Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9125 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9125 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 26/02/2025
R.G.N. 39568/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Taurianova il 10/11/1971
avverso l’ordinanza in data 24/10/2024 della Corte di appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME preso atto che il procedimento si celebra con contradditorio scritto, senza la presenza delle parti; lette le conclusioni scritte depositate dal sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con le quali Ł stato chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; preso atto che il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME non ha depositato conclusioni scritte
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza la Corte di appello di Reggio Calabria dichiarava inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Palmi in data 17/06/2016 che, all’esito di rito abbreviato, aveva dichiarato NOME NOME responsabile del delitto di truffa aggravata con conseguente irrogazione della pena di anni due mesi di reclusione ed euro 600, 00 di multa.
Il Collegio ha rilevato il difetto di specificità dei motivi proposti con l’atto di appello poichØ in esso non erano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione impugnata. In particolare, ha evidenziato che l’atto di gravame si limitava a censurare in modo del tutto generico il giudizio di responsabilità sostenendo l’insufficienza della prova, senza confutare gli elementi sui quali esso si era fondato e a genericamente contestare il trattamento sanzionatorio.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando un unico motivo con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c) e e), cod. proc. pen, la violazione dell’art. 591, comma 1 lett. c) in relazione all’art. 581, comma 1 lett.
c) del codice di rito ed il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata sotto il triplice profilo della carenza, contradittorietà e manifesta illogicità.
Rileva il ricorrente che nell’atto di appello erano stati specificati gli elementi di fatto posti a sostegno della censura del giudizio di responsabilità affermato dal giudice di primo grado, con particolare riferimento alla assenza di prova in ordine alla identificazione dell’imputato quale interlocutore della persona offesa della consumata truffa e comunque con riferimento al dolo del contestato delitto di truffa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato e, per questo, inammissibile.
Già sotto il vigore del previgente testo dell’art. 581 lett. d) cod. proc. pen. le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, avevano affermato il principio secondo cui l’appello (al pari del ricorso per cassazione) Ł inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, Ł direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato.
L’art. 1, comma 55, della legge 23 giugno 2017 n. 103 ha riformulato l’art. 581 cod. proc. pen. prevedendo che, a pena di inammissibilità, l’atto di impugnazione deve indicare, con enunciazione specifica, i capi ed i punti della decisione oggetto di gravame, le prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione, le richieste, anche istruttorie, avanzate ed i motivi, con indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Alla luce di tale novella legislativa, questa Corte di legittimità ha ribadito che il giudice d’appello deve dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione quando i motivi difettino di specificità o non siano validamente argomentati ovvero quando essi non affrontino la motivazione spesa nella sentenza impugnata (Sez. 5, n. 34504 del 25/05/2018, COGNOME, Rv. 273778; Sez. 5, n. 11942 del 25/02/2020, COGNOME Rv. 278859; Sez. 4, n. 36533 del 15/09/2021, Oddo, Rv. 281978).
La piø recente riforma al codice di rito attuata con il D.L.vo 10 ottobre 2022 n. 150 ha introdotto il comma 1bis dell’art. 581 cod. proc. pen. il quale prevede, proprio con riferimento all’atto di appello, che esso Ł inammissibile per mancanza di specificità dei motivi, quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.
Tanto premesso, nel caso di specie l’atto di appello proposto dal difensore dell’odierno ricorrente non presentava i crismi della ammissibilità nei termini normativamente richiesti e, dunque, Ł del tutto corretta l’impugnata ordinanza che ha esaminato l’atto di gravame secondo i parametri dettati dal codice di rito nella sua formulazione vigente e i principi ermeneutici affermati dalla giurisprudenza di legittimità affermando come esso non conteneva alcuna specifica confutazione degli elementi di prova posti a sostegno della condanna limitandosi genericamente a contestare sia il giudizio di responsabilità che la dosimetria della pena.
La pronuncia di primo grado, emessa a seguito di rito abbreviato, contiene la articolata illustrazione e valutazione degli elementi di prova raccolti a carico dell’imputato, in particolare richiama nel dettaglio la denuncia querela della persona offesa che riferiva di avere telefonicamente concluso la trattativa di vendita di un mini escavatore a cui era interessato con un soggetto presentatosi come COGNOME COGNOME e le successive indagini svolte che indicavano come proprio
l’imputato fosse intestatario della carta postepay sulla quale era stato versato gran parte del prezzo corrisposto dall’acquirente che mai aveva ricevuto il bene.
La sentenza del primo giudice reca inoltre l’esplicitazione dei principi di diritto applicabili alla fattispecie concreta e delle ragioni sottese alla irrogazione della pena e alla esclusione di attenuanti, parametrate sulla scorta dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e cioŁ valorizzando la connotazione particolarmente insidiosa della condotta di reato e la negativa personalità dell’imputato in quanto gravato da precedenti penali che avevano valso la contestazione della recidiva reiterata.
A fronte di tale specifico costrutto argomentativo sviluppato con riferimento a tutti i capi della sentenza di primo grado, l’interposto appello non enuncia in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto specificamente espresse nel provvedimento impugnato sia con riferimento al giudizio di responsabilità che al trattamento sanzionatorio.
L’atto di gravame- lungi dal confrontarsi e dal confutare gli elementi probatori valorizzati dal Tribunale sul piano della responsabilità si limita a sostenere – così si legge testualmente alle pagine 3 e 4 – che la sentenza di primo grado non avrebbe ‘offerto un solo elemento che comprovasse l’identità dell’appellante quale interlocutore della P.O. ( rectius persona offesa), nØ tantomeno Ł stato possibile leggere il contenuto del colloquio telefonico; non appare, oltre ogni ragionevole dubbio, che NOME abbia agito con il dolo del reato di truffa’; quanto al profilo del trattamento sanzionatorio, l’appello invoca apoditticamente, solo in sede di conclusioni, il riconoscimento di attenuanti generiche, l’esclusione della aggravante contestata ed il contenimento della pena nel minimo edittale senza argomentare alcunchŁ.
Pare evidente, allora, l’aspecificità dell’impugnazione proposta che non indica minimamente le ragioni idonee a confutare e sovvertire le valutazioni del primo giudice e cioŁ non contrappone alcun argomento agli specifici passaggi dell’articolato costrutto motivazionale contenuto nella decisione appellata.
Il gravame censura semplicemente il ” decisum ” con considerazioni generiche ed astratte in punto di erronea valutazione delle prove da parte del giudicante e di trattamento sanzionatorio.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 26/02/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME