Imputazione Coatta: Quando il Giudice Supera i Limiti e la Cassazione Interviene
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 11976 del 2024, riporta l’attenzione su un principio cardine del nostro sistema processuale penale: la netta distinzione di ruoli tra Pubblico Ministero e Giudice. Il caso in esame ha portato all’annullamento di un’ordinanza di archiviazione emessa dal GIP, considerata un atto abnorme per aver dato luogo a una forma di imputazione coatta ‘inversa’, ovvero un’archiviazione forzata per fatti e persone non oggetto della richiesta dell’accusa. Questa decisione riafferma l’esclusività del potere del PM nella conduzione delle indagini.
I Fatti di Causa
All’origine della vicenda vi è una richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Savona. La richiesta riguardava i reati di lesioni e danneggiamento a carico di ignoti. Tuttavia, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), nell’emettere la sua ordinanza, non si è limitato a decidere sulla richiesta presentata, ma ha emesso un provvedimento il cui effetto pratico è stato quello di estendere l’archiviazione anche al diverso reato di rissa e nei confronti di soggetti specificamente individuati.
Il Pubblico Ministero ha immediatamente impugnato tale ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendone l’abnormità. Secondo l’accusa, il GIP aveva di fatto ‘costretto’ un’archiviazione per un’ipotesi di reato (la rissa) che non era oggetto della richiesta, invadendo così la sfera di competenza esclusiva dell’organo inquirente.
La Decisione della Cassazione e l’imputazione coatta
La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del Pubblico Ministero. I giudici supremi hanno qualificato l’ordinanza del GIP come un provvedimento abnorme, annullandola senza rinvio. La Corte ha stabilito che l’ordine di archiviazione del GIP era andato ben oltre i poteri conferitigli dalla legge in quella fase procedimentale.
Il GIP, infatti, si è trovato di fronte a una richiesta di archiviazione per specifici reati a carico di ignoti, ma la sua decisione ha finito per definire anche una posizione relativa a un reato diverso (rissa) e a persone identificate, per le quali il PM non aveva ancora concluso le proprie valutazioni. Questo agire costituisce una forma di imputazione coatta ‘negativa’, dove il giudice impone una decisione di non procedere al di fuori dei confini tracciati dalla richiesta della pubblica accusa.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sul principio fondamentale della separazione delle funzioni nel processo penale. Il Pubblico Ministero è il dominus delle indagini e l’unico soggetto legittimato a formulare l’accusa o a richiederne l’archiviazione. Il ruolo del GIP è quello di controllare la legittimità di tale richiesta, non di sostituirsi al PM nelle sue valutazioni.
Come chiarito nella sentenza, quando un GIP ritiene che le indagini debbano proseguire o che si debba formulare un’imputazione, la legge (art. 409 c.p.p.) gli fornisce strumenti specifici, come l’indicazione di ulteriori indagini o l’ordine di formulare l’imputazione (la vera e propria imputazione coatta). Tuttavia, non può autonomamente estendere l’ambito di un’archiviazione richiesta per fatti diversi o soggetti non inclusi.
L’ordinanza impugnata è stata definita ‘abnorme’ proprio perché, esorbitando dai poteri del giudice, ha creato una stasi procedimentale, impedendo di fatto al PM di esercitare le proprie prerogative su un’ipotesi di reato che egli non aveva ancora inteso definire. Si è trattato, in sostanza, di un’ingerenza indebita nell’autonomia dell’organo inquirente, che ha portato a un provvedimento strutturalmente e funzionalmente viziato.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La sentenza ribadisce con forza un principio essenziale per l’equilibrio del sistema processuale: i confini tra la funzione inquirente e quella giudicante devono essere rigorosamente rispettati. Il GIP non può diventare un ‘co-investigatore’ o un ‘sostituto’ del PM. Il suo potere di controllo sulla richiesta di archiviazione è finalizzato a garantire i diritti della persona offesa e la completezza delle indagini, non a ridefinire l’oggetto del procedimento.
In conclusione, questa pronuncia serve da monito: ogni provvedimento che travalichi i limiti funzionali assegnati dalla legge a ciascun organo processuale è destinato ad essere considerato abnorme e, di conseguenza, nullo. La decisione assicura che il Pubblico Ministero mantenga la piena titolarità dell’azione penale, dalla fase iniziale delle indagini fino alla formulazione delle richieste conclusive, senza interferenze che ne pregiudichino l’autonomia.
Può il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) archiviare un caso per un reato o per persone diverse da quelle indicate nella richiesta del Pubblico Ministero?
No, la sentenza chiarisce che il GIP non può estendere l’ambito di un’archiviazione a reati o persone non espressamente contemplate nella richiesta del PM. Un atto del genere costituisce un’archiviazione coatta, che è considerata un provvedimento abnorme perché viola l’autonomia dell’accusa.
Cosa si intende per ‘provvedimento abnorme’ nel contesto di questa sentenza?
Un provvedimento abnorme è un atto del giudice che esorbita dai poteri che la legge gli conferisce, creando una paralisi del procedimento non risolvibile con i normali mezzi di impugnazione. In questo caso, l’ordinanza del GIP è abnorme perché ha invaso la sfera di competenza esclusiva del Pubblico Ministero.
Qual è la conseguenza di un’ordinanza di archiviazione ritenuta abnorme dalla Cassazione?
La Corte di Cassazione annulla senza rinvio il provvedimento abnorme. Di conseguenza, gli atti vengono restituiti al giudice delle indagini preliminari affinché il procedimento possa riprendere il suo corso corretto, nel pieno rispetto delle competenze e dei ruoli stabiliti dal codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11976 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11976 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI SAVONA nei confronti di:
COGNOME NOME nato a CEVA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN GAVINO MONREALE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CEVA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/07/2023 del GIP TRIBUNALE di SAVONA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato;
2
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il GIP del Tribunale di Savona, nel rigettare una richiesta di archiviazione, ordinava al Pubblico Ministero di elevare, entro dieci giorni, l’imputazione nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per il reato di cui all’art. 588, comma 2, cod. pen., rilevando che dalla lettura degli atti emergeva che a carico dei soggetti italiani già identificati nel procedimento iscritto a carico di ignoti per lesioni e danneggiamento e ivi indicati come persone offese emergevano i presupposti per la configurazione di una rissa con loro, da una parte, e alcuni giovani albanesi da un’altra, almeno uno dei quali identificato nella persona di COGNOME. cui
Contro tale provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Savona deducendone l’abnormità poiché l’imputazione coatta non potrebbe riguardare fatti di reato non configurati nella prospettazione accusatoria rispetto alla quale si è richiesta l’archiviazione né estendere l’imputazione a carico di soggetti non indagati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
La pronuncia impugnata si pone infatti in contrasto con i principi, cui il collegio intende conformarsi, espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte per i quali, poiché in tema di provvedimenti del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta di archiviazione, le disposizioni contenute nell’art. 409, comma 4 e 5, cod. proc.pen., devono formare oggetto di rigorosa interpretazione, al fine di evitare qualsiasi ingerenza dell’organo giudicante nella sfera di autonomia della pubblica accusa, costituisce atto abnorme, in quanto esorbita dai poteri del giudice per le indagini preliminari, sia l’ordine d’imputazione coatta emesso nei confronti di persona non indagata, sia quello emesso nei confronti dell’indagato per reati diversi da quelli per i quali il pubblico ministero aveva richiesto l’archiviazione, potendo in questi casi il GIP limitarsi ad ordinare le relative iscrizioni nei registri di cui all’art. 335 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, P.M. in proc. L. e altro, Rv. 257786 – 01).
Ebbene, nella fattispecie in esame, risulta che, discostandosi dai richiamati canoni interpretativi, a fronte dell’iscrizione di un procedimento a carico di ignoti per delitti di danneggiamento e lesioni dei quali il Pubblico Ministero aveva richiesto l’archiviazione, il GIP del Tribunale di Savona ha ordinato l’imputazione coatta di soggetti precisamente individuati e per un fatto di reato differente da
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quello di lesioni ipotizzato nella prospettazione accusatoria, ossia quello di rissa aggravata.
L’ordinanza impugnata, pertanto, va annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Savona per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024