Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20994 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20994 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOME, nato a Bari il DATA_NASCITA, avverso la ordinanza emessa in data 23/12/2023 dal GIP del Tribunale di Lecce; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata, con restituzione degli atti al G.i.p.;
lette le conclusioni scritte trasmesse, a mezzo p.e.c., in data 11 aprile 2024 dal difensore e procuratore speciale, AVV_NOTAIO, della persona offesa, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità della impug nazione;
-fetta la memoria di replica trasmessa, a mezzo p.e.c. in data 24 aprile 2024, dal difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che, preso atto delle conclusioni del P.g. e del procuratore speciale della persona offesa, ha insistito per l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, rigettata la richiesta di archiviazione formulata, ricorrendo ipotesi di particolare lievità del fatto (art. 131 bis cod. pen.) nei confronti di NOME COGNOME, per il reato di cui all’art. 640 cod. pen., come aggravato dal rapporto di prestazione d’opera, qualificato il fatto contestato come estorsione tentata aggravata, ha ordinato al Pubblico ministero, ai sensi dell’art. 409 comma 5 cod. proc. pen., di formulare l’imputazione nei confronti dello stesso indagato per il più grave reato ritenuto (art. 56-628, 61, comma primo, n. 11, cod. pen.).
Avverso l’ordinanza ricorre, a ministero del difensore di fiducia, il soggetto sottoposto ad indagini preliminari in ordine al reato di truffa, deducendo:
2.1. COGNOME l’abnormità COGNOME del COGNOME provvedimento COGNOME di COGNOME imputazione COGNOME coatta COGNOME poiché, sostanzialmente, ha ad oggetto un reato diverso (art. 56, 629, 61, comma primo, n. 11, cod. pen.) da quello per il quale il pubblico ministero aveva richiesto l’archiviazione (art. 640 cod. pen.), reato “nuovo” per il quale i ricorrente neppure era stato iscritto nel registro degli indagati (art. 335 cod. proc. pen.);
2.2. difetta inoltre la notifica della richiesta di archiviazione al sogget sottoposto ad indagini preliminari;
2.3. difetta altresì la notifica all’indagato dell’avviso di fissazione dell’udie camerale in cui si è trattata l’opposizione alla richiesta di archiviazione;
2.4. eccepisce inoltre l’indagato la incompetenza territoriale del Tribunale di Lecce, in quanto l’atto idoneo, diretto in modo univoco a raggirare l’offeso si sarebbe formato in Bari e non nel circondario di Lecce;
2.5. il reato di truffa sarebbe inoltre improcedibile per difetto di formale querela non avendo l’offeso chiesto la punizione del colpevole a norma di legge;
2.6. eccepisce anche la nullità del verbale dell’udienza del 10 novembre 2023 che dà atto della presenza delle parti, mentre era presente per l’indagato il solo sostituto del difensore di fiducia, che insisteva nella richiesta di differiment dell’udienza essendo il difensore fiduciario impegnato presso altra giurisdizione;
2.7. deduceva infine l’omessa notifica all’indagato dell’ordinanza con cui il GIP ha ordinato al Pubblico ministero di formulare l’imputazione per il reato di estorsione tentata aggravata dalla relazione di servizio.
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All’udienza camerale non partecipata del 30 aprile 2024,
3.1. lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che ravvisata abnormità dell’atto del G.i.p., ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento j ( ± impugnato, limitatamente all’ordine rivolto al P.m. di formulare l’imputazione, per il delitto di cui all’art. 56, 629, 61 comma primo n. 11, cod pen., nei
confronti di soggetto non iscritto per tale reato nel registro di cui all’art. 335 co proc. pen.;
3.2. lette le conclusioni rassegnate dal procuratore speciale della persona offesa, che ha argomentato la richiesta declaratoria di inammissibilità del ricorso;
3.3. letta altresì la argomentata memoria di replica alle conclusioni del P.g. e del rappresentante della persona offesa;
3.4. la Corte ha riservato la decisione in camera di consiglio, all’esito della quale, sciogliendo la riserva, ha depositato il dispositivo di inammissibilità del ricorso, fondato sugli argomenti in diritto in appresso trascritti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Dagli atti risulta che NOME COGNOME è stato iscritto nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. per fatti qualificati dal Pubblico ministero come truffa aggravata da rapporto di prestazione d’opera. Il Pubblico ministero ha ritenuto, all’esito delle indagini svolte, che gli elementi raccolti non fossero idonei sostenere l’accusa in giudizio, giacché questi avrebbe agito nella convinzione di esercitare un preteso diritto e non sono ben delineati gli estremi fattuali dell’artifizio usato per raggirare la persona offesa; comunque ricorrerebbe ipotesi della particolare tenuità del fatto, che esclude la punibilità della condotta ai sensi di quanto dispone l’art. 131 bis cod. pen..
1.2. Il GIP, esclusa la particolare tenuità dei fatti, ha invece ritenuto che gl stessi dovessero diversamente essere qualificati in termini di estorsione tentata, aggravata dalla prestazione d’opera, reato per il quale il titolare dell’azione penale non aveva proceduto all’iscrizione nel registro degli indagati, né pertanto poteva aver formulato richiesta di archiviazione.
1.3. Orbene, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte costituisce atto abnorme ricorribile per cassazione, anche dalla persona sottoposta ad indagine, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini al pubblico ministero di formulare l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta (Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, COGNOME, Rv. 273581; Sez. U., n. 4319 del 28/11/2013, dep. 30/1/2014, p.m. in proc. L., Rv. 257786; Sez. 4, n. 1217, del 10/10/2018, Rv. 274907; Sez. 5, n. 2020, del 11/12/2020, dep. 2021; Sez. 3, n. 418 del 23/11/2020, dep. 2021).
1.4. Nondimeno, deve rilevarsi che ben diversa da quella oggetto dell’orientamento richiamato è la situazione caratterizzata non dall’individuazione di un diverso reato, ma dalla diversa qualificazione giuridica del medesimo fatto,
nella sua dimensione storica, mediata dalla valorizzazione di elementi narrativi e documentali comuni. In tal senso si è, del reg – o, specificamente pronunciata la giurisprudenza di questa Corte, che ha espressamente riconosciuto la legittimità della diversa qualificazione del fatto (sul punto, in motivazione, Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, COGNOME, cit.: nello stesso senso, Sez. 6, n. 30572 del 30/5/2023, n.m.; Sez. 2, n. 49690 del 2/12/2022, n.nn.; Sez. 2, n. 44193 del 9/11/2022, n.m.; Sez. 5, n. 24616 del 16/03/2021, Rv. 281441; Sez. 1, n. 47919 del 29/09/2016, Rv. 268138; Sez. 2, n. 31912 del 07/07/2015, Rv. 264509, secondo cui «non è abnorme, nè in alcun modo impugnabile, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, nel rigettare la richiesta di archiviazione, ordini al pubblico ministero di formulare l’imputazione nei confronti dell’indagato per il medesimo fatto, diversamente qualificando il titolo di reato rispetto a quello individuato dal pubblico ministero»).
1.5. Si è già detto che, nella concreta fattispecie, è stata operata dal G.i.p. una riqualificazione del fatto, essendo stata ordinata l’imputazione per il reato di cui agli artt. 56, 628, 61, comma primo, n. 11, cod. pen., dopo che la richiesta di archiviazione era stata formulata per il reato di cui all’art. 640 cod. pen. aggravato dal rapporto di prestazione d’opera. Il G.i.p., rilevato che la minaccia di adire le vie legali può ben integrare elemento costitutivo del delitto di estorsione, laddove sia formulata con lo scopo di coartare l’altrui volontà e conseguire risultati locupletativi non conformi a giustizia, ha inteso escludere l’artifizio che avrebbe consentito di ricondurre il fatto all’ipotesi di cui all’art cod. pen., ma non anche l’ulteriore elemento che, secondo il giudice, connotava il fatto, così da consentirne la sussunzione nella fattispecie di cui all’art. 629 cod pen., in forma tentata. Si tratta dunque di operazione rientrante tra le facoltà attribuite al giudice per le indagini preliminari, risultando per contro radicalmente infondata, in quanto contrastante con principi consolidati, la doglianza posta alla base del ricorso.
Gli ulteriori sei motivi di ricorso non sono deducibili con il ricorso p cassazione, trattandosi all’evidenza di vizi procedurali (motivi n. 2, 3, 6 e 7) che la legge processuale, art. 410 bis, comma 3, cod. proc. pen. (introdotto con I. 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017), affida alla facoltà di reclamo innanzi al Tribunale in composizione monocratica e di doglianze sulla competenza e sulla procedibilità (motivi n. 4 e 5) che non rendono l’atto abnorme e non sono pertanto affidate al ricorso per Cassazione.
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All’inammissibilità egue la condanna del ricorrente al pagamento delle sp processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesa alla causa dell’inammiss a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2Ù24.