Inammissibilità del Ricorso: Quando i Motivi di Appello sono Troppo Generici
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale del nostro sistema processuale: i motivi di impugnazione devono essere specifici e non limitarsi a una generica contestazione della decisione precedente. L’ordinanza in esame rappresenta un chiaro esempio di come la genericità delle doglianze porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello di Brescia. L’appellante lamentava diversi presunti errori commessi dai giudici di secondo grado, sperando di ottenere un annullamento della condanna o una riduzione della pena. Il ricorso si articolava su tre punti principali, che la difesa riteneva cruciali per ribaltare l’esito del giudizio.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La strategia difensiva si basava su tre contestazioni principali:
1. Errata valutazione del materiale probatorio: Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non aveva apprezzato correttamente le prove raccolte, giungendo a conclusioni ingiuste.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità: Si contestava la non applicazione dell’art. 393-bis del codice penale, che esclude la punibilità per chi reagisce a un atto arbitrario di un pubblico ufficiale. La difesa sosteneva che l’imputato avesse agito in risposta a un errore sul fatto, tale da far apparire arbitrario l’atto del pubblico ufficiale.
3. Mancata applicazione della massima riduzione per le attenuanti generiche: Infine, si lamentava che la pena non fosse stata ridotta nella misura massima possibile, nonostante il riconoscimento delle attenuanti generiche.
L’inammissibilità del ricorso secondo la Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha analizzato ciascun motivo, ritenendoli tutti infondati e, soprattutto, generici. La decisione della Corte si fonda sulla natura stessa del giudizio di legittimità, che non costituisce un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.
Sulla Valutazione delle Prove
La Corte ha ribadito che l’apprezzamento delle prove è di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “congrua e adeguata”, esente da vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza. Pertanto, la richiesta del ricorrente di una nuova valutazione era inammissibile.
Sulla Causa di Non Punibilità
Anche la doglianza relativa all’art. 393-bis c.p. è stata giudicata generica. Il ricorrente non ha fornito elementi oggettivi concreti da cui desumere un errore sul fatto che potesse giustificare la sua reazione. In assenza di tali elementi, la contestazione si riduce a una mera affermazione non supportata da prove, insufficiente a scalfire la decisione dei giudici di merito.
Sulle Attenuanti Generiche
Infine, la Corte ha respinto il motivo sulla riduzione della pena come generico. La sentenza impugnata aveva adeguatamente motivato la quantificazione della pena, considerando il concorso formale di reati e il precedente penale a carico dell’imputato. Non vi erano ragioni per discostarsi da tale valutazione, che rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si basa su un principio cardine: il ricorso per cassazione non è un’occasione per riesaminare l’intero processo. I motivi devono individuare in modo specifico e puntuale i vizi della sentenza impugnata, siano essi violazioni di legge o difetti manifesti di logicità nella motivazione. Le contestazioni generiche, che si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello senza evidenziare un vizio specifico della sentenza, sono destinate a essere dichiarate inammissibili.
L’esito del ricorso è stato, quindi, la sua declaratoria di inammissibilità. Come conseguenza diretta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza serve da monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. È fondamentale che il ricorso sia redatto con la massima precisione, evidenziando non un semplice dissenso rispetto alla decisione, ma un errore giuridico o un vizio logico palese nella motivazione della sentenza. La genericità delle argomentazioni non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente. La specificità e la pertinenza dei motivi sono, dunque, requisiti imprescindibili per superare il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.
Per quale motivo la Corte di Cassazione può dichiarare un ricorso inammissibile?
La Corte può dichiarare un ricorso inammissibile quando i motivi presentati sono generici, non specificano chiaramente le violazioni di legge o i vizi logici della sentenza impugnata, o quando si limitano a chiedere una nuova valutazione dei fatti, che è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dalla Corte d’Appello?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove. La Cassazione può solo verificare se la motivazione della sentenza d’appello è logicamente corretta, adeguata e non contraddittoria. Il suo ruolo è controllare la legittimità della decisione, non riesaminare i fatti.
Cosa succede economicamente al ricorrente quando il suo ricorso viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata determinata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33055 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33055 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 30/04/1971
avverso la sentenza del 09/12/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
14244/25
Ritenuto che le deduzioni sviluppate nel ricorso con riferimento all’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello di Brescia, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale;
ritenuto che le doglianze riferite alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis c.p. sono del tutto generiche in assenza di elementi oggettivi da cui desumere un errore sul fatto, tale da fare apparire come atto arbitrario quello posto in essere dal pubblico ufficiale;
ritenuto che anche il motivo sulla mancata applicazione della massima riduzione per le già concesse attenuanti generiche è generico rispetto alla motivazione della sentenza impugnata che ha considerato il concorso formale di reati e l’assenza di ragioni per irrogare una pena inferiore a quella irrogata, tenuto conto del precedente penale a suo carico;
Da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dell ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15 settembre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente