Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2136 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2136 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOMENOME COGNOME nato a AMALFI il 26/07/1961
avverso l’ordinanza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo un rinvio della deliberazione in attesa della decisione delle Sezioni Unite, prevista per l’udienza del 24 ottobre 2024, sulla medesima questione di diritto e, in subordine, di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza n. 186/2024 in data 21 maggio 2024 la Corte di appello di Salerno ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME in data 9 febbraio 2024, avverso la sentenza del Tribunale di Salerno in data 27 settembre 2023, con cui egli era stato condannato alla pena di 3 anni e 6 mesi reclusione in relazione al reato previsto dagli artt. 216 e 223 legge fall. Secondo il Collegio di secondo grado, infatti, non era stata allegata all’atto di appello l’elezione di domicilio; e trattandosi di imputato non giudicato in absentia doveva dichiararsi l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., nonché la contraddittorietà della motivazione, rilevando che la sanzione processuale della inammissibilità per mancata allegazione del verbale di elezione di domicilio, prevista dal comma 1-quater dello stesso articolo per l’imputato che nel giudizio di primo grado sia stato giudicato in absentia, non sia estensibile all’imputato che, nel corso di tale giudizio, era invece presente e che, nel processo di primo grado, avesse eletto domicilio. Tanto più che, nel caso di specie, l’ordinanza impugnata sarebbe stata rapidamente notificata all’imputato in data 12 giugno 2024, sicché sarebbero state soddisfatte le esigenze di efficienza del giudizio di appello, costituenti la ratio dell’ rt. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc pen., velocizzando le notifiche del decreto di citazione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso prospetta una questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter, cod. proc pen., per violazione degli artt. 24 e 111 Cost. nonché degli artt. 1 e 3 Conv. EDU .
In data 21 ottobre 2024 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto di rinviare la decisione in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite, prevista per l’udienza del 24 ottobre 2024, sulla medesima questione di diritto e, in subordine, di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2. L’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, modificato dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, aveva introdotto, all’art. 581 cod. proc. pen., il comma 1-ter, a mente del quale «con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio», nonché il comma 1-quater, secondo cui, «nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio». Con tale riforma il legislatore aveva, dunque, richiesto taluni adempimenti funzionali alla notifica del decreto di citazione in giudizio e tali da garantire la provenienza dell’impugnazione dall’imputato, sia pure mediata dal difensore, in modo da scongiurare la precarietà del giudicato.
La prima delle due disposizioni è stata recentemente abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024. Tuttavia, secondo quanto è emerso dalla informazione provvisoria n. 15 del 2024, le Sezioni unite, pronunciatesi lo scorso 24 ottobre nel proc. n. 6578/2024 ric. De Felice, hanno affermato che «la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024», dovendosi, dunque, avere riguardo non alla data della sentenza impugnata, ma, appunto, alla data di presentazione dell’impugnazione. E dal momento che, come detto, nel caso di specie l’appello è stato presentato in data 9 febbraio 2024, ad esso si applica tuttora la disciplina dettata dalla citata disposizione, pur abrogata.
3. Secondo la preferibile interpretazione, che si giova di insuperabili argomenti testuali, il comma 1-ter concerne i casi di celebrazione del giudizio di primo grado in presenza dell’imputato, per i quali la sanzione di inammissibilità, espressamente prevista dalla norma processuale, si applica ove non sia stata allegata all’atto di appello la dichiarazione o l’elezione di domicilio. Viceversa, il comma 1-quater, nella versione anch’essa antecedente alle più recenti modifiche (introdotte dall’art. 2, comma 1, lett. o), legge 9 agosto 2024, n. 114), concerne i casi in cui, nel processo di primo grado, l’imputato sia rimasto assente; e in tali evenienze, l’atto di appello deve essere corredato, oltre che dalla dichiarazione o elezione di domicilio, dallo specifico mandato a impugnare.
Dunque, priva di pregio, in quanto smentita dalla testuale formulazione del comma 1 -ter, è l’argomentazione svolta nell’odierno ricorso in ordine alla inoperatività della sanzione di inammissibilità nel caso di giudizi celebrati in presenza dell’imputato qualora all’atto di appello non sia stata allegata la dichiarazione o l’elezione di domicilio.
3.1. Altra questione, come noto assai controversa sul piano interpretativo, è quella concernente le modalità di rilascio della dichiarazione o dell’elezione di domicilio, ovvero se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, unitamente all’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o dell’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la mera presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non allegata all’atto di impugnazione e finanche non richiamata dal medesimo.
Sul punto, l’interpretazione del comma 1 -ter che è stata offerta dalle Sezioni unite, anch’essa desumibile dalla già citata informazione provvisoria, è nel senso che deve ritenersi «sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione» (per la medesima soluzione v. Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286269 01); sicché in mancanza di tale adempimento l’impugnazione deve, dunque, ritenersi inammissibile.
Tanto premesso in ordine al significato da riconoscere alla disposizione processuale in esame, deve, altresì, osservarsi che dalla sua ritenuta applicabilità alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024 e, tra esse anche all’appello proposto nell’interesse dell’odierno ricorrente, consegue che la questione di legittimità costituzionale prospettata con il secondo motivo non pulii; ritenersi irrilevante in ragione dell’avvenuta abrogazione del comma 1 -ter dell’art. 581 cod. proc. pen. E, tuttavia, in disparte la assoluta genericità delle censure di incostituzionalità, non meglio esplicitate in ricorso, non può non riconoscersi, alla stregua degli argomenti già evidenziati dalla giurisprudenza di legittimità in precedenti occasioni, la manifesta infondatezza dei dubbi avanzati dalla Difesa.
In particolare, in questa sede deve essere ribadito che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del comma 1 -ter dell’art. 581, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tale disposizione, laddove richiede che unitamente all’atto di impugnazione sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio, non comporta alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante
personalmente all’imputato, limitandosi a regolare le modalità di esercizio della concorrente e accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché esso non collide né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto a impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (così Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900 – 01).
Venendo al merito delle censure difensive, deve rilevarsi che l’atto di appello proposto dal difensore dell’imputato non risulta corredato da alcuna dichiarazione o elezione di domicilio, né anteriore né successiva all’ordinanza impugnata. Né l’appello contiene un’indicazione della preesistenza di una dichiarazione o elezione di domicilio o di una residenza dell’imputato appellante. E nemmeno il ricorso per cassazione prospetta che, all’atto di appello, fossero state allegate tali dichiarazioni o che esso contenesse alcuna specificazione circa il loro precedente rilascio.
Ne consegue, pertanto, la complessiva infondatezza delle censure difensive.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 6 novembre 2024