Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27494 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27494 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
– Presidente –
NOME
UP – 20/06/2025 R.G.N. 8561/2025
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il giorno 16/9/1976 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
avverso la sentenza in data 10/9/2024della Corte di Appello di Venezia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che e stata richiesta la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e di quella del Tribunale di Verona del 28 marzo 2023 con trasmissione degli atti al G.u.p. di Verona per un nuovo giudizio;
udito il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 10 settembre 2024 la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza in data 28 marzo 2023 del Tribunale di Verona con la quale NOME COGNOME era stato ritenuto responsabile dei seguenti reati:
delitto di cui all’art. 100, comma 14, d.lgs. n. 285/1992 (in relazione agli artt. 482 e 477 cod. pen. e 61 n. 2 cod. pen. (commesso in luogo non noto in data anteriore al 20 aprile 2018);
delitto di cui agli artt. 110 e 482 cod. pen. (in relazione agli artt. 476, commi 1 e 2, 61 n. 2 cod. pen. (commesso in luogo non noto in data anteriore al 27 aprile 2018);
delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen. (commesso in Roma il 20 aprile 2018);
delitto di cui agli artt. 110, 48 e 479 cod. pen. (commesso in Verona il 2 maggio 2015).
In sintesi, si contesta all’imputato di avere falsificato le targhe di un’autovettura apponendole su altre di identico modello (capo 1), di avere formato una falsa procura rilasciata dall’azienda RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE a firma di un notaio (capo 2), di avere compiuto sull’autoveicolo sopra menzionato, mediante l’apposizione di un falso numero di telaio e
delle targhe, operazioni atte ad ostacolare la provenienza delittuosa del veicolo (capo 3), nonchØ di avere venduto e consegnato a NOME COGNOME l’autovettura sopra menzionata avente le caratteristiche e con la falsa documentazione sopra menzionata così traendo in inganno l’acquirente successivo del veicolo (NOME COGNOME e gli addetti all’Ufficio della Motorizzazione che pertanto iscrivevano il relativo acquisto nel Pubblico Registro Automobilistico, attestando falsamente fatti dei quali l’atto era destinato a provare la verità (capo 4).
All’imputato risulta essere stata contestata la recidiva specifica ed infraquinquennale ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. pen.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo, con un unico articolato motivo: violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 178, comma 1, lett. c), 179 e 420-bis cod. proc. pen., perchØ la Corte di appello non ha rilevato la nullità della dichiarazione di assenza (e del successivo decreto che dispone il giudizio innanzi al Tribunale di Verona) resa dal Giudice dell’udienza preliminare che ebbe a dichiarare l’imputato ‘libero-assente’ mentre lo stesso era in stato di detenzione.
Rappresenta al riguardo la difesa del ricorrente che il COGNOME Ł stato detenuto in carcere dal 3 dicembre 2020 al 23 giugno 2022, data ultima nella quale Ł stato tradotto presso la propria abitazione a seguito della concessione del regime di detenzione domiciliare per ragioni di salute. Ne consegue che l’odierno ricorrente era ristretto in carcere all’atto dello svolgimento della prima udienza preliminare (25 maggio 2022), nonchØ in detenzione domiciliare nel corso delle successive udienze preliminari (27 settembre 2022 e 28 marzo 2023) essendo tornato in piena libertà solo nel novembre 2024.
L’erronea dichiarazione di assenza dell’imputato comporta una nullità assoluta ed insanabile dell’udienza preliminare e di tutti gli atti successivi.
La Corte di appello, nonostante che la questione fosse stata dedotta in sede di gravame non motivava sulla questione della nullità della dichiarazione di assenza dipendente dallo stato detentivo dell’imputato ma si concentrava esclusivamente sul tema della conoscenza della pendenza del giudizio a suo carico il che comporterebbe anche un vizio di motivazione della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non Ł fondato.
La Corte di appello al fine di dare risposta alla eccepita nullità della sentenza per erronea dichiarazione di assenza dell’imputato durante il processo di primo grado, nel dare risposta alla relativa questione prospettata con i motivi aggiunti, ha, innanzitutto, evidenziato (v. pagg. 9 e 10 della sentenza impugnata) la presenza negli atti del procedimento di un verbale datato 8 ottobre 2021 di identificazione dell’allora indagato con nomina da parte dello stesso di un difensore di fiducia nella persona dell’avv. NOME COGNOME ed elezione di domicilio presso lo studio del difensore il tutto preceduto dal fatto che al COGNOME era stato notificato ‘a mani proprie’ l’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.
Sempre la Corte di appello ha, poi, anche rappresentato che a seguito della rinuncia al mandato del predetto difensore veniva nominato all’imputato un difensore di ufficio e, poi, fissata l’udienza preliminare nel corso della quale l’imputato veniva dichiarato assente.
La Corte territoriale riteneva quindi che l’imputato avesse piena conoscenza del procedimento e che corretta sia stata la dichiarazione di assenza dello stesso.
Occorre rilevare che nel passato si erano riscontrati due orientamenti giurisprudenziali opposte in relazione alla problematica sottoposta a questa Corte nel presente procedimento.
Un primo orientamento, nel richiamare i principi espressi da Sez. U, n. 37483 del 26/09/2006, Arena, Rv.234599 – 234600 e Sez. U, n. 35399 del 26/06/2010, F., Rv.247835- 247837, riteneva che l’imputato, già citato a giudizio in stato di libertà, e successivamente tratto in arresto e detenuto per altra causa, versa in stato di legittimo impedimento, qualora non ne sia ordinata la traduzione, per cui non può procedersi in sua assenza, ove non sia espressa rinuncia a presenziare al giudizio, conseguendone altrimenti la nullità di tutti gli atti compiuti senza che egli abbia avuto modo di partecipare allo stesso (Sez. 2, n. 8098 del 10/02/2016, COGNOME, Rv. 266217; Sez. 4, n. 19130 del 14/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263490; Sez. 6, n. 2300 del 10/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258246).
Secondo un diverso indirizzo esegetico, invece, si era ritenuto che Ł onere dell’imputato, regolarmente citato in stato di libertà e dichiarato contumace (o assente), segnalare tempestivamente al giudice il suo sopravvenuto stato di detenzione, se non desumibile dagli atti nØ altrimenti comunicato, e la sua volontà di prendere parte al giudizio, non potendo egli, in caso contrario, invocare “a posteriori” la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello per non avere potuto partecipare al processo (Sez. 2, n. 27817 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276563; Sez. 2, n. 30258 del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 270594; Sez. 2, n. 17810 del 09/04/2015, COGNOME, Rv. 263532).
Sulla problematica sono ancora intervenute in tempi piø recenti le Sezioni Unite (Sez. U, n. 7635 del 30/09/2021, dep. 2022, Costantino, Rv. 282806, in motivazione) che, ancorchØ chiamate a pronunciarsi sulla equiparabilità ai fini della valutazione dell’impedimento a comparire della restrizione domiciliare a quella carceraria, hanno chiarito quanto segue:
«Il giudice che procede, nell’ipotesi in cui emerga, in qualsiasi modo, dagli atti la circostanza che l’imputato, libero nel suo procedimento, sia in condizione di restrizione di qualsiasi natura per altra causa, deve attivarsi a disporre l’ordine di traduzione, ed il rinvio del procedimento, qualora tale ordine non sia eseguibile per l’udienza già fissata – nell’ipotesi in cui tale conoscenza sia acquisita nell’immediatezza della prima udienza e non sia possibile procedere utilmente all’emissione dell’ordine per quella data – con correlato obbligo di rinnovo dell’avviso.
Nel caso in cui, invece, tale condizione non emerga dagli atti non può che farsi carico all’imputato correttamente citato, o al suo difensore, di comunicare la condizione di restrizione sopraggiunta, che abbia effetto impeditivo della libertà di accesso all’udienza. Invero, a fronte della certezza della corretta citazione, nel rispetto della previsione di cui all’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., sarebbe impensabile, sul piano funzionale, gravare l’ufficio che procede di ricerche negli istituti carcerari o presso gli uffici giudiziari in ordine allo stato di restrizione, carceraria o domiciliare, in tutti i casi in cui l’imputato, libero per il procedimento in corso, non compaia. L’obbligo di procedere al rinvio ed alla traduzione dell’interessato per la nuova udienza si realizza in tal caso solo ove la condizione di restrizione sia portata a conoscenza del giudice entro le formalità di apertura del dibattimento, fase funzionale all’accertamento delle regolare costituzione delle parti; ne consegue che Ł consentito procedere in assenza solo ove risulti la corretta citazione dell’interessato, e, qualora non sia stata formulata espressa rinuncia alla partecipazione, non emerga alcun impedimento alla comparizione, condizioni che, congiuntamente valutate, permettono di concludere per la volontaria sottrazione al processo e ne consentono la sua regolare instaurazione. Conferma della utilità della comunicazione eseguita in udienza, nel termine indicato, si trae dalla mancanza di un obbligo di tempestività della segnalazione dell’impedimento, previsto dall’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen. solo con riferimento all’impedimento del difensore.
In assenza della comunicazione o della rilevabilità dagli atti processuali della condizione di restrizione domiciliare, la corretta costituzione del rapporto processuale esclude che il successivo accertamento di tale preesistente condizione possa assumere valenza invalidante dell’attività processuale antecedente a tale conoscenza: all’impossibilità per chi procede di accertare ogni ipotetica causa di assenza, anche se non dedotta, fa da contraltare l’onere, per chi ha ricevuto notizia diretta della citazione, di veicolare al proprio giudice l’informazione inerente alla sua condizione di restrizione, onere che, in difetto di deduzione di cause impeditive della comunicazione entro la prima udienza, esclude ogni rilevabilità successiva di causa di nullità, non esposta, nØ altrimenti nota al giudicante.
Pertanto, in assenza di risultanze o comunicazioni che giustifichino la presenza di impedimenti, l’accertamento di regolare costituzione delle parti, effetto del controllo conclusosi con esito positivo sulla conoscenza da parte dell’interessato sia dell’accusa elevata, che della data e del luogo del processo, rende legittimo il procedimento in assenza.
Come si accennava, a tutela della tenuta complessiva delle garanzie, il sistema prevede rimedi all’assenza dell’imputato, anche nelle fasi processuali successive, che gli consentono il recupero dei diritti di partecipazione, a condizione che sia successivamente portata a conoscenza del giudice che procede la presenza di condizioni impeditive, quali l’impossibilità di comunicazione dell’impedimento a comparire alla prima udienza, determinata da caso fortuito o forza maggiore, o altro legittimo impedimento, la cui manifestazione sia intervenuta con ritardo non imputabile a colpa, o l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo secondo la previsione dell’art. 420-bis, comma 4, cod. proc. pen. Pertanto, se nel corso del processo l’interessato porta a conoscenza dell’autorità procedente l’impedimento derivante dalla sua restrizione, carceraria o domiciliare, esistente fin dalla prima udienza, ove tale deduzione sia accompagnata dalla prova della presenza di condizioni impeditive della comunicazione entro la prima udienza di comparizione, inquadrabili nelle situazioni eccezionali richiamate, sarà revocata la dichiarazione di assenza e l’interessato sarà rimesso in termini per l’esercizio dei diritti di cui all’art. 420-bis, comma 4, cod. proc. pen.
Al contrario, se l’esplicitazione di tale impedimento, sia preesistente che sopraggiunto nel corso del processo, emerga dagli atti o sia comunicato, dall’interessato o dal difensore, in un momento successivo a quello della costituzione delle parti, fermo l’obbligo per il giudicante di disporre la traduzione, per consentire la partecipazione alle udienze successive alla notizia acquisita, l’imputato parteciperà al processo senza possibilità di recuperare le facoltà cui ha rinunciato non intervenendo, in quanto in tal caso non emerge che la decisione di non comparire alla prima udienza non sia stata libera».
Alla luce di quanto premesso e dei principi sopra enunciati, non risultando che l’imputato od il suo difensore abbiano comunicato al G.u.p. od al Tribunale lo stato di restrizione della libertà (dapprima in carcere e poi in detenzione domiciliare) per altra causa e non emergendo elementi tali da ritenere (per le ragioni già evidenziate dalla Corte di appello) che l’imputato non sia stato posto a conoscenza delle accuse e del giudizio celebrato nei suoi confronti, il ricorso non può essere accolto.
La Corte di appello (v. pagg. 9 e 10 della relativa sentenza) ha quindi correttamente risposto alla doglianza reiterata nel ricorso qui in esame.
A nulla rileva, poi, il fatto che la Corte di appello, una volta informata con l’atto di gravame, risulta aver dato atto al momento della propria decisione che l’imputato era detenuto per altra causa consentendogli di partecipare da remoto in videocollegamento alla relativa udienza in quanto non risulta nØ Ł stato provato che tale circostanza fosse stata portata a conoscenza del G.u.p. e del Tribunale.
NØ, infine, risulta che l’imputato presente in videocollegamento nel corso del giudizio di appello abbia formulato istanze di natura probatoria affermando di non averle potute proporre in primo grado.
Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 20/06/2025 Il Consigliere estensore NOME
Il Presidente NOME COGNOME