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Impugnazione sentenza: conversione del ricorso in appello

Una militare veniva prosciolta dall’accusa di simulazione di infermità per improcedibilità dell’azione, a seguito della riqualificazione del reato da parte del GUP. Il Procuratore militare proponeva ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile come tale, ma, in applicazione del principio del ‘favor impugnationis’, lo ha riqualificato come appello, trasmettendo gli atti alla Corte militare di appello. La decisione chiarisce le regole procedurali sull’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’impugnazione della sentenza: la Cassazione converte il ricorso in appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulle corrette modalità di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere. Nel caso specifico, i giudici hanno riqualificato un ricorso per cassazione in appello, applicando il principio di conservazione degli atti giuridici. Analizziamo i dettagli di questa vicenda processuale, fondamentale per comprendere i meccanismi del nostro sistema giudiziario.

I Fatti del Caso: La Simulazione di Malattia

Il caso ha origine dalla vicenda di una giovane allieva carabiniere. La militare era stata accusata del reato di simulazione di infermità (previsto dall’art. 159 del codice penale militare di pace) per aver finto di avere problemi dentali, ottenendo così una prognosi di due giorni per sottrarsi temporaneamente al servizio. L’accusa si basava sul fatto che, proprio in uno di quei giorni di presunta malattia, la donna si era imbarcata su un volo diretto a Bruxelles.

La Decisione del Giudice di Primo Grado

Il Giudice dell’udienza preliminare (GUP) del Tribunale Militare di Napoli ha ritenuto che i fatti non configurassero il più grave reato di simulazione di infermità volto a sottrarsi al servizio militare nel suo complesso. Ha invece riqualificato il reato in una fattispecie meno grave, prevista dall’art. 161 del codice penale militare di pace, che punisce chi simula un’infermità per sottrarsi a uno specifico dovere di servizio.

Questa riqualificazione ha avuto una conseguenza decisiva: il reato ex art. 161, a differenza di quello inizialmente contestato, non è procedibile d’ufficio ma richiede una specifica condizione di procedibilità, ovvero la richiesta del comandante di corpo. In assenza di tale richiesta, il GUP ha emesso una sentenza di non luogo a procedere per improcedibilità dell’azione penale.

Il Ricorso e la corretta impugnazione della sentenza

Contro questa decisione, il Procuratore Generale militare ha proposto ricorso direttamente in Cassazione. Il motivo del ricorso si basava su un’erronea applicazione della legge penale, sostenendo che la riqualificazione del reato fosse sbagliata e che il fatto dovesse rimanere inquadrato nella fattispecie più grave, procedibile d’ufficio.

La questione centrale, tuttavia, non era tanto nel merito della qualificazione del reato, quanto nella forma dell’impugnazione scelta. La difesa dell’imputata ha infatti chiesto il rigetto del ricorso, mentre il Procuratore Generale presso la Cassazione ha chiesto la conversione del ricorso in appello e la sua trasmissione alla Corte militare di appello.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta di conversione, dichiarando che il ricorso diretto non era ammissibile. I giudici hanno chiarito che, a seguito delle modifiche legislative (in particolare la legge n. 103 del 2017 e la Riforma Cartabia), la sentenza di non luogo a procedere è impugnabile esclusivamente tramite appello e non con ricorso diretto per cassazione, salvo casi eccezionali qui non ricorrenti.

La Corte ha spiegato che, mentre in passato esisteva la possibilità di un ricorso immediato, il legislatore l’ha eliminata, attribuendo la competenza a decidere sull’impugnazione alla Corte d’Appello. Se il legislatore avesse voluto mantenere la possibilità del ricorso diretto, lo avrebbe specificato espressamente, come ha fatto in altre ipotesi normative.

Basandosi sul principio del favor impugnationis, che favorisce la conservazione degli atti giuridici, la Corte ha deciso di non rigettare semplicemente il ricorso. Invece, lo ha riqualificato come appello, ordinando la trasmissione degli atti alla Corte militare di appello, che sarà il giudice competente a decidere nel merito sulla correttezza della riqualificazione del reato operata dal GUP.

Conclusioni: L’importanza del Principio di Conservazione degli Atti

Questa ordinanza ribadisce un principio procedurale di grande importanza: la scelta del corretto mezzo di impugnazione è cruciale. Un errore nella forma può portare all’inammissibilità del gravame. Tuttavia, il principio di conservazione degli atti (favor impugnationis) permette al sistema di ‘salvare’ un’impugnazione presentata in modo errato, convertendola in quella corretta, garantendo così che il merito della questione possa essere esaminato dal giudice competente. La vicenda, dunque, non è ancora conclusa e sarà la Corte militare di appello a stabilire se la condotta della militare debba essere giudicata o meno.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione una sentenza di non luogo a procedere?
No, di regola la sentenza di non luogo a procedere emessa al termine dell’udienza preliminare è impugnabile soltanto mediante appello presso la competente Corte d’Appello. Il ricorso diretto per cassazione non è più ammesso, salvo ipotesi eccezionali non applicabili al caso di specie.

Cosa accade se si presenta un ricorso per cassazione invece di un appello contro una sentenza di non luogo a procedere?
Il ricorso è inammissibile come ricorso per cassazione. Tuttavia, in applicazione del principio del ‘favor impugnationis’ (principio di conservazione degli atti di impugnazione), la Corte di Cassazione può qualificarlo come appello e disporre la trasmissione degli atti alla Corte d’Appello competente per il giudizio.

Qual è la differenza tra il reato di simulazione di infermità (art. 159 c.p.m.p.) e la fattispecie meno grave (art. 161 c.p.m.p.)?
Secondo la giurisprudenza citata, il reato più grave previsto dall’art. 159 c.p.m.p. si configura quando la simulazione ha lo scopo di sottrarsi alla prestazione del servizio militare in quanto tale. La fattispecie meno grave dell’art. 161 c.p.m.p., invece, si riferisce alla simulazione finalizzata a sottrarsi all’adempimento di singoli e specifici doveri del servizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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