Inammissibilità del ricorso: quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato che, condannato per rapina aggravata, chiedeva una nuova valutazione delle prove. Questa decisione sottolinea i precisi confini del sindacato della Cassazione, limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione, senza possibilità di sovrapporre il proprio giudizio sui fatti a quello dei giudici dei gradi precedenti.
I fatti del caso
Il caso trae origine da una condanna per il reato di rapina aggravata in concorso (artt. 110 e 628 c.p.), confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione della sentenza di secondo grado. Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero errato nel valutare la rilevanza e l’attendibilità delle prove a carico, in particolare le dichiarazioni della persona offesa e la confessione resa dallo stesso imputato.
La decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che le censure mosse dall’imputato si risolvevano, in realtà, in una richiesta di riconsiderazione del materiale probatorio. Tale attività è preclusa in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di effettuare una nuova e diversa lettura delle risultanze processuali, ma solo di controllare se la motivazione della sentenza impugnata sia esente da vizi logici e giuridici.
Le motivazioni: i limiti al sindacato di legittimità e l’inammissibilità del ricorso
La Corte ha fondato la sua decisione sul consolidato principio secondo cui il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un’occasione per un riesame completo del processo. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta immune da vizi, in quanto basata su elementi probatori solidi e convergenti: le “chiare ed attendibili dichiarazioni” rese dalla vittima e la “spontanea confessione” dell’imputato in merito alla sua partecipazione al reato. I giudici di merito avevano, quindi, esplicitato in modo logico e coerente le ragioni del loro convincimento, applicando correttamente i principi giuridici per affermare la responsabilità penale. Contestare la correttezza di tale valutazione, proponendo un’interpretazione alternativa delle prove, non costituisce un motivo valido per un ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, citando un’importante sentenza delle Sezioni Unite, ha ricordato di non poter “saggiare la tenuta logica della pronuncia… mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno”.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione per chi intende adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve concentrarsi esclusivamente su questioni di diritto o su vizi logici manifesti della motivazione, senza tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti. La decisione di inammissibilità comporta, come in questo caso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, rendendo la scelta di un’impugnazione infondata anche economicamente svantaggiosa. Pertanto, è fondamentale che il ricorso si basi su critiche precise alla struttura logico-giuridica della sentenza e non su una semplice divergenza rispetto alla ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando non contesta una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma chiede un nuovo esame dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
La Corte di Cassazione può riesaminare la credibilità di una confessione o di una testimonianza?
No, la Corte non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito. Il suo controllo è limitato alla verifica che la motivazione della sentenza sia logica, coerente e non contraddittoria.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, a titolo di sanzione, in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44144 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44144 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il 04/05/1991
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che reiteratamente contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui agli artt. 110, 628 comma 3, numero 1 cod. pen. denunciando la illogicità della motivazione sulla base di un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 2 della sentenza impugnata dove la corte d’appello ha correttamente ritenuto l’imputato responsabile dei fatti contestati alla luce delle chiare ed attendibili dichiarazioni rese dalle p.o. nonché sulla base della spontanea confessione resa dall’imputato in ordine alla sua partecipazione in qualità di autore al reato di rapina contestato) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 12/11/2024