Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15210 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 255/2025
UP – 04/04/2025
R.G.N. 4249/2025
ALESSANDRO CENTONZE
Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da NOME COGNOME nato l’08/06/1984 NOME COGNOME nato il 18/12/1987
avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Milano il 21/01/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi;
udite, nell’interesse dei ricorrenti, le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 febbraio 2023 il Tribunale di Milano giudicava NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli del reato ascrittogli, ai sensi degli artt. 110 e 681 cod. pen., condannando gli imputati alla pena di trenta giorni di arresto e 103,00 euro di ammenda.
Con sentenza del 21 gennaio 2025 la Corte di appello di Milano, pronunciandosi sulle impugnazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiarava inammissibili gli appelli proposti dagli imputati.
I fatti di reato si verificavano il 10 ottobre 2020 e riguardavano l’apertura abusiva di un locale, gestito da NOME COGNOME e NOME COGNOME, denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ubicato a Milano, in INDIRIZZO nel quale si svolgeva uno spettacolo di karaoke, al quale partecipavano trenta avventori, senza che i gestori avessero ricevuto l’autorizzazione prevista dall’art. 68 T.U.L.P.S.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 15210/2025 Roma, lì, 17/04/2025
Gli accertamenti da cui traeva origine il processo – su cui, nel giudizio di primo grado, riferiva il teste COGNOME – venivano eseguiti dagli agenti della Polizia locale di Milano, che si presentava nella sede di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per notificare agli imputati una diffida allo svolgimento di attività di karaoke, accertando che in alcune aree del locale erano presenti di clienti intenti a cantare e a consumare bevande.
Sulla scorta di questa ricostruzione degli eventi criminosi, all’esito del giudizio di primo grado, gli imputati venivano condannati con la sentenza del Tribunale di Milano del 27 febbraio 2023, che appellavano davanti alla Corte di appello di Milano, che, che con sentenza del 21 gennaio 2025, dichiarava inammissibili le impugnazioni proposte da NOME e NOME COGNOME.
La declaratoria di inammissibilità, innanzitutto, veniva pronunciata dalla Corte di appello di Milano in conformità dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, prima della sua abrogazione da parte della legge 9 agosto 2024, n. 114, atteso che gli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME non avevano mai depositato nel presente procedimento alcuna elezione o dichiarazione di domicilio.
Nei confronti dell’imputata NOME COGNOME inoltre, la Corte di merito rilevava un’ulteriore causa di inammissibilità, riconducibile alla previsione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., applicabile ratione temporis, atteso che l’appellante, risultando assente, avrebbe dovuto conferire al suo difensore di fiducia una procura speciale a impugnare, al contrario di quanto riscontrabile nel caso in esame. Tale causa d’inammissibilità veniva rilevata d’ufficio, pur essendo ritenuta assorbita nell’inosservanza delle prescrizioni dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponevano congiuntamente ricorso per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 581 cod. proc. pen.
Si deduceva, innanzitutto, che il domicilio eletto di COGNOME COGNOME e COGNOME era riportato nell’intestazione della decisione impugnata, che indicava espressamente gli imputati come elettivamente domiciliati presso lo studio del loro difensore di fiducia, l’avv. NOME COGNOME
La legittimità dell’elezione domicilio effettuata dagli imputati, del resto, traeva conferma dalla ritualità del decreto di citazione a giudizio davanti alla Corte di appello di Milano, emesso il 30 ottobre 2024, che veniva notificato presso lo studio del difensore di fiducia degli appellanti.
Si deduceva, al contempo, limitatamente alla sola posizione di NOME COGNOME che, la violazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. non risultava argomentata, essendosi la Corte di merito limitata a ritenere la questione processuale assorbita nella violazione dell’art. 581, comma 1ter, cod. proc. pen., il cui vaglio veniva ritenuto dirimente.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi proposti da NOME Chen e NOME COGNOME sono inammissibili.
Osserva il Collegio che sulla questione dell’applicazione dell’art. 581-ter cod. proc. pen., nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, prima della sua abrogazione da parte della legge n. 114 del 2024, recentemente, sono intervenute le Sezioni Unite, alle quali la Quinta Sezione penale rivolgeva il seguente quesito: «Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio, ai
fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581, comma 1-ter, cod. proc, pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benchØ non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo» (Sez. 5, n. 26458 del 19 giugno 2024, Chen, non mass.).
La questione ermeneutica sollevata dalla Quinta Sezione penale, che, riguardando la sfera di applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. prima della sua abrogazione, ha una diretta incidenza sul presente procedimento, veniva risolta dalle Sezioni Unite penali con l’affermazione del seguente principio di diritto: «L’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’impugnazione, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca indicazione del luogo in cui eseguire la notificazione» (Sez. U, n. 13808 del 24 ottobre 2024, dep. 2025, De COGNOME, non mass).
Il tenore del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite rende incontroversa l’inammissibilità dei ricorsi in esame e la correttezza della pronuncia impugnata, atteso che, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., così come interpretato dalle Sezioni Unite, in sede di deposito dell’appello, la difesa degli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME avrebbe dovuto adempiere ai suoi doveri di allegazione nei termini, non equivocabili, affermati dalla decisione richiamata (Sez. U, n. 13808 del 24 ottobre 2024, dep. 2025, COGNOME, cit.).
Pertanto, per adempiere all’onere difensivo prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., applicabile ratione temporis, la difesa di NOME COGNOME e NOME COGNOME non poteva limitarsi ad affermare l’esistenza di una pregressa elezione o dichiarazione di domicilio, ma avrebbe dovuto depositare, contestualmente all’impugnazione, l’elezione o la dichiarazione di domicilio, ovvero, in alternativa, avrebbe dovuto richiamare espressamente, laddove precedentemente depositati, tali atti e la loro collocazione nel fascicolo processuale, onde consentirne l’immediata individuazione.
Non può, in proposito, non richiamarsi un passaggio della pronuncia delle Sezioni Unite che si attaglia perfettamente al caso di specie, in cui si afferma: «Non può ritenersi sufficiente il generico richiamo a una dichiarazione o elezione di domicilio che non consenta la sua immediata individuazione nel fascicolo processuale e non permetta di cogliere con certezza il luogo presso il quale eseguire la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, in funzione della sollecita e regolare citazione dell’imputato per tale giudizio» (Sez. U, n. 13808 del 24 ottobre 2024, dep. 2025, COGNOME, cit.).
Ne discende che, non avendo adempiuto a tali oneri di allegazione l’impugnazione presentata presso la Corte di appello di Milano, avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 27 febbraio 2023, non poteva che essere dichiarata inammissibile per l’inosservanza delle modalità di deposito dell’appello, prescritte, a pena di inammissibilità, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
Residua un’ulteriore questione processuale che la Corte di appello di Milano, pur rilevandola d’ufficio, riteneva assorbita in quella relativa alle modalità di deposito dell’impugnazione, sulla quale ci si Ł soffermati nel paragrafo precedente.
La Corte di merito, infatti, riteneva che, limitatamente alla posizione dell’imputata NOME COGNOME, si era concretizzata l’ulteriore violazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., atteso che l’appellante, risultando assente, avrebbe dovuto conferire al suo difensore una procura speciale a impugnare.
Tali conclusioni appaiono ineccepibili, atteso che Ł incontroverso che COGNOME nel giudizio di primo grado, era assente e, per effetto di tale condizione, la sua partecipazione al
processo di appello era subordinata a rispetto delle prescrizioni stabilite, a pena di inammissibilità, dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
La ricorrente, pertanto, a pena di inammissibilità, avrebbe dovuto depositare uno specifico mandato a impugnare conferito al suo difensore di fiducia, l’avv. NOME COGNOME contenente l’elezione o la dichiarazione di domicilio, necessaria per la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di appello, contenente l’esplicito riferimento alla posteriorità di tali atti rispetto alla sentenza impugnata, emessa dalla Corte di appello di Milano il 21 gennaio 2025.
In questa cornice, non può non rilevarsi che la disposizione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, mira a promuovere impugnazioni consapevoli, tenuto conto delle conseguenze che dalle stesse possono derivare per l’imputato, la cui assenza impone un elevato grado di consapevolezza. Per tali ragioni, nel «caso dell’imputato rimasto assente in primo grado, con il comma 1-quater si Ł ritenuta necessaria anche la sua partecipazione diretta all’impugnazione mediante il rilascio di un mandato specifico a impugnare» (Sez. U, n. 13808 del 24 ottobre 2024, dep. 2025, COGNOME, cit.).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di dichiarare inammissibili i ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2025.
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME