Inammissibilità Appello Generico: Quando la Ripetizione Non Paga
Nel mondo del diritto, la forma è sostanza. Un principio che emerge con chiarezza dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha affrontato un caso di inammissibilità dell’appello generico. Questa decisione sottolinea un requisito fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza: i motivi del ricorso devono essere specifici, critici e non una semplice fotocopia di quanto già detto. Analizziamo insieme questa pronuncia per capire perché un appello non può essere una mera ripetizione.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. L’imputato, dopo la condanna, presentava appello, ma la Corte d’Appello di Bologna lo dichiarava inammissibile. Non dandosi per vinto, l’interessato proponeva ricorso per Cassazione contro questa decisione, sostenendo la validità del suo atto di impugnazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’inammissibilità dell’appello generico
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 22 aprile 2024, ha messo un punto fermo sulla questione. I giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un’argomentazione netta: la genericità dei motivi presentati.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni. La Cassazione ha ritenuto che i motivi addotti nel ricorso fossero ‘del tutto generici’. Ma cosa significa in pratica? Significa che l’atto di impugnazione non era consentito dalla legge in sede di legittimità perché:
1. Mancava di specificità: Il ricorso non esplicitava le ragioni di diritto o i dati di fatto concreti che avrebbero dovuto sostenere le censure mosse alla sentenza di primo grado.
2. Era meramente ripetitivo: In sostanza, il ricorrente si era limitato a ‘ripetere le censure già svolte nell’atto di appello’. In particolare, la critica riguardava la mancata disapplicazione della recidiva, ma senza aggiungere nuovi e pertinenti argomenti giuridici o fattuali.
La Corte ha ribadito un principio cardine del diritto processuale: un atto di impugnazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e specifica del provvedimento che si contesta. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso o riproporre le stesse argomentazioni già respinte, ma è necessario confrontarsi con la motivazione della decisione impugnata, evidenziandone le presunte pecche logiche o giuridiche. La mancanza di questa specificità rende l’atto inidoneo a raggiungere il suo scopo e ne determina, appunto, l’inammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante. Chi intende impugnare una decisione giudiziaria deve formulare un atto che vada oltre la semplice riproposizione di doglianze. È essenziale sviluppare argomentazioni nuove, pertinenti e specifiche, che attacchino direttamente le fondamenta logico-giuridiche della sentenza contestata. Un ricorso basato sulla mera ripetizione è destinato all’insuccesso e comporta, come in questo caso, conseguenze economiche negative per il ricorrente, con la condanna alle spese processuali e al pagamento di una sanzione pecuniaria. La specificità non è un vezzo formale, ma il requisito essenziale per un dialogo costruttivo tra le parti e il giudice dell’impugnazione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano formulati in modo del tutto generico, limitandosi a ripetere le censure già presentate nell’atto di appello senza esplicitare specifiche ragioni di diritto o dati di fatto a loro sostegno.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’?
Significa che non contiene una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, ma si limita a riproporre le stesse lamentele in modo vago, senza confrontarsi con le motivazioni del giudice che ha emesso il provvedimento contestato.
Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21841 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21841 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CODIGORO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/12/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. NUMERO_DOCUMENTO COGNOME
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (declaratoria inammissibilità appello in relazion condanna per il reato di cui alli art. 385 cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso – attinenti alla pretesa validità de impugNOMErio – non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, in quanto formula modo del tutto generico, non esplicitando le ragioni di diritto o i dati di fatto che sorregg censure, limitandosi in sostanza a ripetere le censure già svolte nell’atto di appello in te negata disapplicazione della recidiva;
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 22/04/2024