Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10999 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10999 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VIAREGGIO il 31/08/1964
avverso la sentenza del 06/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 6 giugno 2024 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del Tribunale di Pisa del 9 giugno 2022 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 80,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 56, 624 e 625 n. 7 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche; violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra il reato oggetto del presente procedimento e quello giudicato con la sentenza del Tribunale di Pisa n. 2082/2018.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima censura, deve essere osservato come la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. pp. 3 e s. della sentenza impugnata) ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, le ragioni per cui giudice di secondo grado ha ritenuto di negare il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. all’imputato, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
2.2. Del pari inammissibile è la seconda doglianza, osservato come essa, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale erano state congruamente evidenziate le ragioni di mancato riconoscimento della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen. tra i fatti oggetto del presente giudizio e quelli decisi con la sentenza n. 2082/2018 del Tribunale di Pisa (cfr. pp. 4 e s.) – reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elemepti di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione,
cioè, è innanzitutto e indefettibilnnente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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