Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione non Entra nel Merito
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio davanti alla Corte di Cassazione, evidenziando il concetto di inammissibilità del ricorso quando le censure proposte non riguardano vizi di legittimità, ma tentano di ottenere un nuovo esame dei fatti. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprendere meglio il ruolo della Suprema Corte e le conseguenze di un ricorso non correttamente impostato.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente era stato condannato per il reato previsto dall’articolo 387-bis del codice penale, ovvero la violazione di un provvedimento di allontanamento e divieto di avvicinamento. L’imputato, attraverso il suo ricorso, contestava la decisione dei giudici di secondo grado, in particolare per quanto riguarda la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, il dolo.
La Decisione e l’Inammissibilità del ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non un terzo grado di merito. Ciò significa che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti o di valutare nuovamente le prove, attività che spettano esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
Il ricorrente, secondo la Corte, ha proposto censure che miravano proprio a una riconsiderazione del fatto e del materiale probatorio, un’operazione non consentita in sede di legittimità. La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse congrua, adeguata e priva di vizi logici, basata su corretti criteri di inferenza e su massime di esperienza condivisibili.
Le Motivazioni: I Limiti del Giudizio di Legittimità
La Corte Suprema ha ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un’occasione per una nuova valutazione delle prove. Le doglianze del ricorrente, focalizzate sulla ricostruzione dei fatti e sull’apprezzamento delle giustificazioni da lui fornite, sono state giudicate estranee al perimetro del sindacato di legittimità.
In particolare, la Corte d’Appello aveva motivato in modo adeguato sulla sussistenza del dolo richiesto dall’art. 387-bis c.p., ritenendo irrilevanti le giustificazioni addotte dall’imputato. La Cassazione, non potendo sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ha confermato la correttezza logico-giuridica di tale ragionamento. Di conseguenza, l’impugnazione, essendo fondata su argomenti non proponibili in quella sede, è stata dichiarata inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, precise conseguenze per il ricorrente. Quest’ultimo è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di redigere un ricorso per cassazione che si concentri esclusivamente su questioni di diritto (violazione di legge) o su vizi manifesti della motivazione (illogicità o contraddittorietà), evitando di riproporre questioni di fatto già decise nei gradi di merito.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché introduceva censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto riguardavano la ricostruzione e la valutazione del fatto e l’apprezzamento del materiale probatorio, che sono di competenza esclusiva del giudice di merito.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un “giudice di legittimità” e non di “merito”?
Significa che la Corte di Cassazione non riesamina i fatti del processo o le prove, ma si limita a verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In conseguenza della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8553 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8553 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE nato il 15/10/1990
avverso la sentenza del 04/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
•
ritenuto che il ricorso introduce inammissibilmente censure non consentite nel giudizio di legittimità, poiché concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza;
ritenuto che la Corte di appello di Torino ha adeguatamente motivato sulla sussistenza del dolo richiesto per l’integrazione del reato previsto dall’art. 387-bis cod. pen., evidenziando l’irrilevanza delle giustificazioni addotte dall’imputato;
ritenuto che alla inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 7 febbraio 2025
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