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Inammissibilità appello: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21634/2024, ha confermato la dichiarazione di inammissibilità dell’appello presentato da tre imputati condannati per ricettazione. Il motivo risiede nella genericità e aspecificità delle censure mosse alla sentenza di primo grado. La Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 581, comma 1-bis, c.p.p., l’impugnazione deve contenere una critica puntuale e argomentata delle motivazioni del giudice, non potendosi limitare a una mera riproposizione delle tesi difensive. La mancanza di un confronto diretto con le prove e le valutazioni del primo giudice rende l’atto di appello inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Appello: Quando i Motivi Sono Troppo Generici

L’atto di appello nel processo penale non è una mera formalità, ma un momento cruciale in cui la difesa deve confrontarsi criticamente con la sentenza di primo grado. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la n. 21634 del 2024, ribadisce un principio fondamentale, oggi codificato anche dalla Riforma Cartabia: la specificità dei motivi è un requisito essenziale, la cui assenza conduce inesorabilmente all’inammissibilità dell’appello. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere come redigere un’impugnazione efficace e quali errori evitare.

I Fatti di Causa

Tre individui venivano condannati in primo grado dal Tribunale di Rimini per il reato di ricettazione. Avverso tale sentenza, proponevano appello presso la Corte di appello di Bologna. Tuttavia, il giudice di secondo grado dichiarava l’impugnazione inammissibile, ritenendo che i motivi presentati fossero ‘aspecifici’. In pratica, secondo la Corte territoriale, gli appellanti non avevano sollevato critiche puntuali e pertinenti contro l’apparato motivazionale della sentenza di condanna, limitandosi a riproporre le proprie tesi senza un reale confronto.

Non arrendendosi, i tre imputati ricorrevano per cassazione, sostenendo la nullità dell’ordinanza della Corte di appello. A loro dire, i motivi non erano affatto generici, tanto che la Corte, per dichiarare l’inammissibilità, aveva dovuto comunque entrare nel merito delle questioni sollevate. La Suprema Corte, però, ha respinto il ricorso, confermando la decisione precedente.

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità dell’Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché basato su un motivo a sua volta generico. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per riaffermare il consolidato principio giurisprudenziale sulla necessità di specificità dei motivi di appello, un principio oggi recepito normativamente.

L’onere di specificità, a carico di chi impugna, è direttamente proporzionale alla specificità con cui il giudice di primo grado ha motivato la propria decisione. Se la sentenza è ben argomentata, l’appello deve essere altrettanto dettagliato nel confutarla. Nel caso di specie, la sentenza di primo grado era fondata su prove solide, tra cui due testimonianze d’accusa convergenti e le dichiarazioni della persona offesa. Inoltre, il giudice aveva fornito una motivazione congrua su punti accessori ma decisivi, come il diniego delle attenuanti generiche, l’esclusione della lieve entità del fatto e l’applicazione della recidiva per uno degli imputati. L’atto di appello, al contrario, aveva ignorato questi elementi, mancando di confrontarsi con il cuore della motivazione.

Le Motivazioni: Il Principio di Specificità dei Motivi di Appello

Il fulcro della decisione risiede nel principio di specificità, da tempo affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. Galtelli, 2017) e ora cristallizzato nell’art. 581, comma 1-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022). Questa norma impone che, per ciascun motivo di appello, l’impugnante indichi specificamente:

1. Le parti del provvedimento che intende contestare.
2. Le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della richiesta.
3. Le prove che ritiene non valutate o valutate erroneamente.

I ricorrenti, nel loro appello, non avevano adempiuto a tale onere. Le loro censure sono state giudicate del tutto generiche perché non si sono confrontate con le fonti di prova decisive né con le argomentazioni del giudice su attenuanti e recidiva. Affermare semplicemente il proprio dissenso non è sufficiente; è necessario ‘smontare’ pezzo per pezzo il ragionamento del giudice, evidenziandone le presunte falle logiche o giuridiche.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza in commento lancia un messaggio chiaro: l’inammissibilità dell’appello è una sanzione concreta per gli atti di impugnazione redatti in modo superficiale o meramente ripetitivo. Per la difesa, ciò significa che la preparazione dell’appello richiede un’analisi critica, approfondita e puntuale della sentenza di primo grado. Non basta riproporre le argomentazioni già esposte, ma occorre individuare con precisione i punti deboli della motivazione e costruire su di essi una critica argomentata e supportata da specifici riferimenti fattuali e normativi. In assenza di questo sforzo dialettico, l’appello non supererà nemmeno il primo scoglio dell’ammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché un appello può essere dichiarato inammissibile?
Un appello può essere dichiarato inammissibile per difetto di specificità dei motivi, ovvero quando le critiche mosse alla sentenza di primo grado non sono enunciate e argomentate in modo puntuale, non confrontandosi direttamente con le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione impugnata.

Cosa richiede il principio di specificità dei motivi di appello introdotto dalla Riforma Cartabia?
Il principio, codificato nell’art. 581, comma 1-bis, c.p.p., richiede che l’atto di impugnazione indichi in modo specifico, per ogni motivo, le parti del provvedimento contestate, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno, e le prove che si ritengono non valutate o valutate erroneamente.

Quali sono state le conseguenze per i ricorrenti in questo caso?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i loro ricorsi. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati in solido al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, a causa della loro colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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