Inammissibilità del Ricorso: Quando il Calcolo della Pena è Corretto
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sul processo di determinazione della pena, specialmente nel contesto del giudizio abbreviato. La decisione sottolinea come la valutazione sulla congruità della sanzione debba essere ancorata alla pena base, prima di qualsiasi riduzione prevista dal rito. Questo caso evidenzia le ragioni che portano all’ inammissibilità del ricorso quando le censure mosse dall’imputato risultano palesemente prive di fondamento.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato, emessa dal Tribunale di Roma e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato, giudicato con il rito abbreviato, aveva beneficiato della relativa riduzione di pena. Tuttavia, ha presentato ricorso per cassazione sostenendo un errore nel processo di calcolo della pena da parte della Corte di Appello. A suo dire, i giudici di secondo grado avrebbero erroneamente considerato congrua la pena finale di sei mesi, già ridotta per effetto del rito, anziché determinare prima una pena base adeguata e solo dopo applicare la diminuzione di un terzo.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla constatazione che l’impugnazione era manifestamente infondata. Secondo gli Ermellini, un’attenta lettura della motivazione della sentenza della Corte di Appello rivela che il giudizio sulla congruità della pena è stato, in realtà, espresso correttamente. I giudici di merito hanno valutato la pena base, al lordo della riduzione, tenendo in debita considerazione i numerosi precedenti penali a carico dell’imputato. Solo dopo aver stabilito una pena base equa, hanno applicato la riduzione prevista per la scelta del rito abbreviato.
Le Motivazioni dietro l’Inammissibilità del Ricorso
Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare e lineari. Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato perché l’argomentazione dell’imputato si basava su un’interpretazione errata della sentenza impugnata. La Cassazione ha evidenziato che la Corte di Appello aveva seguito il procedimento logico-giuridico corretto: prima ha determinato la pena base considerando la gravità del fatto e la personalità dell’imputato (aggravata dai precedenti penali), e solo in un secondo momento ha applicato la riduzione premiale per il rito abbreviato. Il giudizio di congruità si riferiva quindi alla pena nel suo complesso, partendo da una base ritenuta giusta. Di conseguenza, non vi era alcun vizio nel ragionamento dei giudici di merito che potesse giustificare l’accoglimento del ricorso.
Conclusioni
La pronuncia ribadisce un principio fondamentale in materia di commisurazione della pena e di impugnazioni. L’ inammissibilità del ricorso scatta non solo per vizi formali, ma anche quando le censure sono palesemente infondate e non colgono la reale ratio decidendi della sentenza impugnata. Questo caso serve da monito: un ricorso in Cassazione deve basarsi su critiche concrete e pertinenti al percorso motivazionale del giudice, non su interpretazioni pretestuose. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata, per il ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, confermando la definitività della condanna.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La tesi del ricorrente, relativa a un presunto errore nel calcolo della pena, è stata smentita dal contenuto della motivazione della sentenza impugnata.
Come ha giustificato la Corte di Cassazione il calcolo della pena effettuato dalla Corte d’Appello?
La Corte ha spiegato che il giudizio di congruità della pena era stato espresso dalla Corte di merito in relazione alla pena base, prima della riduzione di un terzo per il rito abbreviato, e tenendo conto dei numerosi precedenti penali dell’imputato.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In conseguenza dell’inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47162 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47162 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 01/10/1987
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 20 giugno 2023 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto aggravato e l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
che il ricorso dell’imputato, che sostiene che la Corte di appello ha ritenuto congrua la pena di sei mesi determinata all’esito della riduzione per la scelta del rito, mentre avrebbe dovuto prima determinare la pena congrua e poi applicare la riduzione per il giudizio abbreviato, è manifestamente infondato, atteso che dal tenore della motivazione della sentenza impugnata risulta che il giudizio di congruità è stato espresso dalla Corte di merito in relazione alla pena base al lordo della riduzione di un terzo e tenendo conto dei numerosi precedenti penali a carico dell’imputato;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 27/11/2024.