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Impugnazione PM: inammissibile senza esigenze cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di una misura interdittiva per un’assessora comunale accusata di turbativa d’asta. La decisione si fonda su un principio procedurale cruciale: l’impugnazione PM è inammissibile per carenza di interesse se si limita a contestare la valutazione sulla gravità degli indizi senza argomentare sulla sussistenza e attualità delle esigenze cautelari, ovvero il rischio concreto di reiterazione del reato o inquinamento probatorio.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione PM: Inammissibile se Manca la Prova delle Esigenze Cautelari

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 3663/2024) ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: un’impugnazione PM contro il rigetto o l’annullamento di una di queste misure è destinata all’inammissibilità se si concentra solo sulla gravità degli indizi, trascurando di argomentare sulla sussistenza delle esigenze cautelari. Questo caso offre un’importante lezione sulla completezza necessaria degli atti di impugnazione della pubblica accusa.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine a carico di un’assessora alle politiche sociali di un Comune, accusata del reato di turbativa d’asta in relazione a due diverse gare d’appalto. La prima riguardava l’affidamento della gestione di un ‘Centro diurno per minori’, che sarebbe stata ‘cucita su misura’ per favorire una specifica cooperativa. La seconda concerneva la gestione di un ‘Centro anziani’, dove l’assessora avrebbe garantito al vincitore che il Comune si sarebbe fatto carico di onerosi lavori di ristrutturazione non previsti dal bando, alterando così le condizioni contrattuali a vantaggio dell’aggiudicatario.

Sulla base di questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva applicato all’indagata la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio per nove mesi. Tuttavia, il Tribunale del Riesame, in accoglimento del ricorso della difesa, aveva annullato tale ordinanza, ritenendo insussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

L’Impugnazione PM e i Motivi del Ricorso

Contro la decisione del Riesame, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per cassazione. L’accusa, nel suo atto di impugnazione, si concentrava esclusivamente sulla valutazione degli indizi. Sosteneva che le intercettazioni e gli atti di indagine dimostrassero in modo pacifico la condotta illecita dell’assessora, volta a pilotare le gare d’appalto per favorire specifiche cooperative. Il ricorso, quindi, era interamente volto a criticare la valutazione del Tribunale del Riesame sulla sussistenza della gravità indiziaria, chiedendone una riconsiderazione.

La Decisione della Corte di Cassazione: la Carenza di Interesse nell’Impugnazione PM

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile per un vizio procedurale assorbente e decisivo: la ‘carenza di interesse’.

Gli Ermellini hanno spiegato che l’interesse del PM a ricorrere non può limitarsi a ottenere una mera affermazione teorica della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. L’obiettivo concreto e unico di un’impugnazione in materia cautelare è quello di ottenere il ripristino, la modifica o l’imposizione di una misura restrittiva. Per raggiungere tale scopo, non è sufficiente dimostrare la probabile colpevolezza dell’indagato, ma è indispensabile provare anche la sussistenza attuale e concreta delle esigenze cautelari (pericolo di inquinamento probatorio, di fuga o di reiterazione del reato).

Poiché il ricorso del PM non conteneva alcun riferimento né argomentazione su tali esigenze, risultava privo dell’interesse concreto richiesto dalla legge per la sua ammissibilità.

Le Motivazioni

Nella motivazione, la Corte ha richiamato il principio, definito come ius receptum (diritto consolidato), secondo cui il Pubblico Ministero ha un interesse concreto all’affermazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza solo quando tale statuizione è strumentale all’applicazione o al mantenimento di una misura cautelare. In altre parole, l’accertamento degli indizi è un mezzo, non il fine del processo cautelare.

L’eventuale accoglimento del ricorso sulla sola questione degli indizi non avrebbe potuto automaticamente ripristinare la misura, in assenza di una valutazione sulle esigenze cautelari. Il ricorso era, quindi, ‘incompleto’ e non idoneo a raggiungere il suo scopo pratico. La Corte ha inoltre precisato che le esigenze cautelari non potevano ritenersi implicite o presunte, poiché i reati contestati (art. 353 c.p.) non rientrano tra quelli per cui la legge prevede una presunzione di pericolosità (come all’art. 275, comma 3, c.p.p.). Di conseguenza, era onere specifico del PM allegare e dimostrare tali esigenze nel suo atto di impugnazione.

Conclusioni

Questa sentenza è un monito chiaro: la fase cautelare richiede un approccio a due binari. Non basta raccogliere prove che indichino una probabile colpevolezza; è altrettanto cruciale dimostrare che l’indagato rappresenta un pericolo concreto per la collettività o per l’integrità del processo. Per il Pubblico Ministero, questo si traduce nell’obbligo di strutturare le proprie impugnazioni in modo completo, argomentando non solo ‘perché’ l’indagato è probabilmente colpevole, ma anche ‘perché’ è necessario, qui e ora, limitarne la libertà o i diritti. Un ricorso che manchi di questa seconda componente è destinato a naufragare prima ancora di entrare nel merito della questione.

Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse, poiché il Pubblico Ministero si è limitato a contestare la valutazione sui gravi indizi di colpevolezza senza avanzare alcuna argomentazione sulla sussistenza e attualità delle esigenze cautelari (come il pericolo di reiterazione del reato).

Cosa deve dimostrare un Pubblico Ministero quando impugna un’ordinanza che nega una misura cautelare?
Secondo la sentenza, il Pubblico Ministero deve dimostrare congiuntamente due elementi: la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato e la presenza concreta e attuale delle esigenze cautelari che giustificano l’applicazione della misura.

È sufficiente che ci siano gravi indizi di colpevolezza per applicare una misura cautelare?
No. La sentenza chiarisce che i gravi indizi di colpevolezza sono un presupposto necessario ma non sufficiente. Per applicare una misura cautelare, è indispensabile che il giudice accerti anche la presenza di specifiche e concrete esigenze cautelari previste dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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