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Inammissibilità del ricorso: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla natura meramente ripetitiva dei motivi d’appello, già esaminati e respinti nei gradi precedenti, e sulla manifesta infondatezza della questione sulla prescrizione, neutralizzata dalla recidiva. L’ordinanza sottolinea come la riproposizione di censure già vagliate non sia consentita in sede di legittimità, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione Chiude la Porta a Motivi Ripetitivi

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di applicazione del principio di inammissibilità del ricorso per Cassazione, un concetto cruciale nel nostro sistema processuale. La Suprema Corte ha rigettato l’istanza di un imputato, ribadendo che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una terza occasione per discutere i fatti di causa, soprattutto quando i motivi addotti sono una mera riproposizione di argomenti già valutati e respinti. Questo caso evidenzia come la strategia difensiva debba concentrarsi su vizi di legittimità concreti e non sulla semplice reiterazione di doglianze.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello territoriale, che lo aveva riconosciuto responsabile per il reato previsto dall’art. 334 del codice penale. L’imputato, non soddisfatto della decisione di secondo grado, ha adito la Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la contestazione degli elementi costitutivi del reato, la qualificazione giuridica del fatto e l’intervenuta prescrizione.

L’Analisi della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su due pilastri argomentativi principali.

Ripetitività dei Motivi e Limiti del Giudizio di Legittimità

I primi due motivi di ricorso, relativi alla responsabilità penale e alla qualificazione del reato, sono stati liquidati come ‘meramente riproduttivi’. La Corte ha osservato che tali censure erano già state adeguatamente esaminate e disattese dai giudici di merito. Le argomentazioni dei giudici precedenti sono state ritenute giuridicamente corrette, puntuali e logicamente coerenti. La Cassazione ha così ribadito un principio fondamentale: il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge. Proporre gli stessi argomenti già respinti, senza evidenziare un vizio di legittimità, porta inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso.

La Questione della Prescrizione e l’Impatto della Recidiva

Il terzo motivo, incentrato sulla prescrizione del reato, è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. La Corte ha evidenziato che all’imputato era stata contestata e ritenuta la recidiva qualificata (ex art. 99, comma 2, c.p.). Questa circostanza ha l’effetto di allungare i termini di prescrizione. Di conseguenza, al momento della decisione d’appello, il reato non era ancora prescritto. La maturazione del termine sarebbe avvenuta solo dopo la sentenza impugnata, un fatto che diventa irrilevante di fronte all’inammissibilità degli altri motivi di ricorso.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione dell’ordinanza si fonda sulla necessità di preservare la funzione propria della Corte di Cassazione come giudice di legittimità. Accogliere motivi che si limitano a riproporre le stesse questioni fattuali già decise snaturerebbe il sistema delle impugnazioni, trasformando il ricorso in un terzo grado di merito non previsto dall’ordinamento. La Corte ha sottolineato che la decisione dei giudici d’appello era ben argomentata e priva di vizi logici o giuridici evidenti. L’inammissibilità, pertanto, non è solo una sanzione processuale ma una tutela della corretta amministrazione della giustizia. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, rappresenta la diretta conseguenza di questa declaratoria.

Conclusioni

Questa ordinanza serve da monito: un ricorso per Cassazione deve essere fondato su vizi specifici della sentenza impugnata, quali l’errata applicazione della legge o la manifesta illogicità della motivazione. Non può essere un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. La decisione conferma che l’inammissibilità del ricorso è lo strumento con cui l’ordinamento filtra le impugnazioni pretestuose o dilatorie, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario e sanzionando l’abuso dello strumento processuale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi presentati erano una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dai giudici di merito, senza sollevare reali questioni di legittimità. Inoltre, il motivo sulla prescrizione è stato ritenuto manifestamente infondato.

In che modo la recidiva ha influenzato la decisione sulla prescrizione?
La recidiva, essendo stata ritenuta sussistente nel caso di specie, ha comportato un allungamento dei termini necessari per la prescrizione del reato. Di conseguenza, il reato non si era ancora estinto al momento della sentenza d’appello, rendendo la relativa doglianza infondata.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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