Inammissibilità del ricorso in Cassazione: quando l’atto è nullo
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale, dichiarando l’inammissibilità del ricorso presentato personalmente dall’imputato. Questa decisione sottolinea l’importanza del rispetto delle forme processuali e le gravi conseguenze derivanti dalla loro violazione, tra cui la condanna a sanzioni pecuniarie. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni della Corte e le implicazioni pratiche.
I fatti di causa
Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Milano per il reato di furto, aggravato ai sensi degli articoli 624 e 625 del codice penale. La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della prima decisione, aveva escluso una delle circostanze aggravanti contestate (specificamente quella prevista dall’art. 625 n. 4 c.p.) e aveva rideterminato la pena. Non soddisfatto della decisione, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione.
La decisione e l’inammissibilità del ricorso in Cassazione
La Suprema Corte, investita della questione, ha risolto il caso in via preliminare, senza entrare nel merito delle doglianze. Il fulcro della decisione risiede in un vizio formale insanabile: il ricorso era stato proposto personalmente dall’imputato. La legge processuale, in particolare l’articolo 613 del codice di procedura penale, stabilisce regole precise per la presentazione del ricorso in Cassazione, richiedendo che questo sia sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo. La presentazione personale da parte dell’imputato costituisce una violazione di tale norma, che conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Le motivazioni
La Corte ha motivato la propria decisione in modo lapidario ma inequivocabile. In primo luogo, ha rilevato che il ricorso era inammissibile proprio perché presentato personalmente dall’imputato, contravvenendo a una regola procedurale essenziale. In secondo luogo, ha dichiarato ‘manifestamente infondata’ la questione di costituzionalità sollevata riguardo all’art. 613 c.p.p. A supporto di tale affermazione, i giudici hanno richiamato un precedente consolidato (Sez. 6, n. 42062 del 13/09/2017), il cui ragionamento è stato integralmente recepito. La conseguenza diretta di questa declaratoria è stata la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma la rigidità delle norme che regolano l’accesso alla Corte di Cassazione. La sanzione dell’inammissibilità del ricorso non è solo una formalità, ma una garanzia del corretto svolgimento del processo, che richiede la competenza tecnica di un difensore abilitato. Per i cittadini, la lezione è chiara: il patrocinio di un legale qualificato è un requisito non solo opportuno ma indispensabile per far valere le proprie ragioni in sede di legittimità. Agire personalmente può comportare non solo il rigetto dell’istanza, ma anche significative conseguenze economiche.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato presentato personalmente dall’imputato, in violazione delle norme procedurali che richiedono la sottoscrizione di un difensore abilitato per gli atti destinati alla Corte di Cassazione.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Alla dichiarazione di inammissibilità è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende.
Come ha valutato la Corte la questione di costituzionalità sollevata?
La Corte ha ritenuto la questione di costituzionalità dell’art. 613 del codice di procedura penale manifestamente infondata, richiamando una precedente sentenza (n. 42062 del 2017) e facendo integrale rinvio alla sua motivazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38414 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38414 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 24 aprile 2024 che in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Milano in ordine al reato di cui agli artt.624 e 625 cod. pen. commesso in Milano il 31 ottobre 2023 , ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 4 cod. pen. e rideterminato la pena.
Rilevato che il ricorso deve ritenersi inammissibile, in quanto presentato dall’imputato personalmente.
Manifestamente infondata è la questione di costituzionalità dell’art. 613 cod. proc. pen. come già chiarito da Sez. 6, n. 42062 del 13/09/2017, Lissandrello, Rv. 271334 – 01, alla cui motivazione si fa integrale rinvio
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del COGNOME ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro quattromila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2024