Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26903 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26903 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di NOMECOGNOME nato ad Avola il 20/05/1973, NOMECOGNOME nata ad Avola il 05/12/1981, NOME NOMECOGNOME nato ad Avola il 23/09/1983, avverso la sentenza del 16/10/2024 della Corte di appello di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi e la memoria trasmessa, a mezzo p.e.c. in data 27 maggio 2025, dall’avv.to NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; udito il difensore dei ricorrenti, avv.to avv.to NOME COGNOME presente anche in sostituzione dell’avv.to NOME COGNOME per NOME COGNOME e NOMECOGNOME e dell’avv.to NOME COGNOME per NOMECOGNOME che ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.
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Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catania, per quel che in questa sede rileva, così provvedeva sugli appelli proposti nell’interesse di NOME COGNOME NOME ed NOME COGNOME avverso la sentenza emessa in data 28 novembre 2022 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Siracusa,
in riforma della sentenza appellata, qualificato il fatto di estorsione consumata in concorso (capo 3) come tentativo, rideterminava la pena per NOME COGNOME in anni sei, mesi quattro di reclusione ed euro 6.400,00 di multa;
in riforma della sentenza appellata, rideterminava la pena per NOME in anni cinque e mesi due di reclusione ed euro 4.600,00 di multa;
confermava la sentenza impugnata relativamente alla posizione del solo NOME COGNOME che condannava al pagamento delle spese del grado.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso gli imputati, con atti sottoscritti dai rispettivi difensori, deducendo i motivi di doglianza in appresso sinteticamente indicati, secondo quanto dispone l’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. NOME COGNOME (capi da 1 a 6, più grave l’estorsione consumata di cui al capo 4).
2.1.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce (in riferimento alla estorsione di cui al capo 2) vizi di motivazione, per mancanza o mera apparenza, avendo la Corte di merito rigettato il motivo di gravame con il quale si chiedeva di qualificare anche tale fatto come estorsione tentata, non avendo il ricorrente mai intascato la somma riscossa dal solo NOME COGNOME senza dunque provocare alcun profitto nel ricorrente;
2.1.2. Ancora, il medesimo vizio di motivazione è dedotto in riferimento alla estorsione di cui al capo 4, per la quale non può ritenersi sussistente l’aggravante di cui all’art. 112, primo comma, n. 2, cod. pen. La Corte di merito ha, infatti, del tutto travisato la prova intercettiva, dalla quale di evince che l’iniziativa è stata presa dall’Eroe autonomamente, mentre il COGNOME era solo il creditore che avrebbe tratto vantaggio dalla condotta violenta;
2.1.3. Ancora, i medesimi vizi di motivazione sono dedotti quanto alla ritenuta idoneità intimidatoria della condotta estorsiva descritta al capo 5 (p.o. COGNOME);
2.1.4. Da ultimo, sarebbe mancata la motivazione del rigetto delle richieste circostanze attenuanti generiche, invocate in ragione della spontanea confessione del fatto descritto al capo 1 (cessioni di stupefacenti).
2.2. NOME (capi 1, 2 e 4) deduce:
2.2.1. Violazione di legge e vizi esiziali di motivazione in ordine alla valutazione della prova intercettiva del concorso nelle cessioni di stupefacenti contestate al capo 1. Si tratterebbe infatti di droga solo “parlata”, senza alcun riscontro in ordine alla effettività dei traffici di sostanze stupefacenti.
2.2.2. Violazione di legge e vizi esiziali di motivazione sono dedotti con il secondo motivo di ricorso, in ordine alle estorsioni contestate ai capi 2 e 4, Nessuna minaccia -rivolta alla persona offesa COGNOME– emerge dalle prove esaminate, come pure difetta la prova del danno altrui; mentre della vicenda di NOME COGNOME nulla sa, non essendo stata in alcun modo coinvolta nelle condotte che hanno visto agire il solo NOME COGNOME.
2.3. NOME COGNOME (capo 4).
2.3.1. Con unico motivo, il ricorrente deduce mancanza o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.) in ordine alla valutazione della prova della estorsione contestata al capo 4. Nel doppio grado di giudizio di merito la prova del fatto estorsivo è stata del tutto travisata, avendo il ricorrente agito in favore del cugino debitore del COGNOME al solo fine di recuperare la tessera bancomat della madre di COGNOME (sua zia) ed il cellulare del COGNOME. Il ricorrente avrebbe infatti adempiuto in prima persona le obbligazioni del cugino nascenti da illecito.
Con la memoria trasmessa a mezzo p.e.c. in data 27 maggio 2025, il difensore di NOME NOME ripercorreva i due motivi di ricorso originari, svolti in tema di sussistenza dei fatti contestati e loro dimostrazione processuale; mentre con un terzo punto introduceva un motivo, del tutto inedito, in tema di trattamento sanzionatorio e integrazione giuridica della recidiva. Di tale ultimo argomento di doglianza questa Corte non potrà tenere alcun conto.
Alla pubblica udienza del 12 giugno 2025, la Corte sulle conclusioni rassegnate dalle parti presenti ed in epigrafe trascritte, riservava la decisione in camera di consiglio ed a scioglimento della riserva dava pubblica lettura del dispositivo con cui dichiarava l’inammissibilità di tutti i ricorsi, per argomentazioni di seguito riportate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., per l’assoluta genericità e la manifesta infondatezza dei motivi,
che neppure esplicitano critica specifica al puntuale apparato motivazionale della sentenza – impugnata, ed anzi si caratterizzano per a mera riproposizione di argomentazioni già proposte al giudice della revisione nel merito e da questi motivatamente respinte.
1.1. In termini generali, appare evidentemente necessario ribadire che, quanto ai limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione (sia quella che sostiene l’accertamento della responsabilità, sia quella atta ad argomentare la sussistenza delle circostanze aggravanti o attenuanti, come per la misura della sanzione), la novella processuale del 2006 non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità a critica vincolata, sicché gli elementi di valutazione indicati, soprattutto in caso di duplice conformità verticale del giudizio di merito, devono essere tali da inficiare ex se la struttura logica del provvedimento stesso (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 – 01).
1.2. Resta, comunque, esclusa per la Corte di legittimità la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali (conversazioni intercettate o contenuti dichiarativi acquisiti nel contraddittorio orale o verbalizzati in atti preprocessuali utilizzabili ai fini d decidere in ragione del rito consapevolmente eletto dall’imputato, documenti etc.) o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova. Va, infatti, ribadito che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello della ‘rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U., 30/4/1997, n. 6402, COGNOME, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
1.3. In relazione poi al tema -specificamente proposto dai ricorrenti- della omessa o apparente motivazione in ordine agli argomenti dedotti con i motivi di gravame (sull’accertamento della responsabilità, circostanze del reato, misura della calcolata sanzione) si richiama l’orientamento che ritiene essenziale la valutazione complessiva della intera motivazione, al fine di scrutinare se dal contesto della stessa possa evincersi l’implicita reiezione degli argomenti critici proposti all’attenzione della giurisdizione di merito (Sez. 3, n. 23097, del 8/5/2019, Rv. 276199; Sez. 1, n. 26536, del 24/6/2020, Rv. 279578).
1.4. Del pari è a dirsi quanto alla efficacia euristica attribuita nel giudizio di merito al contenuto delle conversazioni intercettate ed utilizzate a fini dimostrativi
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dei fatti contestati in imputazione. Il Collegio, anche in questo caso intende dar seguito al- consolidato orientamento giurisprudenziaFe che, in materia di intercettazioni di conversazioni, qualifica come questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la- valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con la quale esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701, del 4/10/2016, Rv. 268389; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784).
In ragione dei detti principi saranno quindi sinteticamente scrutinati i motivi di ricorso proposti nell’interesse di ciascuno dei ricorrenti.
2.1. NOME COGNOME (concorso nella estorsione descritta al capo 4). Il ricorso proposto in tema di accertata responsabilità per il fatto ascritto in concorso è inammissibile, per assoluta genericità ed aspecificità del motivo unico, che neppure si confronta con le diffuse e pertinenti argomentazioni spese dalla Corte sul punto alla pag. 8 della sentenza impugnata; ove sulla base della incensurabile lettura delle conversazioni intercettate i giudici di merito hanno argomentato il tema della prova del concorso nel delitto commesso su sollecitazione e nell’interesse di NOMECOGNOME
2.2. NOMECOGNOME
2.2.1. Il primo motivo di ricorso sollecita inammissibilmente la Corte di legittimità alla ‘rilettura’ del compendio probatorio di natura intercettiva, attraverso il quale è rimasta dimostrata nel giudizio di merito la responsabilità della ricorrente per le ipotesi di spaccio di stupefacenti contestate. Il motivo si caratterizza, inoltre, per assoluta genericità ed aspecificità, non confrontandosi con le diffuse e pertinenti argomentazioni spese dalla Corte sui delitti descritti al capo 1 a pag. 9 della sentenza impugnata.
2.2.2. Del pari è a dirsi per il secondo motivo (capi 2 e 4 della imputazione), ove pure si agitano questioni di merito, adeguatamente argomentate dalla Corte territoriale alle pagine 9 e 10 della sentenza impugnata.
2.2.3. Il motivo inedito contenuto nella memoria trasmessa il 27 maggio u.s., speso sul tema del trattamento sanzionatorio e conseguente al censurato riconoscimento degli effetti della recidiva qualificata contestata, è del pari inammissibile. Ed invero, la facoltà conferita all’appellante ed al ricorrente dall’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., deve trovare necessario riferimento nei motivi principali e rappresentare soltanto uno sviluppo o una migliore e più dettagliata esposizione dei primi, anche per ragioni eventualmente non evidenziate in precedenza, ma sempre collegabili ai capi e punti già dedotti (Sez. 1, n. 46950 del 02/11/2004, Sisic, Rv. 230181), consegue che motivi nuovi ammissibili sono
soltanto quelli coi quali, a fondamento del petitum già proposto nei motivi principali d’impugnazione, si alleghino ragioni “giuridiche” diverse da quelle originarie, non potendo essere ammessa l’introduzione di censure nuove in deroga ai termini tassativi entro i quali il ricorso va presentato. I motivi nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono, pertanto, avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di impugnazione a norma dell’art. 581, comma 1, lett. a, cod. proc. pen. (Sez. F, n. 40256 del 23/08/2026, Fechtner; Sez. 6, n. 73 del 21/09/2011, dep. 2012, Aguì, Rv. 251780; nello stesso senso, Sez. 6, n. 27325 del 20/05/2008, COGNOME, Rv. 240367).
2.3. NOME COGNOME capi 2, 3 e 5.
I quattro motivi di ricorso proposti sono inammissibili per assoluta genericità ed aspecificità; gli argomenti trattati appaiono, inoltre, meramente reiterativi di quelli esposti con i motivi di gravame e neppure si confrontano con le diffuse e pertinenti argomentazioni spese dalla Corte sul punto alle pagine da 6 a 8 della sentenza impugnata.
I temi di censura proposti sono stati analiticamente affrontati dalla Corte di merito e diffusamente trattatati alle pagine 6 della motivazione (in ordine alla estorsione consumata descritta al capo 2, somma percepita da NOME COGNOME); alla pagina 7 la Corte territoriale tratta efficacemente il tema della aggravante consistente nell’aver diretto e promosso le materiali azioni altrui (art. 112, comma I, n. 2, cod. pen.), atteso l’interesse economico che ricadeva in capo al COGNOME e la sua dimostrata capacità di determinare e coordinare le azioni altrui; sempre alla pagina 7 la Corte motiva in ordine alla idoneità della condotta minatoria tenuta nei confronti di NOME COGNOME; alla pagina 8 la Corte argomenta in ordine al negato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che il ricorrente avrebbe meritato in ragione della spontanea confessione dei fatti contestati al capo 1; la Corte valorizza viceversa il deserto di elementi di fatto degni di positiva valutazione in tal senso e la spiccata capacità criminale dell’imputato dimostrata dai fatti per cui è processo, senza che la confessione “strategica” di quanto non contestabile potesse svolgere alcuna funzione attenuante.
Ebbene, con tutti tali argomenti i motivi di ricorso non si confrontano, così ineluttabilmente scivolando sul piano inclinato della inammissibilità.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità – al pagamento
in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, per ciascuno dei ricorrenti.
La pronta soluzione delle questioni proposte e l’applicazione di principi di diritto consolidati nella giurisprudenza della Corte consigliano la redazione della
motivazione in forma semplificata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 giugno 2025.