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Inammissibilità del ricorso: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato contro una condanna della Corte d’Appello. I motivi del ricorso, relativi alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e alla congruità della pena, sono stati giudicati come mere ripetizioni di censure già adeguatamente respinte nel grado precedente. La Suprema Corte ha ribadito che il suo giudizio non può vertere su una nuova ricostruzione dei fatti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: Quando la Cassazione non entra nel merito

L’ordinanza n. 6171/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio pratico sull’ inammissibilità del ricorso, un concetto cruciale nel processo penale. Quando un appello alla Suprema Corte si limita a ripetere argomenti già vagliati e respinti, senza sollevare questioni di pura legittimità, il suo destino è segnato. In questo articolo, analizziamo la decisione della Corte e le sue implicazioni, spiegando perché non ogni doglianza può trovare ascolto nell’ultimo grado di giudizio.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro. L’imputato era stato condannato per il reato di evasione e contestava la decisione di secondo grado su due fronti principali. In primo luogo, lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale. In secondo luogo, criticava l’entità della pena inflitta, ritenendola sproporzionata.

I Motivi del Ricorso e la questione dell’inammissibilità

Il ricorrente ha basato il suo appello in Cassazione su due motivi specifici:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione sull’art. 131-bis c.p.: Sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non riconoscere la scarsa offensività della sua condotta, insistendo su una diversa ricostruzione dei fatti per dimostrare la tenuità del reato commesso.
2. Vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio: Contestava la pena, affermando che i giudici di secondo grado non avessero valutato correttamente l’assenza di elementi negativi a suo carico, specialmente dopo aver escluso la recidiva.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rilevato una criticità fondamentale in entrambi i motivi: essi erano meramente riproduttivi di censure già presentate e adeguatamente confutate dalla Corte d’Appello.

L’analisi della Cassazione e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha rigettati, dichiarando l’ inammissibilità del ricorso nella sua interezza. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che il primo motivo era inammissibile perché, di fatto, chiedeva una nuova valutazione delle circostanze fattuali, un’attività preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già motivato in modo logico e coerente le ragioni per cui riteneva l’evasione ‘non di scarsa offensività’, rendendo inapplicabile l’art. 131-bis. Insistere su questo punto equivaleva a chiedere alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Analogamente, il secondo motivo è stato respinto perché la Corte territoriale aveva fornito una giustificazione adeguata della pena inflitta. I giudici di appello avevano considerato tutti gli elementi, inclusa l’esclusione della recidiva, e avevano concluso che la sanzione fosse corretta. Anche in questo caso, il ricorso si traduceva in una richiesta di rivalutazione del merito, che esula dalle competenze della Cassazione.

Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale: per accedere al giudizio della Corte di Cassazione, non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione precedente, ma è necessario formulare censure che attengano a reali violazioni di legge o a manifesti vizi logici nella motivazione, senza tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, e tendevano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘riproduttivo’?
Significa che l’argomento sollevato in Cassazione è identico a una censura già adeguatamente confutata nella sentenza del grado precedente, senza introdurre nuovi profili di violazione di legge o vizi logici che possano essere esaminati in sede di legittimità.

Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
La parte il cui ricorso viene dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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