Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8570 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8570 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato il 30/10/1974 NOME COGNOME nato il 27/11/1972
avverso la sentenza del 22/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi la inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore dei ricorrenti, COGNOME del foro di FERMO, che si è riportato ai motivi dei ricorsi insistendo per raccoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di Roma, che ha dichiarato inammissibile, per genericità dei motivi, l’appello avverso la decisione del Tribunale di Rieti nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiarati colpevoli di concorso in furto aggravato di alcuni elettrodomestici sottratti all’interno di un esercizio commerciale, e condannati alla pena ritenuta di giustizia.
Il ricorso per cassazione nell’interesse dei predetti imputati è affidato al difensore di fiducia e procuratore speciale avvocato NOME COGNOME il quale svolge due motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo, denuncia erronea applicazione dell’art. 85 del D. Lgs. n. 150/2022 e correlati vizi della motivazione, sostenendo che il querelante – mero dipendente dell’esercizio commerciale al cui interno è stato perpetrato il furto non avesse la legittimazione attiva a proporre la querela, con la conseguenza della improcedibilità del reato, in seguito alla entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello dichiarato inammissibile il gravame, pur a fronte di specifici motivi di censura, tenuto conto del principio di diritto che nega alla Corte di merito la declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO.
I ricorsi sono inammissibili.
1.Con riguardo al primo motivo, con il quale è posto il problema della procedibilità del reato, sostenendosi la mancanza della querela, in quanto proposta da soggetto non legittimato, si osserva che, a fronte di una sentenza di primo grado, intervenuta il 28/11/2022, l’appello, proposto il 20 aprile 2023 (come da attestazione della cancelleria del Tribunale apposta sull’atto), non contiene l’eccezione in esame.
1.1. E’ pur vero che si ritiene ammissibile, nel giudizio di legittimità, il ricorso che pone, con un motivo unico o che si accompagna ad altri motivi inammissibili, la questione di improcedibilità, per difetto di querela, in caso di sopravvenienza normativa, come nel caso di reati per i quali il d.lgs 10 ottobre 2022, n. 150, successivamente alla sentenza impugnata e nelle more della presentazione del ricorso, ha introdotto tale forma di procedibilità (Sez. 5 n. 26418 del 03/04/2024,Rv.b286872; conf. Sez. 6 n. 37745 del 19/09/2024, Rv. 287031).
1.2. Nel caso in esame, tuttavia, la situazione processuale è differente. Infatti, a fronte della sentenza di primo grado emessa il 28/11/2022, l’appello è stato proposto il 20 aprile 2023. Nonostante l’appello sia stato proposto successivamente al termine entro il quale la persona offesa dal reato divenuto procedibile a querela avrebbe potuto introdurre la condizione di procedibilità individuato nel 30 marzo 2023 dall’art. 85 del D. Igs 10 ottobre 2022, n. 150, disposizione transitoria con la quale si è contemperato l’interesse punitivo della parte con le istanze di certezza processuale e di garanzia della posizione di imputati ancora sottoposti a processo e nelle condizioni per poter usufruire della disciplina normativa più favorevole, secondo le linee di indirizzo penale previste dall’art. 2, comma quarto, cod. pen. – nell’atto di impugnazione, la questione della procedibilità, rectius, del difetto di legittimazione in capo al proponente la querela, non è stata posta.
1.3. L’eccezione processuale mirante a far valere l’assenza della condizione di procedibilità risulta, quindi, prospettata per la prima volta dinanzi al Giudice di legittimità, tardivamente, in quanto avrebbe potuto essere introdotta già con l’atto di gravame.
1.4. A tanto si aggiunge che la questione processuale posta sottende un accertamento di fatto, in quanto si richiede, inammissibilmente, alla Corte di cassazione uno scrutinio di merito circa le condizioni di fatto legittimanti la proposizione della querela da parte del dipendente dell’esercizio commerciale preso di mira dai ladri, attraverso la verifica delle mansioni e delle funzioni specificamente svolte dal querelante all’interno dell’esercizio commerciale in rapporto con la proprietà, e i suoi specifici incarichi.
E’ manifestamente infondato il secondo motivo.
2.1. Prima ancora della modifica dell’art. 581 cod.proc.pen., introdotta con legge n. 55 del 23 giugno 2017, secondo l’orientamento accreditato dalla pronuncia delle Sezioni Unite, l’appello, al pari del ricorso per cassazione, era ritenuto inammissibile per difetto di specificità dei motivi, quando non risultassero esplicitamente enunciati e argomentati dal ricorrente rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016 – dep. 22/02/2017, COGNOME, Rv, 268822). Si è precisato, infatti, che, in realtà, la mancanza di specificità dei motivi rende gli stessi meramente apparenti, in quanto omettono di assolvere alla funzione tipica di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto del ricorso ( Sez. 6 n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838, e Sez. U. citate). Con il predetto approdo, le Sezioni Unite avevano individuato, ai fini della specificità dei motivi, accanto alla cd. determinatezza intrinseca, appuntata sulla necessaria specifica enunciazione testuale dei motivi, l’ulteriore profilo della determinatezza estrinseca, intesa come relazione critica tra le ragioni della decisione e il
fondamento razionale delle correlate censure, cosicché, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, si richiedeva l’indicazione specifica delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure, per delimitare con precisazione l’ambito del gravame e evitare impugnazioni generiche o meramente dilatorie (Sent. Sez. 6, n. 18/12/2012 n. 1770, Rv. 254204; Sez. 6 n. 39247 del 12/07/2013 Tartaglione, Rv. 257434; Sez. 5 n. 39210 del 29/05/2015, COGNOME, Rv. 264686).
2.2. La riforma ha, quindi, recepito gli approdi più evoluti della giurisprudenza di legittimità, che aveva già delineato l’appello come un giudizio critico di controllo sui motivi, da enunciarsi specificamente nell’atto di impugnazione, sanzionato con la declaratoria di inammissibilità nel caso di genericità degli stessi, in tal modo riconducendo l’appello nell’alveo di giudizio destinato al controllo sulla decisione impugnata, con chiare finalità dissuasive rispetto a impugnazioni dilatorie o generiche; e, in tale prospettiva, l’appello non può limitarsi a una rivalutazione di argomentazioni già spese dal primo giudice, né tendere a una ricostruzione alternativa dei fatti senza la indicazione delle fonti di prova da cui desumere la differente ricostruzione fattuale. Perciò, a seguito dell’ indicata riforma, anche nell’appello, il combinato disposto degli artt. 581 , comma 1 lett. C) e 591 comma 1 lett. C) cod.proc.pen. comporta l’inammissibilità dell’impugnazione in caso di genericità dei relativi motivi, per escludere la quale occorre che l’appellante esprima una critica delle argomentazioni rese dal primo giudice, evidenziandone lacune o vizi logici, poiché una ricostruzione dei fatti rappresentata nell’atto di appello, a prescindere dalla motivazione della sentenza impugnata, sconterebbe il limite della a-specificità, valendo, per l’appello, come per ogni impugnazione, la regola di cui all’art. 581 comma primo, lett. D) cod.proc.pen , che fa onere alla parte impugnante di offrire “l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”, “indicazione specifica” che è espressione di un “motivo” di impugnazione, e che implica ontologicamente il confronto con il tenore della motivazione resa nel provvedimento impugnato (Sez. 6 n. 13261 del 06/02/2003, Valle, Rv. 227195; Sez. 6 n. 7773/2016 cit.; Sez. 6 n. 1770/2012, COGNOME; Sez. 6 n. 39257 del 12/7/2013, Tartaglione, Rv. 257434;). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. A fronte di tale perimetro ermeneutico, il difensore ricorrente si duole in modo del tutto generico della declaratoria di inammissibilità del motivo di appello, alla quale la Corte perveniva avendo rilevato la assoluta carenza delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che dovrebbero sostenere i motivi di appello, a cagione di generiche contestazioni sulla sussistenza del reato e sullo scrutinio delle circostanze, essendosi limitato l’appellante a una esposizione teorica di principi giurisprudenziali, senza confrontarsi con le fonti di prova sulle quali si era fondata la decisione del primo giudice.
3, La motivazione della sentenza impugnata supera, quindi, il vaglio di legittimità demandato a questa Corte.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue, per legge, ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 19 dicembre 2024 Il Consigliere estensore