Inammissibilità del ricorso: l’importanza della forma e della sostanza
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti spunti sulla inammissibilità del ricorso, sottolineando come errori procedurali e motivi di impugnazione infondati possano precludere l’accesso al giudizio di legittimità. Il caso riguarda un imputato condannato per lesioni personali che ha visto il suo ricorso respinto a causa di una serie di vizi formali e sostanziali, culminati in una condanna al pagamento delle spese e di una cospicua sanzione pecuniaria.
I Fatti di Causa
Un soggetto veniva condannato dal Giudice di Pace alla pena di 200 euro di multa per il reato di lesioni personali. Ritenendo ingiusta la sentenza, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi di doglianza che spaziavano da questioni procedurali a contestazioni sul merito della valutazione probatoria.
I Motivi del Ricorso dell’Imputato
Il ricorrente basava la sua impugnazione su tre argomenti principali:
1. Omessa motivazione sul rigetto dell’istanza di rinvio: Si lamentava che il giudice di primo grado avesse respinto, senza adeguata motivazione, la richiesta di rinvio dell’udienza presentata dal difensore per un presunto legittimo impedimento.
2. Vizio di motivazione sulla responsabilità: Si contestava la valutazione delle prove operata dal giudice, sostenendo un’errata interpretazione delle deposizioni testimoniali e un’ingiusta affermazione di responsabilità penale.
3. Erroneità delle statuizioni civili: Si muovevano censure relative alle disposizioni civili della sentenza, quali il risarcimento del danno.
L’Inammissibilità del Ricorso secondo la Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso nella sua interezza, smontando pezzo per pezzo ciascuno dei motivi addotti dalla difesa. La decisione evidenzia come il rispetto delle regole procedurali e la corretta formulazione dei motivi siano requisiti imprescindibili per un’efficace tutela giurisdizionale.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte sono state chiare e rigorose.
In primo luogo, riguardo al presunto legittimo impedimento, la Cassazione ha rilevato un duplice vizio fatale. La richiesta di rinvio era stata inviata tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) a un indirizzo errato, diverso da quello ufficialmente designato per il deposito degli atti penali. Inoltre, la richiesta era del tutto priva di documentazione a supporto che provasse l’effettivo e concomitante impegno professionale del difensore. Questo difetto formale e sostanziale ha reso la richiesta irrituale e, di conseguenza, il rigetto da parte del primo giudice pienamente legittimo.
In secondo luogo, sul vizio di motivazione relativo alla responsabilità, la Corte ha ribadito un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio di merito. Il ricorrente, infatti, non aveva denunciato un ‘travisamento della prova’ (cioè un errore palese nella lettura di un atto), ma si era limitato a proporre una propria, diversa interpretazione delle testimonianze. Un’operazione di questo tipo, che implica una nuova valutazione del compendio probatorio, è preclusa in sede di legittimità.
Infine, il terzo motivo, relativo alle statuizioni civili, è stato dichiarato inammissibile per la sua palese infondatezza: la sentenza impugnata, semplicemente, non conteneva alcuna statuizione civile. Il motivo era quindi basato su un presupposto inesistente.
Conclusioni
L’ordinanza si conclude con una condanna severa per il ricorrente, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale. L’evidente inammissibilità del ricorso ha fatto emergere profili di colpa nell’impugnazione, portando alla condanna al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa decisione insegna due lezioni fondamentali. La prima è di natura procedurale: la precisione è essenziale. L’uso corretto degli strumenti telematici, come la PEC, e la completa documentazione delle istanze sono requisiti non negoziabili. La seconda è di natura sostanziale: il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Tentare un’impugnazione palesemente infondata comporta non solo la sconfitta processuale, ma anche significative conseguenze economiche.
È sufficiente inviare una PEC per chiedere il rinvio di un’udienza per legittimo impedimento?
No, non è sufficiente. L’ordinanza chiarisce che la richiesta deve essere inviata all’indirizzo PEC corretto indicato dagli uffici giudiziari e, soprattutto, deve essere corredata da idonea documentazione che provi l’effettivo impegno professionale concomitante che costituisce l’impedimento.
La Corte di Cassazione può riesaminare le testimonianze per valutare la responsabilità di un imputato?
No. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, ma non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, come le testimonianze. Può intervenire solo in caso di ‘travisamento della prova’, ossia quando il giudice di merito ha palesemente frainteso il contenuto di un atto processuale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Se il ricorso è ritenuto manifestamente infondato o presentato con colpa, come in questo caso, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche a versare una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, il cui importo viene determinato equitativamente dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3169 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3169 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PAOLA il 29/08/1977
avverso la sentenza del 20/09/2022 del GIUDICE COGNOME di NOME
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
PA Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza del RAGIONE_SOCIALE di NOME che ha dichiarato il ricorrente responsabile del delitto di lesioni personali e lo ha condannato alla di euro duecento di multa;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si denuncia l’omessa motivazione posta alla base del rigetto dell’istanza di legittimo impedimento del difensore dell’imputa presenziare all’udienza del 20/09/2022, è manifestamente infondato perché dagli atti processuali risulta che: la richiesta di differimento di udienza per legittimo impedimento è stata irritual inviata all’indirizzo PEC EMAIL , diverso rispetto a quello all’uopo indicato dal provvedimento del Direttore del DGSIA (depositoattipenali.EMAIL ); e in ogni caso non risulta in alcun modo documentato il concomitante impegno professionale addotto a sostegno del differimento (cfr. Sez. 3, n. 8537 del 17/10/2017, P., Rv. 272297 – 01, Sez. 6, n 20130 del 04/03/2015, Caputi, Rv., 263395-01);
considerato che il secondo motivo di ricorso, che assume il vizio di motivazione in ordi all’affermazione di responsabilità dell’imputato, non contiene compiute censure di legittim poiché prospetta un diverso apprezzamento del compendio probatorio (e in particolare delle deposizioni in atti, sotto il profilo dell’attendibilità della persona offesa, alla dichiarazioni rese dai testi presenti al momento del fatto) senza dedurre neppure il travisament della prova ( cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01), finendo col negare irritualmente in questa sede la prova della responsabilità del ricorrente;
considerato che il terzo motivo di ricorso, inerente alle statuizioni civili, è inammi poiché non sono presenti nel provvedimento impugnato, il che esime da ogni altra osservazione;
ritenuto che, all’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al versamento, i favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/10/2024.
DEPOStTATA