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Imputazione coatta: il GUP può modificare il reato?

La Corte di Cassazione ha stabilito che il Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) ha il potere di chiedere la modifica di una imputazione coatta e, in caso di rifiuto del PM, di restituirgli gli atti. In un caso in cui il GUP voleva derubricare il reato di maltrattamenti in atti persecutori, la Corte ha respinto il ricorso del Pubblico Ministero, affermando che il potere di controllo del GUP sulla corretta qualificazione del fatto, introdotto dall’art. 423, comma 1-bis c.p.p., prevale sul precedente ordine di imputazione coatta del GIP, garantendo la correttezza del procedimento.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Imputazione Coatta: il Potere del GUP di Modificare il Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un importante aspetto della procedura penale riguardante i poteri del Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) di fronte a una imputazione coatta. La decisione stabilisce che il GUP può legittimamente chiedere al Pubblico Ministero (PM) di modificare un’accusa, anche se questa è stata formulata su ordine del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). Questo principio rafforza il ruolo di controllo del giudice sulla correttezza dell’imputazione prima del dibattimento, con significative implicazioni per i diritti della difesa.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una richiesta di rinvio a giudizio per il reato di maltrattamenti in famiglia. È importante notare che l’azione penale era stata esercitata a seguito di una imputazione coatta, ovvero il GIP, respingendo la richiesta di archiviazione del PM, aveva ordinato a quest’ultimo di formulare l’imputazione.

Durante l’udienza preliminare, il GUP ha rilevato una discordanza tra i fatti descritti e la qualificazione giuridica del reato. A suo avviso, il rapporto tra l’imputata e la persona offesa non era di natura parafamiliare, bensì un ordinario rapporto di lavoro. Pertanto, i fatti contestati avrebbero dovuto essere qualificati come atti persecutori (stalking) e non come maltrattamenti.

Il GUP ha quindi invitato il PM, ai sensi del nuovo art. 423, comma 1-bis, del codice di procedura penale, a modificare l’imputazione. Di fronte al diniego del PM, il giudice ha emesso un’ordinanza con cui ha restituito gli atti alla Procura, ritenendo l’imputazione non conforme alla prospettazione dei fatti.

Il Ricorso del PM e il Ruolo della Imputazione Coatta

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato l’ordinanza del GUP dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendone l’abnormità. Secondo il ricorrente, l’azione penale era stata esercitata in ottemperanza all’ordinanza di imputazione coatta del GIP, che doveva considerarsi vincolante. Di conseguenza, il GUP non avrebbe avuto il potere di sollecitare una diversa qualificazione giuridica, specialmente in assenza di nuovi elementi probatori.

Il PM ha inoltre invocato il principio dell’irretrattabilità dell’azione penale, sostenendo che una volta formulata l’accusa, essa non potesse essere modificata. La restituzione degli atti, a suo dire, avrebbe creato una paralisi procedimentale, costringendo il PM a riproporre la stessa accusa o a rimanere inattivo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali sul rapporto tra imputazione coatta e i poteri di controllo del GUP.

In primo luogo, la Corte ha precisato che il principio di irretrattabilità dell’azione penale vieta solo la modifica unilaterale da parte del PM. Non impedisce, invece, una modifica che consegua a una decisione del giudice, come previsto dal meccanismo dell’art. 423, comma 1-bis, c.p.p.

Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione dei ruoli tra GIP e GUP. L’ordinanza di imputazione coatta del GIP serve a garantire che un procedimento non venga archiviato prematuramente. Tuttavia, il GUP, nella fase successiva, ha il dovere di effettuare una valutazione di merito più approfondita sulla correttezza dell’accusa prima di rinviare un imputato a giudizio. La sua valutazione sulla qualificazione giuridica del fatto è destinata a prevalere su quella precedente del GIP.

La Corte ha quindi affermato che il GUP può legittimamente esercitare il potere previsto dal novellato art. 423, comma 1-bis, c.p.p., anche quando si procede sulla base di una imputazione coatta. Se il PM non si adegua alla richiesta di modifica, l’ordinanza di restituzione degli atti non solo fa regredire il procedimento, ma obbliga il PM a rinnovare l’azione penale conformandosi alle indicazioni del GUP. In questo scenario, il vincolo della precedente ordinanza di imputazione coatta viene meno, superato dalla decisione del giudice dell’udienza preliminare.

Le conclusioni

Questa sentenza sancisce un principio di diritto fondamentale: il controllo del GUP sulla correttezza dell’imputazione è un presidio irrinunciabile del sistema processuale. Tale potere non è limitato dalla presenza di una precedente imputazione coatta. La decisione assicura che il processo inizi con una qualificazione giuridica corretta, tutelando il diritto di difesa dell’imputato, che può così valutare consapevolmente le proprie scelte processuali, come l’accesso a riti alternativi. La Corte, infine, chiarisce che il meccanismo di restituzione degli atti è lo strumento per superare eventuali stasi procedurali, vincolando il PM alla decisione del giudice.

Può il Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) chiedere di modificare un’imputazione che è stata ordinata dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) con una “imputazione coatta”?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il potere del GUP di controllare la correttezza dell’imputazione, previsto dall’art. 423, comma 1-bis c.p.p., prevale sull’ordinanza di imputazione coatta emessa in una fase precedente dal GIP.

Se il Pubblico Ministero (PM) si rifiuta di modificare l’imputazione come richiesto dal GUP, cosa succede?
Il GUP può disporre la restituzione degli atti al PM. A seguito di questa restituzione, il PM è obbligato a conformarsi alle indicazioni del GUP, e l’originario vincolo derivante dall’imputazione coatta perde la sua efficacia.

Il principio di “irretrattabilità dell’azione penale” impedisce al GUP di chiedere una modifica della qualificazione del reato?
No. Tale principio impedisce al PM di modificare o ritirare unilateralmente l’azione penale una volta esercitata, ma non si applica quando la modifica è la conseguenza di una decisione del giudice, come nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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