Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5012 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 3 Num. 5012 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Teramo, nei confronti di
Di NOMECOGNOME nata a Sant’Omero il 1 . 4/03/1995 avverso la sentenza del 24/01/2024 del Tribunale di Teramo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il provvedimento impugnato sia annullato con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 gennaio 2024, il Gup del Tribunale di Teramo ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti dell’imputata, in relazione al reato di cui agli artt. 81 cod. pen., 2, comma 1, lettera b) , n. 3), e 7, comma 1, del d.l. n. 4 del 2019, convertito dalla legge n. 26 del 2019 – a lei ascritto perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nelle dichiarazioni sostitutive
uniche per la richiesta del beneficio di cui all’art. 1 dello stesso decreto, ometteva di dichiarare le vincite da gioco conseguite nel corso degli anni 2017 e 2018, pari, rispettivamente, ad euro 10.719,90 ed euro 12.112,00, così ottenendo l’erogazione del predetto sussidio, erogato dall’Inps, che le consentiva di percepire indebitamente, da maggio 2019 ad ottobre 2020 e da dicembre 2020 a maggio 2022 complessivi euro 20.275,54 – perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo, il quale denuncia l’inosservanza della legge penale, per avere il giudice di primo grado erroneamente ritenuto che, a partire dal 10 gennaio 2024, l’art. 7 del d.l. n. 4 del 2019 fosse abrogato ai sensi dell’art. 1, comma 318, della legge n. 197 del 2022. Nello specifico, non si sarebbe considerato che il d.l. n. 48 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 3 luglio 2023 – dopo avere riproposto, all’art. 8, commi 1 e 2, previsioni incriminatrici per le false od omesse comunicazioni concernenti l’ottenimento o il mantenimento dei nuovi benefici economici previsti dagli artt. 3 e 12 della legge sostanzialmente identiche a quelle già contenute nel citato art. 7 del medesimo decreto – prevede, ai sensi dell’art. 13, comma 3, che al beneficio di cui all’articolo 1 del decreto legge n. 4 del 2019, continuino ad applicarsi le disposizioni di cui al predetto art. 7, vigenti alla data in cui il beneficio è stato concesso, per i fat compiuti fino al 31 dicembre 2023.
3. In data 7 ottobre 2024, la difesa dell’imputata ha depositato memoria, con la quale, specificando ulteriormente le argomentazioni sostenute nel provvedimento impugnato, ne ribadisce la legittimità e chiede che il ricorso venga rigettato ,sul rilievo che, data l’eterogeneità strutturale e l’assenza di un rapporto di specialità tra il reddito di cittadinanza e quello di inclusione – cui fa o riferimento l’art. 8 del dl. n. 48 del 2023 – sarebbe impossibile ravvisare un fenomeno di continuità normativa con la previgente fattispecie. Nello specifico, sostiene il difensore che, con l’abrogazione del reddito di cittadinanza, si sarebbe verificato un fenomeno di abrogati° cum abolitio, tale per cui l’unico precetto che potrebbe ritenersi suscettibile di sopravvivere, grazie all’espansione di altra fattispecie preesistente; sarebbe quello dell’indebita percezione di cui -all’art. 316ter cod. pen., tuttavia non applicabile con riferimento al reddito di cittadinanza, posto che mai i ratei di tale beneficio potrebbero condurre a superare la soglia di rilevanza penale di euro 3.999,968.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’impugnazione va riqualificata come appello, non potendo essere considerata come ricorso per saltum, poiché la sentenza ex art. 425 cod. proc. pen. è esclusivamente appellabile e non trova applicazione l’art. 560, comma 1, cod. proc. pen., che consente il ricorso immediato per cassazione alla parte che ha diritto di appellare la sentenza di primo grado, individuata esclusivamente nella sentenza che definisce nel merito il primo grado di giudizio, ovvero avverso altre tipologie di decisione espressamente previste (Sez. 5, n. 18305 del 23/01/2019, Rv. 275917).
Decisive, al riguardo, sono due considerazioni. Da un lato, l’art. 428 cod. proc. pen., prima della modifica normativa introdotta dalla legge n. 46 del 20 febbraio 2006, prevedeva espressamente la possibilità del ricorso immediato per cassazione ai sensi dell’art. 569 cod. proc. pen., mentre, con la novella ex lege n. 103 del 23 giugno 2017, attribuendo nuovamente alla Corte di appello la competenza a decidere sulle impugnazioni ex art. 428 cod. proc. pen., non ha più menzionato tale possibilità. Dall’altro, quando il legislatore ha inteso estendere la facoltà del ricorso immediato oltre i limiti di cui all’art. 569 cod. proc. pen., lo h fatto espressamente, indicando la possibilità di impugnazione diretta in cassazione con un’apposita previsione normativa (Sez. 3, n. 5452 del 27/10/2022, dep. 2023, Rv. 284138).
A ciò si aggiunga il rilievo della natura processuale della sentenza di non luogo a procedere (Sez. 5, n. 27823 del 19/04/2017, Rv. 270557, in motivazione) come tale suscettibile di revoca per il sopravvenire o per la scoperta di nuove fonti di prova che possano determinare il rinvio a giudizio – la quale rende del tutto logica e razionale la modifica del regime dell’impugnazione, con la reintroduzione dell’appellabilità esclusiva e con la solo successiva ricorribilità in cassazione per violazione di legge, a fronte di una doppia conformità delle decisioni precedenti (Sez. 5, n. 33086 del 10/05/2024, n. 286805).
D’altro canto, la Corte di appello è chiamata a decidere sulla sentenza di natura processuale ex art. 425 cod. proc. pen. con una deliberazione prognostica sull’esito del dibattimento, afferente alla valutazione dei fatti emersi dalle indagini, che si conforma ad una delibazione propria del merito e non consona al giudizio di legittimità, come correttamente è stato osservato in dottrina. In caso di accoglimento dell’appello da parte dell’organo d’accusa, peraltro, la Corte di secondo grado non provvede con sentenza, bensì emette il decreto che dispone il giudizio, sostituendosi al Gup, con evidente maggiore garanzia quanto al rispetto del principio della ragionevole durata del processo, non assicurato, invece, dall’annullamento della sentenza di non luogo a procedere da parte della Corte di
cassazione, che richiederebbe comunque la trasmissione degli atti ad altro Gup, per un’ulteriore udienza preliminare.
Né, infine, appare ultroneo segnalare che la circostanza che l’espressione «sentenza di primo grado» – riportata dall’art. 569, comma 1, cod. proc. pen. sia indicativa solo di una pronuncia conclusiva del primo grado di giudizio di merito, emerge anche dalle norme che la impiegano con univoco significato: a titolo esemplificativo, l’art. 114 cod. proc. pen. rende pubblicabili gli atti del fascicolo del dibattimento, dopo la sentenza di primo grado, il che presuppone lo svolgimento del dibattimento; l’art. 160, comma 2, cod. proc. pen., attribuisce efficacia al decreto di irreperibilità per l’udienza preliminare e per la notifica del decreto che dispone il giudizio fino alla pronuncia della sentenza di primo grado; l’art. 600, comma 1, cod. proc. pen., in relazione al diniego o all’omessa pronuncia sulla richiesta di provvisoria esecuzione, prevede che la parte civile possa riproporla con l’impugnazione della sentenza di primo grado, che non può essere quella di non luogo a procedere, che non decide sulle statuizioni civili. Residua, dunque, solo un caso in cui è proponibile il ricorso per cassazione ed è quello ampliato ai reati – e non più solo alle contravvenzioni – e alla multa – e non più solo all’ammenda – a seguito della modifica apportata al comma 3-quater dell’art. 428 cod. proc. pen. dall’art. 23, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022, il quale sancisce l’inappellabilità delle sentenze di non luogo a procedere relative a reati punti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa. Modifica, questa, che è coerente con quella generale apportata al medesimo decreto legislativo all’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., che amplia i casi di inappellabilità della sentenza, andando ad includere, accanto alle sentenza di. condanna alla pena dell’ammenda e quelle di proscioglimento per contravvenzioni punite con la pena dell’ammenda o con la pena alternativa, le sentenze di condanna con le quali sia stata applicata la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità e quelle di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con una pena alternativa, in relazione alle quali è proponibile il solo ricorso per cassazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alla luce di tali considerazioni, deve dunque ribadirsi il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la sentenza di non luogo a procedere, in quanto soggetta ai mezzi di impugnazione indicati nell’art. 428 cod. proc. pen., successivamente all’entrata in vigore della legge n. 103 del 23 giugno 2017, deve ritenersi unicamente appellabile e non anche ricorribile in cassazione per saltum, essendo tale facoltà riconosciuta dall’art. 569 cod. proc. pen. esclusivamente nei confronti della sentenza che definisce, nel merito, il giudizio di cognizione di primo grado, sicché il ricorso proposto in sede di legittimità deve
essere qualificato come appello (ex multis, Sez. 5, n. 33086 del 10/05/2024, n. 286805; Sez. 4, n. 27526 del 09/05/2018, Rv. 272963; Sez. 4, n. 34872 del 21/06/2018, Rv. 273426; Sez. 4, n. 29520 del 28/06/2018, Rv. 272967).
Ne consegue che il ricorso della Procura generale della Repubblica presso il Tribunale di Teramo va qualificato come appello ex art. 568, comma 5, cod. proc. pen., con trasmissione degli atti alla Corte di appello di L’Aquila, per il giudizio ai sensi dell’art. 428, comma 3, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come appello, dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di L’Aquila.
Così deciso il 22/10/2024.