Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26571 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26571 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/06/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso riportandosi alle conclusioni scritte già formulate; uditi per NOME COGNOME i difensori, avvocato NOME COGNOME e avvocato NOME COGNOME i quali, si sono riportati alle memorie in atti e hanno chiesto di dichiarar inammissibile ovvero rigettare il ricorso del Pubblico Ministero.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Pubblico Ministero presso il Tribunale di Siracusa chiede l’annullamento dell’ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Catania ha rigettato l’appello proposto dal Pubblico Ministero nei confronti di NOME COGNOME nei confronti del quale si procede ad indagini per il reato di corruzione (artt. 319-321 cod. pen.).
NOME COGNOME in qualità dbliMIittdi pubblico ufficiale, membro della commissione IPPC (“Integrated Pollution Prevention and Control”, ovvero commissione per “Prevenzione e Riduzione Integrate dell’Inquinamento”) istituita presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, organo incaricato di procedere all’esame delle autorizzazioni integratil, ambientale’ (AIA) della RAGIONE_SOCIALE e di altre società operanti nel polo petrolchimico di Siracusa, accettava da parte di NOME COGNOME che agiva nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, la promessa di assunzione per un tirocinio di alta formazione all’estero in favore della figlia e di una sua amica presso il gruppo RAGIONE_SOCIALE, per il compimento di atti contrari al dovere dell’ufficio. Segnatamente tali atti contrari consistevano nell’operare per far sì che la commissione di cui il COGNOME faceva parte estendesse illegittimamente la disciplina di maggior favore relativa ai limiti di emissione e alle modalità d monitoraggio, prevista dal d.m. 12 settembre 2023 (cosiddetto d.m. Bilanciamento) per le sole imprese dichiarate di interesse strategico nazionale, anche alle altre società operanti nel polo industriale siracusano non dichiarate di interesse strategico nazionale fra cui RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (capo 1. punto 1 del capo di imputazione; nonché di raccogliere e recepire le proposte di modifiche al P.I.C. già licenziato dal gruppo istruttore tesE a garantire a RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE un assetto autorizzatorio di ancora maggior favore, serbando condotte con le quali taceva gli incontri avuti con COGNOME e COGNOME e con analoghe formalità di riservatezza organizzava e prendeva parte ad una riunione telematica con i rappresentanti e i tecnici di RAGIONE_SOCIALE finalizzata ad ulteriormente definire e concordare le modifiche a vantaggio della società (capo 1, punto 3> della provvisoria imputazione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Pubblico Ministero, con motivi sintetizzati nei limiti strettament indispensabili ai fini della motivazione, chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata per erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione con riferimento alla ritenuta insussistenza del reato di corruzione propria, come ascritto al COGNOME al capo 1, nonché per violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata riqualificazione dei fatti come corruzione propria susseguente ovvero corruzione impropria, anche susseguente.
Con il primo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il Pubblico Ministero denuncia violazione di legge (in relazione agli artt. 319 e 321 cod. pen.). Sostiene che la decisione impugnata deve essere riformata nella parte in cui il giudice ha omesso di valutare la ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza in merito alle ipotesi di corruzione propria susseguente o in subordine di corruzione impropria, anche susseguente, poiché il Tribunale ha esaminato soltanto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di corruzione propria antecedente, escludendola senza tuttavia verificare se gli elementi di prova sottoposti alla sua valutazione potessero fondare gravi indizi di colpevolezza di diverse forme di manifestazione della corruzione. La decisione fatta propria dal Tribunale, che ha ricalcato quella del giudice per le indagini preliminari, è inficiata da un errore interpretativo di fondo, ossia quello di ritener che nelle ipotesi corruttive l’atto contrario debba trovare la propria causa nella utilità promessa o data. L’erroneità di tale assunto emerge dal tenore della disposizione di cui all’art. 319 cod. pen., nella parte in cui incrimina la corruzione cosiddetta susseguente caratterizzata dal riconoscimento di utilità postumo rispetto all’adozione dell’atto contrario. Ciò che rileva è, infatti, che l’utilità de trovare la propria causa nell’adozione dell’atto d’ufficio. Erroneamente il Tribunale ha ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza sul rilievo che l’atto d’uffi non poteva trovare la propria causa nell’utilità in quanto la prima prospettazione della intenzione del COGNOME di estendere le previsioni recate dalla disposizione in materia di bilanciamento a tutte le società del polo industriale era stata avanzata nell’ottobre del 2023 mentre la richiesta di interessamento rivolta dal COGNOME al COGNOME per far conseguire alla figlia il tirocinio con una società operante in ambito internazionale, doveva collocarsi al 7 novembre successivo. Tale ricostruzione è smentita dalle risultanze processuali e sussiste, invece, piena prova della contestualità tra l’adozione dell’atto contrario e l’utilità promessa, desumibile dal contenuto delle conversazioni intercettate presso il ristorante Maccheroni e l’iter della procedura amministrativa seguita dal COGNOME. Rileva, altresì, il contenuto di cw. una conversazione – con tale COGNOME <ch i due interlocutori consideravano la mancata verbalizzazione di una riunione che si era tenuta il 14 dicembre 2023 come "un caso esempio", per le ipotesi in cui non si intendessero formalizzare elementi di criticità nell'ambito del procedimento amministrativo. Pacifici sono, inoltre, tutti gli elementi probatori idonei a costituire il supporto probatorio sul contrarietà agli atti dell'ufficio della condotta tenuta dal COGNOME; sulla conoscenza di tale circostanza da parte del privato corruttore e della "contestualità" tra la promessa di utilità e il compimento dell'atto di ufficio. Del tutto irrilevante, invece la sproporzione tra atto e utilità. La valutazione del Tribunale dell'appello è erronea dovendo la sproporzione essere valutata al momento della iniziativa e non al Corte di Cassazione – copia non ufficiale
momento della esecuzione della promessa del privato o della sua attuazione nel corso del tempo. Il Tribunale ha trascurato gli altri rilievi logici che sono concludenti con l'accordo e ha valorizzato elementi eccentrici rispetto ai fatti da provare, richiamando giurisprudenza a tal fine irrilevante, tra i quali il rapporto di amicizia tra il pubblico funzionario e privato. Erronee anche le valutazioni del Tribunale nella parte in cui ha escluso di poter ricondurre la condotta al reato di corruzione per l'esercizio della funzione sul rilievo che non è sostenibile che l'interessamento per lo stage della figlia del COGNOME costituisse la remunerazione successiva della vendita dell'atto legittimo del pubblico funzionario.
Con il secondo motivo denuncia cumulativi vizi di motivazione dell'ordinanza impugnata nella parte in cui ha valorizzato, ai fini di escludere il reato di corruzione propria susseguente, elementi privi di alcuna efficacia dimostrativa (che il COGNOME non fosse espressione del management della RAGIONE_SOCIALE s.p.a. ma solo un consulente esterno; che non avesse un interesse ulteriore ultroneo all'adempimento dello specifico incarico ricevuto; il contenuto di una conversazione telefonica del 21 dicembre 2023 in cui il COGNOME neppure sembrava a conoscenza dello stato e complessità della procedura avviata dalla RAGIONE_SOCIALE, laddove il contenuto della conversazione denota la piena consapevolezza di entrambi gli attori della sottostante vicenda mentre gli elementi valorizzati dal Tribunale sono privi di efficacia dimostrativa. Né è congruente con le ipotesi di accusa che COGNOME, non avendo ricevuto un esplicito mandato a corrompere da parte del management della società, non avrebbe avuto ragione per esondare dal proprio ruolo offrendo utilità illecite al pubblico ufficiale poiché il ragionamento del Tribunale sconta un vizio logico di base e trascura che l'interesse personale del Ticali era quello di accrescere o consolidare la propria caratura professionale e la sua reputazione nell'ambiente di riferimento. Né rileva che, ai fini della prova del sinallagma corruttivo sia necessario un interessamento diretto del beneficiario ultimo dell'atto contrario. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla ipotesi di corruzione propria contestata al capo 1.3. che riguarda i favoritismi accordati da COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE.p.a. nella formulazione del PIC conclusivo del procedimento di riesame dell'autorizzazione ARAGIONE_SOCIALE e correlati all'utilità conseguita. Il giudice per le indagini preliminari ave riconosciuto svariati indici di oggettiva superficialità e verosimile erroneità tecnica nell'agire del COGNOME e questa valutazione è stata rapidamente accantonata dal Tribunale. Si tratta, invece, di elementi che, facendo corretta applicazione dei criteri individuati dalla giurisprudenza di legittimità nella enucleazione di "indic sintomatici della prova del nesso funzionale tra due prestazioni, depongono chiaramente per la sussistenza della contestata ipotesi di corruzione propria
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antecedente quali la contestualità temporale evidente tratti del pubblico agente infedele e utilità 1- questi corrisposte; la piena consapevolezza da parte del pubblico ufficiale del carattere anti doveroso degli atti compiuti in favore di chi corrispondeva l'utilità; la consapevolezza del privato che quelle utilità erano corrisposte in occasione del compimento di atti da parte del pubblico ufficiale infedele. Evidenzia, ancora una volta, che le conversazioni intercettate evidenziano come il Ticali si premuri di far conoscere dettagliati aggiornamenti sul suo prodigarsi per la soddisfazione delle aspettative dell'interlocutore: più che una prossimità temporale fra le due prestazioni vi è una vera e propria contestualità. Pienamente consapevole era, poi, il pubblico ufficiale del carattere antidoveroso degli atti da lui compiuti avendo diffusamente operato in termini di contrarietà ai doveri del proprio ufficio, in forza della concretizzazione dell'utilità riconosciutagl mentre era in corso il procedimento amministrativo di rilascio dell'AIA. di RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso del Pubblico Ministero è inammissibile per le ragioni illustrate nelle conclusioni scritte del Procuratore generale, richiamate all'odierna udienza, in merito alla strutturale inidoneità del ricorso a costituire il presupposto dell'esame sui gravi indizi di colpevolezza.
Costituisce affermazione della più risalente giurisprudenza di legittimità il principio per cui il Pubblico ministero che impugni l'ordinanza del Tribunale che, in sede di appello, abbia escluso il presupposto della gravità indiziaria deve indicare, a pena di inammissibilità per carenza di interesse, le ragioni a sostegno dell'attualità e concretezza delle esigenze cautelari giacché non può ravvisarsi l'interesse del Pubblico ministero ad affermazioni astratte, in specie in materia di gravità indiziaria, e deve inoltre escludersi che il Pubblico ministero abbia un interesse contrario a quello dell'indagato a vedersi riconosciuta la riparazione dell'ingiusta detenzione ex art 314 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 2386 del 24/6/1998, COGNOME, Rv. 212898).
Il principio è stato riaffermato nelle decisioni più recenti sia nel caso in cui in cui il Pubblico ministero impugni l'ordinanza che, in sede di riesame, abbia escluso il presupposto della gravità indiziaria (Sez. 6, n. 46129 del 25/11/2021, Pmt, Rv. 282355) sia in caso di appello, ex art. 310 cod. proc. pen., proposto dal Pubblico ministero che impugni l'ordinanza che abbia annullato la misura cautelare per difetto di gravità indiziarla (Sez. 6, n. 43948 del 21/09/2023, Pmt, Rv. 285400), principio vieppiù applicabile quando, come nel caso in esame, il Pubblico ministero
impugni l'ordinanza che conferma quella del giudice per le indagini preliminari sulla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
In entrambe le sentenze ora richiamate si è ribadito che l'impugnazione deve indicare, a pena di inammissibilità per carenza di interesse, le ragioni a sostegno dell'attualità e concretezza delle esigenze cautelari, fatta salva l'ipotesi in cui le esigenze cautelari possono ritenersi implicitamente sussistenti, nel caso in cui la misura sia stata richiesta con riguardo ai reati per i quali opera la presunzione di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Rileva il Collegio che qualsiasi impugnazione deve essere assistita da uno specifico e concreto interesse, di cui deve essere apprezzata l'attualità, interesse che in materia cautelare, con riguardo alla posizione del Pubblico ministero, deve essere correlato alla possibilità di adozione (o di ripristino) della misura richiesta: ciò significa che il Pubblico ministero deve, in linea di massima, fornire elementi idonei a suffragare l'attualità del suo interesse, in relazione alle condizioni di applicazione della misura fra le quali le esigenze cautelari, anche se il provvedimento impugnato non abbia esaminato taluno di quei presupposti.
Il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa non esamina l'aspetto della sussistenza, concreta e attuale, delle esigenze che renderebbero necessaria l'applicazione della misura cautelare, neppure indirettamente.
Il ricorrente si diffonde, infatti, nella disamina critica delle ragioni che Tribunale ha posto a fondamento del rigetto dell'appello e, nella stessa premessa, afferma che il ricorso verte sugli errori compiuti dal Tribunale nel ritenere insussistenti i gravi indizi di colpevolezza in relazione alle contestate ipotesi di corruzione propria antecedente e possibilità di riqualificazione dei fatti come corruzione propria susseguente ovvero corruzione impropria, antecedente o susseguente.
L'inquadramento compiuto dal ricorrente si pone in netto contrasto con i principi in materia di impugnazione secondo cui l'interesse ad impugnare, previsto in via generale dall'art. 568, comma 4, cod. proc. peri., non può risolversi in una pretesa, meramente teorica e formale, all'esattezza giuridica della decisione, senza riflessi in punto di utilità concreta, dovendo l'impugnazione essere sempre diretta al conseguimento di un risultato favorevole e che deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento oggetto dell'impugnazione (Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009, De Marino, Rv. 244110) e sussiste solo se l'impugnazione sia idonea a costituire, attraverso l'eliminazione del predetto provvedimento, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante.
Un principio che acquista particolare rilevanza nella materia cautelare perché il provvedimento è destinato ad avere effetti immediati e diretti sul diritto di libertà
della persona indagata e che la giurisprudenza più recente ha esteso anche al procedimento incidentale cautelare (Sez. 3, n. 30547 del 06/03/2019, Pmt, Rv.
276274), in coerenza con il generale principio della concretezza e attualità
dell'interesse all'impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 27 giugno 2025
La Consigliera relatrice
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