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Inammissibilità del ricorso: Cassazione su prove

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di tre imputati condannati per furto. La sentenza chiarisce che il ricorso non può mirare a una nuova valutazione dei fatti, ma deve limitarsi a vizi di legge. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo le loro motivazioni logiche e sufficienti, e ha ribadito la natura discrezionale della rinnovazione delle prove in appello.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione Conferma la Decisione di Merito

Con la sentenza n. 26881 del 2024, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo i limiti del giudizio di legittimità e le ragioni che portano alla inammissibilità del ricorso. La pronuncia offre spunti fondamentali sulla differenza tra vizio di legge e rivalutazione del fatto, e sulla specificità richiesta per i motivi di impugnazione. Questo caso riguarda tre imputati condannati per una serie di furti, i cui ricorsi sono stati respinti perché miravano a un riesame delle prove, compito che non spetta alla Suprema Corte.

I Fatti del Processo e i Motivi di Appello

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Catania, che aveva confermato la condanna emessa dal Tribunale di Ragusa nei confronti di tre soggetti per diversi reati di furto. Ciascun imputato ha presentato ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni:

* Un ricorrente contestava la prova della sua partecipazione ai reati, sostenendo che l’unico elemento a suo carico (il noleggio di un’auto vista sui luoghi dei furti) non fosse sufficiente a dimostrarne la colpevolezza.
* Un altro imputato lamentava l’inaffidabilità del riconoscimento effettuato da un testimone, evidenziando contraddizioni nelle sue dichiarazioni (come la descrizione di una cicatrice sul lato sbagliato del volto) e criticando la mancata ammissione di una nuova ricognizione formale in appello.
* Tutti i ricorrenti, con diverse argomentazioni, criticavano la valutazione della pena e il diniego delle circostanze attenuanti generiche, ritenendole ingiustificate.

I ricorsi, pur formalmente denunciando violazioni di legge e vizi di motivazione, si concentravano in realtà sulla richiesta di una nuova e diversa interpretazione delle prove raccolte durante i processi di primo e secondo grado.

La Valutazione dell’Inammissibilità del Ricorso da Parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale, che meritano di essere analizzati nel dettaglio per comprendere appieno i limiti del giudizio di legittimità.

L’Inammissibilità del Ricorso per Motivi di Fatto

Il punto centrale della sentenza è la netta distinzione tra il controllo di legittimità, proprio della Cassazione, e il giudizio di merito, riservato a Tribunale e Corte d’Appello. I giudici supremi hanno ribadito che non è loro compito procedere a una “rilettura” degli elementi di fatto o adottare nuovi parametri di valutazione delle prove. Un ricorso è inammissibile se, mascherandosi da critica alla motivazione, mira in realtà a ottenere una diversa ricostruzione dei fatti. La Corte ha ritenuto che i motivi presentati dagli imputati fossero solo “apparenti”, in quanto non sollevavano una critica argomentata contro la logicità della sentenza impugnata, ma si limitavano a proporre una valutazione alternativa delle prove, come il riconoscimento testimoniale o il valore indiziario del noleggio dell’auto.

La Discrezionalità nella Rinnovazione delle Prove in Appello

Un altro aspetto cruciale toccato dalla sentenza riguarda la richiesta di rinnovazione del dibattimento in appello, specificamente la richiesta di una nuova ricognizione dell’imputato. La Cassazione ha confermato che la rinnovazione dell’istruttoria, ai sensi dell’art. 603 c.p.p., è un potere discrezionale del giudice d’appello. L’obbligo di disporla scatta solo quando il giudice ritiene di non poter decidere “allo stato degli atti”, ossia quando le prove esistenti sono incerte, incomplete e la nuova prova richiesta è decisiva. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ritenuto, con motivazione logica, che gli elementi già acquisiti fossero sufficienti e che le incertezze del testimone non minassero l’impianto accusatorio complessivo, rendendo superflua una nuova prova. Di conseguenza, il rigetto dell’istanza era legittimo.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha basato la propria decisione di inammissibilità del ricorso su argomentazioni precise. In primo luogo, ha sottolineato che i ricorsi erano “riversati in fatto”, tentando di sollecitare una rivalutazione probatoria preclusa in sede di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello, secondo la Cassazione, non era né mancante né manifestamente illogica, avendo esaminato tutti i punti sollevati dalla difesa e fornito una giustificazione coerente per le proprie conclusioni.

Per quanto riguarda la determinazione della pena e il diniego delle attenuanti generiche, la Corte ha rilevato che anche questi motivi erano generici. La sentenza impugnata aveva adeguatamente motivato le sue scelte sanzionatorie facendo riferimento alla personalità degli imputati e alla gravità dei fatti, inclusa l’entità della refurtiva. La giurisprudenza costante, richiamata nella sentenza, afferma che per motivare la pena è sufficiente fare riferimento ai criteri dell’art. 133 c.p., senza necessità di una spiegazione dettagliata per ogni singolo aspetto, a meno che la pena non si discosti notevolmente dai minimi edittali.

Infine, la Corte ha respinto le doglianze sulla mancata valutazione di alcuni motivi d’appello, giudicandole astratte e generiche, poiché non specificavano quali punti fossero stati trascurati e quale concreto pregiudizio ne fosse derivato per la difesa.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. Gli avvocati e gli imputati devono essere consapevoli che per avere successo in Cassazione, i motivi di ricorso devono essere specifici, tecnicamente ineccepibili e focalizzati su reali violazioni di legge o su vizi logici macroscopici e decisivi nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di rimettere in discussione l’attendibilità di un testimone o la valutazione di un indizio, già vagliati dai giudici di merito con motivazione coerente, si traduce quasi inevitabilmente in una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legge o illogicità manifeste della motivazione, si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti e delle prove già esaminati dai giudici di merito. La Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio per riesaminare i fatti.

Il giudice d’appello è sempre obbligato a riaprire l’istruttoria e sentire nuovamente un testimone se la difesa lo chiede?
No. La rinnovazione dell’istruzione in appello è un potere discrezionale del giudice. Può essere disposta solo se il giudice la ritiene indispensabile per decidere, perché le prove già acquisite sono incerte o incomplete. Se il giudice ritiene di avere elementi sufficienti per una decisione, può legittimamente rifiutare la richiesta.

Cosa succede se i motivi di ricorso sono generici?
Se i motivi di ricorso sono generici, cioè non si confrontano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata e non spiegano chiaramente il vizio lamentato, il ricorso viene dichiarato inammissibile. La legge richiede che i motivi siano specifici e argomentati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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