensioni dell’opera abusiva) e l’abitualità della condotta dell’imputata, desunta sia da precedenti penali della stessa indole sia da una successiva violazione commessa per completare i lavori.
È possibile ottenere la sospensione condizionale della pena per una terza volta?
No. Secondo l’articolo 164, comma 4, del codice penale, la sospensione condizionale della pena non può essere concessa a chi ne ha già usufruito per due volte. Si tratta di un divieto esplicito e invalicabile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8261 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8261 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CONDOFURI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME, con c lamenta il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione all’intervenuta presc del reato ex art. 349, comma 2, cod. pen, contestato al capo b), è manifestamente infondato in quanto, poiché il delitto contestato è stato commesso il 7 luglio 2016, il termine massi prescrizione pari a sette anni e sei mesi, cui devono aggiungere 64 giorni a cau dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid 19, spirerà l’il marzo 2024, di talc la prospettazione difensiva, secondo cui il reato si sarebbe consumato nell’agosto 201 dedotta per la prima volta nel giudizio di cassazione, implicando valutazioni di fat evidentemente, inammissibile;
considerato che il secondo motivo, che deduce il vizio di motivazione e la violazione di legg relazione all’art. 131-bis cod. pen., è inammissibile, avendo la Corte di merito, con valutazione di fatto non manifestamente illogica – e quindi non sindacabile in sed legittimità – escluso, nel caso di specie, la particolare tenuità dell’offesa in consideraz delle dimensioni dell’opera cui erano stati rimossi i sigilli per il compimento dei lavori sia dell’abitualità della condotta, desunta dai precedenti penali della stessa indole e d nuova e successiva violazione dei sigilli per il definitivo completamento dei lavori edilizi rilevato che il terzo motivo, che censura vizio di motivazione e la violazione di le relazione all’art. 163 cod. pen., è manifestamente infondato per la dirimente ragio evidenziata dalla Corte di merito (cfr. p. 8 della sentenza impugnata), che l’imputata aveva goduto della sospensione condizionale due volte, e, quindi, non poteva essere applicata una terza, ostandovi il chiaro disposto dell’art. 164, comma 4, cod. pen.
stante l’inammissibilità del ricorso, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazi della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna de ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa de ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.