Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18816 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18816 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Albenga il 05/08/1980
avverso l’ordinanza del 14/11/2024 del Tribunale di La Spezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
n
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14/11/2024, il Tribunale di La Spezia rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di La Spezia in data 16/10/2024, ai sensi degli artt.240-240bis cod.pen., 12bis e 12ter dlgs 74/2000, in relazione al reato di cui agli artt. 416 cod.pen. ed a plurimi reati tributari.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli artt. 240,240bis cod.pen. e degli artt. 12bis e 12ter d.lgs 74/2000.
Argomenta che il Tribunale del riesame aveva errato nell’accogliere, da un lato, l’istanza di restituzione dei veicoli in sequestro e respingendo, dall’altro, quella di restituzione del denaro; espone che il ricorrente era indagato unicamente per il reato di cui all’art. 416, commi 2 e 5, cod.pen’ quale prestanome della RAGIONE_SOCIALE e che, quindi, non era stato attinto da una contestazione finanziaria relativa al d.lgs 74/2000; per tale motivo, difettando la contestazione di un reato tributario, il Tribunale avrebbe dovuto annullare anche il sequestro riguardante il denaro della RAGIONE_SOCIALE, sia diretto che per equivalente.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il Pg ha depositato requisitoria scritta; il difensore del ricorrente ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente lamenta che erroneamente il Tribunale aveva disatteso la richiesta di annullamento del decreto di sequestro preventivo in capo alla società RAGIONE_SOCIALE difettando la contestazione in capo al ricorrente di un reato tributario.
In tal modo, il ricorrente lamenta aspetti non invocabili perché inerenti a diritti di soggetto diverso, nella specie la RAGIONE_SOCIALE quale unico titolare del diritto alla restituzione dei beni (cfr in motivazione Sez.U, n. 13539 del 30/01/2020, che hanno anche richiamato Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015, Poli, Rv. 266141, sia pure con riferimento alla dichiarata inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento di confisca di beni formalmente intestati a terzi dal soggetto presunto interponente, che assuma invece la titolarità effettiva ed
esclusiva dei beni in capo al terzo intestatario, in quanto la legittimazione all’impugnazione spetta solo a quest’ultimo, quale unico soggetto avente, in ipotesi, diritto alla restituzione del bene; nonchè Sez.5, n. 18508 del 16/02/2017, Rv.270209 – 02, che ha affermato che è inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto avverso la confisca di un bene da parte dell’imputato del reato in riferimento al quale la confisca viene disposta, che non sia titolare o gestore del bene stesso; in senso conforme Sez.5, n.18508 del 16/02/2017, Rv. 270209 02).
Il ricorso, infatti, è stato proposto in proprio dal COGNOME e non anche quale legale rappresentante della predetta società, caso in cui avrebbe dovuto, peraltro, anche munirsi di procura speciale.
Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez.1, n. 6779 del 08/01/2019, Rv.274992 01). E’ ciò che questa Corte ha affermato in fattispecie sovrapponibile a quello in esame, dichiarando inammissibile per carenza di interesse il ricorso dell’indagato per la restituzione di beni in sequestro di proprietà di una società in accomandita, in quanto, sebbene egli ne fosse il legale rappresentante, aveva presentato il ricorso in proprio (Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017 – dep. 13/10/2017, COGNOME e altri, Rv. 271231.
In un’altra pronuncia – Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016 – dep. 10/03/2016, COGNOME, Rv. 266713 – si è ribadita la necessità di un interesse concreto ed attuale dell’indagato, non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare, che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro ( in motivazione, la Corte ha precisato che il principio trova fondamento non solo nelle norme settoriali che disciplinano le impugnazioni cautelari reali, artt. 322 e 322-bis cod. proc. pen., ma anche in quelle generali sull’interesse all’impugnazione, artt. 538, comma quarto, e 591, comma primo, lett. a),cod. proc. pen.).
E quanto alla necessità della procura speciale al difensore della società, si veda Sez. 5, n. 9435 del 10/11/2011 – dep. 12/03/2012, COGNOME, Rv. 251997, secondo cui il difensore dell’indagato che sia anche legale rappresentante della società titolare dei beni sottoposti a sequestro preventivo, non è legittimato a proporre richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare per conto della persona giuridica, qualora il proprio assistito non gli abbia all’uopo preventivamente conferito apposita procura speciale.
3. Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura di euro tremila, ritenuta equa
in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 08/04/2025