Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7857 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7857 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME nato a PESCARA il 08/06/1993
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che i primi due motivi di ricorso, con i quali si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in punto di responsabilità per i reati di cui agli artt. 56 e 628, secondo comma, cod. pen. e art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110, oltre ad essere privi dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., non sono consentiti in questa sede;
che, invero, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per l’assenza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, inoltre, le doglianze difensive tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio;
che, tuttavia, dal ricorso non emergono i descritti connotati di decisività e rilevanza e/o si censurano supposti travisamenti del fatto o della prova basati su elementi che attengono, ex adverso, all’interpretazione dei dati processuali, non sindacabile in questa sede;
che, in tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno, dovendo piuttosto verificare la coerenza strutturale della sentenza alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è geneticamente informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri (cfr. Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici (cfr. Sez. U, n. 34952 del 19/04/2012, COGNOME, Rv. 253153 – 01; Sez. 1, n. 578 del 30/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278083 – 01 e in motivazione; Sez. 2, n. 48955 del 11/09/2019, R., Rv. 277783 – 01; Sez. 2, n. 14901 del 19/03/2015, COGNOME, Rv. 263307 – 01), le doglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 4 – 6 sulla rapina impropria tentata; pag. 6 sul porto ingiustificato di armi);
ritenuto che il terzo motivo, con il quale si contesta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., nonché delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato;
che, invero, ai fini del riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è necessaria la sussistenza di entrambi i presupposti legali della particolare tenuità dell’offesa e della non abitualità del comportamento e, dunque, la mancata applicazione della causa di non punibilità è da ritenersi adeguatamente motivata laddove il giudice del merito dia conto dell’assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti, né è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti per la sussistenza di ciascun presupposto;
che, quanto alle attenuanti generiche, nel motivare il diniego della diminuente richiesta, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza di elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
che, nel caso di specie, i giudici dell’appello hanno ampiamente esplicitato, con corretti argomenti logici e giuridici (cfr. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266591; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 02), le ragioni del loro convincimento (si veda pag. 6);
ritenuto che l’ultimo motivo, con il quale si contesta l’eccessività del trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo all’art. 56 cod. pen., non è consentito in quanto inerente al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione;
che, invero, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, la graduazione della pena sfugge al sindacato di legittimità laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico;
che, in particolare, l’onere argomentativo del giudice può ritenersi adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod.
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pen. ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale;
che, nella specie, la Corte di appello ha correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente argomentando sul punto (si veda, in particolare, pag. 7);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 novembre 2024.