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Inammissibilità del ricorso: appello generico e rapina

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per rapina. Il motivo risiede nella genericità dell’appello, che si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello circa l’assenza dell’elemento della minaccia, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: Quando l’Appello è Solo Apparente

L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta un ostacolo procedurale che impedisce alla Suprema Corte di entrare nel merito di una questione. Una recente ordinanza ci offre lo spunto per analizzare uno dei motivi più comuni di questa sanzione: la genericità e la mancanza di una critica specifica alla sentenza impugnata. Il caso riguarda un imputato condannato per rapina che ha visto il suo ricorso respinto non perché infondato, ma perché mal formulato.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di rapina, previsto dall’art. 628 del codice penale. L’imputato, dopo la conferma della condanna in secondo grado da parte della Corte d’Appello, ha proposto ricorso per Cassazione. Il suo unico motivo di doglianza si concentrava sull’assenza di un elemento fondamentale del reato: la minaccia. Secondo la difesa, le frasi pronunciate durante l’evento non erano sufficienti a integrare una vera e propria intimidazione capace di coartare la volontà della persona offesa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte non ha nemmeno valutato se le frasi costituissero o meno una minaccia, fermandosi a un livello precedente, puramente procedurale. Ha stabilito che il ricorso non possedeva i requisiti minimi richiesti dall’articolo 591, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la Necessaria Specificità del Ricorso e il Divieto di Reiterazione

Il cuore della decisione risiede nella spiegazione di cosa la legge si aspetta da un ricorso per Cassazione. I giudici hanno sottolineato che l’atto di impugnazione non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio. Al contrario, deve instaurare un confronto critico e argomentato con la motivazione della sentenza che si intende contestare.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva già analizzato le frasi pronunciate dall’imputato, ritenendole, con argomentazioni logiche e congrue, idonee a integrare l’elemento della minaccia. Il ricorrente, invece di contestare specificamente quel ragionamento, evidenziandone eventuali vizi logici o giuridici, si è limitato a ripetere la propria tesi. Questo comportamento rende il motivo di ricorso non specifico, ma solo apparente. Manca, in altre parole, quella “concreta critica argomentata” che è la funzione tipica dell’impugnazione. L’inammissibilità del ricorso è, dunque, la diretta conseguenza di questa carenza strutturale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non basta essere convinti delle proprie ragioni; è essenziale saperle articolare in modo tecnicamente corretto. Un ricorso deve “dialogare” con la sentenza impugnata, smontandone pezzo per pezzo il ragionamento, non ignorandolo. Proporre un ricorso generico, che si limita a reiterare le medesime difese, è una strategia non solo inefficace, ma anche controproducente. Comporta infatti una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di un’ulteriore sanzione pecuniaria, senza che il merito della questione venga neppure esaminato.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando non contiene una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, ma si limita a riproporre le stesse tesi già esaminate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza confrontarsi effettivamente con le motivazioni della sentenza.

È sufficiente ripetere in Cassazione gli stessi motivi del precedente appello?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso deve assolvere a una funzione di critica concreta della sentenza impugnata. La mera reiterazione di argomenti già disattesi dal giudice d’appello rende i motivi di ricorso solo apparenti e, quindi, inammissibili.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza impugnata diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso di specie, 3.000 euro) da versare alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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