Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23316 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23316 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 01/05/1984
avverso la sentenza del 07/11/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del 7 marzo 2023 del Tribunale di Milano di condanna in ordine al reato di cui all’art. 186 comma 2 lett.b) d.lgs 30 aprile 1992 n. 285, commesso in Milano il 6 novembre 2019.
Il Tribunale aveva condannato COGNOME per avere guidato il veicolo RAGIONE_SOCIALE in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche, con tasso alcolemico accertato alla prima prova, alle ore 20.51, di 1,9 g/I e alla seconda prova, alle ore 21.02, di 1,15 g/I
La Corte di appello ha dichiarato inammissibili per difetto di specificità i sei motivi di appello.
2.Avverso la sentenza COGNOME tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso formulando due motivi
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge per avere la Corte di Appello dichiarato l’inammissibilità dei motivi. Il difensore ricorda che questa Corte di legittimità ha già chiarito con la sentenza n. 17877 del 2024 che il motivo di impugnazione non può considerarsi generico, ove il giudice dell’impugnazione bbia operato una valutazione nel merito del motivo stesso.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha espresso giudizi di infondatezza delle argomentazioni dell’appellante in contraddizione con la statuizione di inammissibilità dell’appello. In particolare:
-in relazione al primo motivo di impugnazione relativo alla mancanza di prova della taratura dell’etilometro, la Corte ha, di fatto, valutato il merito de questione, GLYPH poiché ha affermato che le sole risultanze cartolari possono considerarsi sufficienti a fondare idonea prova;
-in relazione al secondo motivo di impugnazione relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte è entrata nel merito della doglianza, arricchendo la motivazione della sentenza di primo grado;
in relazione al terzo motivo di impugnazione relativo alla mitigazione della pena, la censura era stata formulata in termini specifici, in quanto si era evidenziato come la motivazione del Tribunale avesse conferito ai precedenti penali un peso eccessivamente penalizzante;
in relazione al quarto e al quinto motivo di impugnazione, relativi alla richiesta di sostituzione della pena detentiva, la censura non era volta, come sostenuto dalla Corte di appello, a sostituire l’apodittico giudizio del difensore a quello motivatamente formulato dal Tribunale, in quanto con essa si era chiesta
una nuova valutazione in ragione della tipologia dei precedenti specifici rispetto alla fattispecie in contestazione;
in relazione al sesto motivo di impugnazione, COGNOME relativo alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, pure si erano formulate osservazioni relative alla qualità dei precedenti.
2.2 Con il secondo motivo, ha dedotto l’intervenuta prescrizione del reato, maturata il 6 novembre 2024 e, dunque, in data antecedente all’udienza di discussione davanti alla Corte di Appello tenutasi il 7 novembre 2024.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo, con cui si censura la declaratoria di inammissibilità del ricorso, è infondato
2.1.L’art. 591 cod. proc. pen. prevede al comma 1, fra le cause di inammissibilità della impugnazione anche la mancata osservanza delle disposizioni di cui all’art. 581 cod. proc. pen.; al successivo comma 2 statuisce che in tali casi il giudice della impugnazione anche di ufficio dichiara l’inammissibilità con ordinanza e dispone la esecuzione del provvedimento impugnato. Costituisce jus receptum che l’inammissibilità dell’impugnazione deve essere dichiarata dal giudice, anche d’ufficio, senza l’osservanza di particolari formalità e senza che sia necessaria la previa instaurazione del contraddittorio, essendo quest’ultimo posticipato all’eventuale procedimento instaurato mediante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza (Sez. 3, n. 16035 del 24/02/2011, COGNOME, Rv. 250280); nello stesso senso si è sostenuto che è legittima la declaratoria di inammissibilità dell’ appello, pronunciata “de plano”, senza che debbano essere osservati gli adempimenti per il procedimento camerale prescritti dall’art. 127 cod. proc. pen., il quale non è richiamato dalla norma generale di cui all’art. 591, comma secondo, cod. proc. pen, che si limita a disporre che il giudice adotta la pronuncia anche d’ufficio ( Sez. 6, n. 52002 del 10/10/2018, COGNOME, Rv. 274811 -01Sez. 5, n. 7448 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 259031).
2.2..L ‘art. 581 cod. proc. pen. nella versione introdotta dall’art. 1, comma 55, della legge 23 giugno 2017, n. 103’ nel disciplinare i requisiti di forma dell’impugnazione, ne condiziona l’ammissibilità all’indicazione, per quanto concerne i motivi, delle “ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono
la richiesta” ( lett. d). Nella elaborazione della giurisprudenza di legittimità si sostenuto che la ratio sottesa alle preclusioni fissate dal legislatore risiede nell’esigenza di perimetrare l’esatto tema devoluto, così da evitare impugnazioni di natura meramente dilatoria consentendo, da un canto, al giudice di individuare il contenuto e la finalità dei rilievi proposti e al contempo agli eventual controinteressati di resistere alla portata demolitoria dell’eventuale accoglimento della domanda di gravame. Il requisito della specificità, dunque, deve ritenersi integrato con l’indicazione, quantomeno nelle linee essenziali, delle ragioni volte a sollecitare una diversa risposta del giudice adito in secondo grado rispetto alle valutazioni del primo giudice, che debbono perciò essere espressamente confutate, o sovvertite sul piano logico o giuridico. Così come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, l’appellante non può limitarsi a confutare semplicemente il “decisum” del primo giudice con considerazioni generiche ed astratte: egli deve contrapporre alle ragioni poste a fondamento della decisione impugnata argomentazioni che attengano agli specifici passaggi della motivazione della sentenza, ovvero concreti elementi fattuali pertinenti e, quand’anche reiteri le richieste svolte in primo grado, deve confrontarsi le considerazioni ivi contenute, dando conto delle ragioni per le quali non si ritengano condivisibili (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822). Occorre, in altri termini, affinché il motivo devoluto possa ritenersi specifico, che il ricorrente non si limiti a contestare sic et simpliciter il punto della pronuncia di cui chiede la riforma, ma che prenda posizione rispetto ad esso, indicando le ragioni di fatto o di diritto per cui non ne condivide la valutazione, così da porre il giudice dell’impugnazione nella condizione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato di merito. Nel giungere a tale conclusione, le Sezioni Unite hanno però operato due fondamentali precisazioni; ovvero che, in considerazione della diversità strutturale esistente tra il giudizio di appello e quello di cassazione, deve escludersi che la riproposizione di questioni già esaminate e disattese in primo grado sia di per sé causa di inammissibilità dell’appello; ciò in quanto il giudizio di appello ha infatti per oggetto la rivisitazione integrale del punto di sentenza oggetto di doglianza, con i medesimi poteri del primo giudice ed anche a prescindere dalle ragioni dedotte nel relativo motivo, purché la relativa esposizione sia basata su argomentazioni strettamente connesse a quelle prese in esame del Giudice di primo grado. Ulteriormente, le Sezioni Unite hanno specificato che il sindacato sull’ammissibilità dell’appello, condotto ai sensi degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., non può ricomprendere – a differenza di quanto avviene per il ricorso per cassazione (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.) o per l’appello civile la valutazione della manifesta infondatezza dei motivi di appello, non menzionata da tali disposizioni quale causa di inammissibilità dell’impugnazione con la Corte di Cassazione – copia non ufficiale
conseguenza che, il giudice d’appello non potrà fare ricorso alla speciale procedura prevista dall’art. 591, comma 2, cod. proc. pen., in presenza di motivi che siano manifestamente infondati e però caratterizzati da specificità intrinseca ed estrinseca.
E’ stato altresì precisato, successivamente all’arresto espresso dalle Sezioni Unite, che, affinché il motivo devoluto possa ritenersi specifico, non è richiesto che si diffonda in analitiche e particolareggiate disquisizioni sulle ragioni dell’invocata riforma, non potendo l’essenzialità del motivo ricadere sul requisito della sua specificità che postula invece l’identificabilità, con accettabile precisione, dei punti cui si riferiscono le doglianze e le ragioni essenziali per le quali viene contestato il ragionamento seguito dal primo giudice (Sez.3, n.12727 del 21/2/2019, COGNOME, RV. 275841).
Tali principi sono stati trasfusi nella previsione di cui al comma 1 bis dell’art. 581 cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs 10 ottobre 2022 n. 150, a norma del quale l’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi, quando per ogni richiesta non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici i relazione alle ragioni di fatto e di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e ai punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.
2.3. In applicazione di tali principi, da ultimo , questa Corte ha annullato l’ordinanza con cui era stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello, sul rilievo che l’impugnante, per escludere la configurabilità del delitto di cui all’art. 624-bis cod. pen., aveva contestato, tra l’altro, la qualifica dell’androne quale luogo di privata dimora stante la sua mancata chiusura e la facile accessibilità da parte di terzi (Sez. 4, n. 36154 del 12/09/2024, COGNOME, Rv. 287205).
2.4.Nel caso di specie, si osserva che la Corte di appello di Milano ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, in esito all’udienza nel contraddittorio fra le parti, non già con ordinanza, bensì con sentenza.
La Corte di Appello, dopo aver ricostruito i fatti per cui è processo e il percorso motivazionale della sentenza di primo grado, ha trattato singolarmente i singoli motivi di impugnazione, argomentando sulla loro inammissibilità per difetto di specificità.
Vero è che, come rilevato dal ricorrente, la Corte di appello, nel decretare l’inammissibilità dei motivi, in alcuni casi ha espresso valutazioni che depongono per la manifesta infondatezza. Così, in relazione al primo motivo di impugnazione relativo alla mancanza di prova della taratura dell’etilometro, la Corte ha richiamato il passaggio della sentenza di primo grado in cui si dava atto che nel verbale di accertamenti urgenti l’apparecchiatura era indicata come omologata e regolare e ha, pertanto, espresso un giudizio positivo in ordine alla prova della funzionalità dell’etilometro, contestata dal ricorrente. In relazione al secondo
motivo, relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte ha spiegato che le circostanze valorizzate nella impugnazione ai fini del riconoscimento non erano in realtà meritevoli di una ulteriore mitigazione de trattamento sanzionatorio. In relazione al terzo motivo di impugnazione, relativo alla determinazione della pena, dopo che nella impugnazione si era contestata la possibilità di attribuire rilievo ai precedenti penali dell’imputato in una tripli direzione, ovvero sia nel senso della individuazione della pena, sia nel senso della mancata concessione delle circostanze ex art. 62 bis cod. pen. e sia nel senso della preclusione alla sostituzione della pena, la Corte di appello aveva argomentato che la motivazione del Tribunale in ordine al trattamento sanzionatorio era adeguata e sufficiente. In relazione al quarto e al quinto motivo di impugnazione, relativi alla richiesta di sostituzione della pena detentiva, la Corte di appello, dopo che era stata contestata la valenza dei precedenti, aveva nella sostanza condiviso la valutazione negativa in tale senso formulata dal Tribunale, richiamando il relativo passaggio delle sentenza. Infine in relazione al sesto motivo di impugnazione, relativo alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, la Corte ha ritenuto di aderire alla valutazione del primo giudice, che aveva richiamato la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
In altri termini la Corte di Appello, pur avendo dichiarato l’inammissibilità dell’appello, ha, nella sostanza emesso una sentenza di rigetto dell’appello, per manifesta infondatezza dei motivi.
2.5. . Il ricorrente si limita a dolersi della declaratoria di inammissibilità, ma no spiega quale sia stato in concreto il vulnus determinato da tale pronuncia, emessa all’esito di un’udienza, preceduta da regolare instaurazione del contraddittorio: in altri termini la censura è stata svolta su un piano solo formale, ovvero quella della dichiarazione di aspecificità dei motivi, ma non si è confrontata con il merito delle valutazioni espresse dalla Corte, nel senso della manifesta infondatezza dei motivi.
Il secondo motivo, con cui si censura la mancata declaratoria di prescrizione del reato, è manifestamente infondato.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20989 del 12 dicembre 2025 hanno chiarito che la disciplina della sospensione del corso della prescrizione prevista dall’art. 159 commi 2, 3 e 4 cod. pen. nel testo introdotto dalla legge del 23 giugno 2017 n. 103 (cd Riforma Orlando) (dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione
della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei
mesi), continua ad essere applicabile, dopo l’abrogazione ad opera dell’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134, ai reati commessi tra il
3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019.
Ne consegue che nel caso in esame, il corso della prescrizione quinquennale, decorrente dalla data di consumazione del reato, 6 novembre 2019, è stato
sospeso:
– dal 17 aprile 2023, data di deposito della sentenza di primo grado, sino 7
novembre 2024, data della pronuncia del dispositivo della sentenza di appello, per in tempo massimo di un anno e sei mesi
– dal 22 novembre 2024, data di deposito della sentenza di secondo grado, sino alla data della pronuncia della presente sentenza, per un totale di 6 mesi e 7 giorni.
Il termine di prescrizione del reato, dunque, non è ancora decorso.
7.AI rigetto del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il GLYPH ricorrente al pagamento delle spese processuali
Deciso il 29 maggio 2025