Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21376 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21376 COGNOME 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME ( CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/11/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ha presentato ricorso avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Firenze che ne ha confermato la responsabilità per il reato di tenta furto aggravato (artt. 56, 624 e 625, comma 1, n. 2, cod. pen.);
considerato che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto:
«non è ammissibile la deduzione, con ricorso per cassazione, della mancata assunzione di una prova decisiva, allorché la parte ricorrente non ne abbia fatto richiesta a norma dell’a 495, comma secondo, cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 4464 del 28/02/2000, COGNOME, Rv. 215809 – 01; cfr. pure Sez. 2, n. 41744 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 264659·01) e nel caso di specie – come per vero esposto dalla stessa difesa – la testimonianza in discorso era stata originariamente ammessa su richiesta del Pubblico ministero;
è affetta da nullità l’ordinanza con la quale il giudice abbia revocato il provvedimento ammissione della prova in difetto di motivazione sul necessario requisito della sua superfluità poiché in tal modo si determina «una violazione del diritto della parte di “difendersi provando stabilito dal comma secondo dell’art. 495 cod. proc. pen., corrispondente al principio dell “parità delle armi” sancito dall’art. 6, comma terzo, lett. d), della CEDU, al quale si richi l’art. 111, comma secondo, della Costituzione in terna di contraddittorio tra le parti» (Sez. n. 16976 del 12/02/2020, Polise, Rv. 279166 – 01; Sez. 5, n. 51522 del 30/9/2013, COGNOME, Rv. 257892); e tuttavia tale nullità deve qualificarsi di ordine generale a regime intermed (Sez. 5, n. 16976/2020, Sez. 6, n. 53823 del 5/10/2017, D M., Rv. 271732; Sez. 2, n. 9761 del 10/2/2015, COGNOME, Rv. 263210; Sez. 5, n. 51522/2013, cit.), ragion per cui essa deve essere immediatamente eccepita dalla parte presente a pena di decadenza (art. 182, commi 2 e 3, cod. proc. pen.), laddove nella specie nulla è stato eccepito dalla difesa non appena i Tribunale ha revocato l’ordinanza ammissiva della testimonianza (essendo stata sollevata tardivamente la questione con l’atto di appello);
la Corte di merito ha, comunque, motivato in maniera congrua e logica il rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria per escutere il detto teste, indicando gli eleme prova (le dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria, i filmati della videosorveglian dichiarazioni del teste NOME) da cui ha tratto comunque la responsabilità (quantomeno quale a titolo di concorso ex art. 110 cod. pen.), così chiarendo in termini qui non sindacabili le ragioni per cui ha ritenuto di poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, de 2016, COGNOME, Rv. 266820- 01; Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, Capitani°, Rv. 274337 – 01; Sez. 1, n. 40705/2018, cit.; Sez. 3, n. 7908 del 29/07/1993, Giuffida, Rv. 194487; Sez. 3, n. 6595 del 06/04/1994, COGNOME, Rv. 198068) e palesando l’inidoneità della prova dedotta a intaccare la struttura portante della motivazione, ossia il suo difetto cli decisività (cfr. n. 9878 del 21/01/2020, R., Rv. 278670 – 01; Sez. 3, n. 27581 del 15/06/2010, COGNOME., Rv. 248105 – 01);
ritenuto che il secondo motivo è manifestamente infondato e difetta di specificità poiché non si confronta effettivamente con la motivazione che ha in maniera congrua, logica e conforme al diritto, ha escluso il recesso attivo, osservando che – anche ritenendo, come dedotto dalla difesa, che nell’occorso l’imputato abbia perso la borsa contenente la refurtiva
durante la fuga, come avrebbe riferito il teste COGNOME – ciò costituirebbe il frutto di una sc volontaria dell’agente che è presupposto per l’applicazione dell’istituto invocato (Sez. 3, 17518 del 28/11/2018 – dep. 2019, T., Rv. 275647 – 01);
ritenuto che il terzo motivo è manifestamente infondato in quanto l’acquisizione del verbale di sommarie informazioni testimoniali rese da NOME COGNOME al fine della prova nel dibattimento può avere luogo solo con il consenso delle parti e, quanto alla rinnovazione dell’istruttoria per riassumere la testimonianza dello stesso COGNOME (già escusso in primo grado), come appena rilevato, la motivazione della Corte di merito chiarisce la superfluit dell’incombente istruttorio;
considerato che il quarto motivo di ricorso muove censure di fatto alla motivazione che ha indicato in maniera congrua gli elementi (il valore della refurtiva e le modalità dell’azi contemplati dall’art. 133, comma 1, cod. pen.) in ragione dei quali ha escluso i presupposti d cui all’art. 131-bis );
considerato che il quinto motivo di ricorso è inammissibile in quanto, in ogni caso, la pena è stata determinata in misura ben inferiore al medio edittale, dando conto anche delle modalità insidiose dell’azione, il che costituisce comunque una congrua motivazione a sostegno della conferma della pena determinata dal primo Giudice (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME Papa, Rv. 276288 – 01);
osservato che non può aversi riguardo al regime di procedibilità per la fattispecie delittuosa in imputazione, mutato in forza del cl.lgs. n. 150 del 2022, dovendosi far applicazione del principio secondo cui la sopravvenienza della procedibilità a querela non è idonea ad operare come un’ipotesi di abolitio criminis, capace di prevalere sulla inammissibilità del ricorso e, dunque, sul giudicato c.d. sostanziale già formatosi (proprio in ragio dell’inammissibilità; cfr. Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, Rv. 273551);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazion (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, R 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/02/2024.