Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1647 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1647 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Sri Lanka il 16/01/2001
avverso la ordinanza del 20/05/2024 della Corte di appello di Bologna;
letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile per genericità dei motivi l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale della stessa città del 1° dicembre 2023, che lo ha condannato per i reati di cui agli artt. 337 e 651, cod. pen., e 4, legge n. 110 del 1975.
Egli è stato ritenuto colpevole di essersi opposto con violenza fisica ad un’attività di perquisizione personale da parte di agenti di pubblica sicurezza, di aver rifiutato, nella medesima occasione, di riferire loro le proprie generalità, nonché di aver detenuto delle forbici ed una bomboletta di spray urticante.
Nell’atto d’appello si contestava, con un primo motivo, la configurabilità del dolo della resistenza, deducendosi come «evidente» che egli non avesse agito al fine d’impedire l’attività degli operatori di polizia, bensì con «un comportamento ostile e di sfida determinato dalla volontà di apparire “forte” al cospetto degli altri» amici presenti.
Con il secondo motivo, si lamentava l’eccessiva misura dell’aumento di pena per continuazione, considerandosi la contestualità di spazio e tempo delle condotte, i motivi dell’azione, «e quindi l’evidente pregnanza dell’unicità del disegno criminoso».
La Corte d’appello ha ritenuto tali doglianze prive del necessario requisito di specificità, rilevando: quanto alla prima, la completa assenza di un confronto critico con le risultanze probatorie evidenziate dal primo giudice, da cui risultava che l’imputato non si fosse limitato ad un atteggiamento di sfida, ma si fosse opposto con violenza fisica agli operatori di polizia, dimenandosi e spintonando; mentre, riguardo alla seconda, che essa si limitava ad evidenziare i profili integranti la continuazione tra i reati, tuttavia già ritenuta, non spiegando, invece, perché la pretesa finalità di sfida dovesse giustificare un più blando trattamento sanzionatorio, né perché l’aumento di pena – pari ad un mese di reclusione dovesse considerarsi eccessivo.
Impugna tale decisione l’imputato, con atto del proprio difensore, contestando il giudizio di genericità dell’appello e sostenendo che la Corte distrettuale non si sia limitata alla delibazione dei requisiti di cui all’art. 581, commi 1 e 1-bis, cod. proc. pen., ma si sia spinta a non consentite valutazioni sul merito delle censure proposte con quel gravame.
Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
Il ricorso non è fondato e dev’essere respinto.
6.1. La regola giuridica di riferimento è incontroversa ed è quella dettata dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 8825 del 27 ottobre 2016, ricorrente COGNOME (Rv. 268822), e poi sostanzialmente trasfusa, con il d.lgs. n.
150 del 2022 (c.d. “riforma Cartabia”), nel citato art. 581, comma 1-bis: ovvero che l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi, quando non risultino esplicitamente enunciati ed argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento de decisione impugnata, con un grado di specificità direttamente proporzionale a quella con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato.
Tanto significa, in altri termini, che il giudizio di secondo grado non può avere ad oggetto la mera rivalutazione di argomentazioni sulle quali il giudice di primo grado si sia già espresso: la necessaria specificità dei motivi comporta, infatti, che l’appello si configuri come giudizio critico su punti specificamente dedotti, rappresentando una fase eventuale destinata alla individuazione di un errore della sentenza di primo grado, se esistente. Ne consegue che, ove i motivi non siano idonei a rappresentare l’esistenza e l’incidenza di tale eventuale errore, l’atto di appello va reputato inammissibile.
6.2. L’appello proposto dell’imputato ricade perfettamente nel perimetro d’inammissibilità tracciato dalle Sezioni unite e recepito dal legislatore, poiché come correttamente rilevato dall’ordinanza oggetto di ricorso – esso si è limitato, in punto di responsabilità, a riproporre la diversa ricostruzione degli accadimenti disattesa dal primo giudice e, peraltro, puramente assertiva, poiché non fondata su elementi di prova od argomenti trascurati dalla sentenza appellata; e, quanto alla pena, a dedurne l’eccessiva misura semplicemente sulla base dei presupposti legali del reato continuato, tuttavia riconosciuti dal Tribunale, e non in ragione di elementi ulteriori e, in ipotesi, immotivatamente non valutati da quei giudici.
Al rigetto del ricorso segue obbligatoriamente la condanna del proponente a sostenere le spese del giudizio (art. 616, cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2024.