Impugnazione Pena: Limiti e Criteri di Valutazione della Cassazione
L’impugnazione pena rappresenta uno strumento fondamentale a disposizione della difesa per contestare una sentenza di condanna. Tuttavia, il suo esercizio è soggetto a limiti precisi, soprattutto quando si giunge dinanzi alla Corte di Cassazione. Una recente ordinanza (n. 18748/2024) ha ribadito i confini del sindacato di legittimità sulla determinazione della sanzione, chiarendo quando un ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile per genericità. Analizziamo insieme questo interessante caso.
I Fatti del Processo: Cessione e Detenzione di Sostanze Stupefacenti
Il caso trae origine da una condanna per reati legati agli stupefacenti. L’imputato era stato giudicato colpevole per aver ceduto tre involucri contenenti 10,7 grammi di marijuana e per aver detenuto, presso la propria abitazione, ulteriori 48,72 grammi della stessa sostanza. Un elemento chiave, sottolineato dai giudici di merito, era il cosiddetto “dato ponderale”: dalla quantità complessiva di droga sequestrata si sarebbero potute ricavare circa 250 dosi medie singole, un fattore indicativo della gravità della condotta.
L’Impugnazione Pena e i Motivi del Ricorso
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’insufficienza della motivazione in merito alla determinazione della pena. Secondo la difesa, la sanzione inflitta sarebbe stata eccessiva se rapportata alle concrete modalità dell’azione e al comportamento tenuto dall’imputato dopo la commissione del reato. Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato dalla Suprema Corte come un tentativo di rimettere in discussione il merito della valutazione, più che un’effettiva censura su un vizio di legittimità della sentenza.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Congruità della Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali.
La Genericità del Motivo di Ricorso
In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto generico. La difesa si era limitata a lamentare un’eccessività della pena senza però illustrare concretamente quali elementi, eventualmente tralasciati dai giudici, avrebbero dovuto portare a una sanzione più mite. Mancava, inoltre, un reale confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata, che invece aveva giustificato la pena facendo riferimento a specifici elementi di fatto.
La Valutazione della Pena Inferiore alla Media Edittale
In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che la pena inflitta era addirittura inferiore alla media edittale, ovvero al punto medio della forbice sanzionatoria prevista dalla legge per quel reato. In questi casi, la giurisprudenza consolidata non richiede al giudice una giustificazione particolarmente analitica o diffusa. La motivazione fornita dalla Corte d’Appello, che evidenziava le modalità della condotta (cessione e detenzione) e l’ingente quantitativo di dosi ricavabili, è stata considerata pienamente adeguata e sufficiente a spiegare la decisione.
le motivazioni
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso dell’imputato era volto a ottenere una nuova valutazione sulla congruità della pena, un’operazione che rientra nella discrezionalità del giudice di merito e che non può essere rivalutata in sede di Cassazione, se non per vizi logici o giuridici manifesti nella motivazione. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello “idonea”, poiché indicava chiaramente le ragioni alla base della valutazione di gravità: la cessione di droga, la detenzione di un quantitativo ulteriore e, soprattutto, il numero di dosi ricavabili (250), elemento che di per sé denota un certo livello di pericolosità della condotta. Contestare questa valutazione senza evidenziare una specifica illogicità significa chiedere alla Cassazione di sostituire il proprio apprezzamento a quello dei giudici dei gradi precedenti, cosa che non le è consentita.
le conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante promemoria pratico: un’impugnazione pena in Cassazione non può limitarsi a una generica doglianza sull’eccessività della sanzione. È necessario, invece, individuare e argomentare specifici vizi di legittimità nella motivazione della sentenza, come la sua manifesta illogicità, contraddittorietà o la totale assenza. Quando la pena è fissata al di sotto della media edittale, l’onere motivazionale per il giudice si attenua e una giustificazione sintetica, ma ancorata a elementi concreti come il dato ponderale, è da considerarsi sufficiente a rendere la decisione incensurabile in sede di legittimità.
È possibile contestare in Cassazione la misura di una pena ritenuta troppo alta?
Sì, ma solo se si lamenta un vizio specifico della motivazione (ad esempio, se è assente, illogica o contraddittoria). Non è possibile chiedere semplicemente una nuova valutazione sulla congruità della pena, perché questa è una decisione di merito riservata ai giudici dei gradi precedenti.
Quando la motivazione sulla determinazione della pena è considerata sufficiente?
Secondo questa ordinanza, la motivazione è sufficiente quando indica le ragioni della valutazione di gravità della condotta. Nel caso di specie, il riferimento alle modalità del reato (cessione e detenzione) e al dato quantitativo (la sostanza era sufficiente per circa 250 dosi) è stato ritenuto idoneo a giustificare la pena inflitta, soprattutto perché inferiore alla media prevista dalla legge.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18748 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18748 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’unico motivo al quale NOME COGNOME ha affidato il propri ricorso, con il quale ha lamentato l’insufficienza della motivazione nella parte relativa determinazione della misura della pena, che sarebbe eccessiva tenendo conto delle modalità e delle circostanze dell’azione e del comportamento dell’imputato successivo alla commissione del reato, è inammissibile, essendo volto, peraltro genericamente, in quanto privo della concreta illustrazione di elementi tralasciati dai giudici di merito confronto con la motivazione del provvedimento impugnato, a censurare sul piano del merito la valutazione di congruità della pena (peraltro inferiore alla media edittal quindi non richiedente analitica o diffusa giustificazione), che è stata giustifi adeguatamente, attraverso la sottolineatura delle modalità della condotta, consistita nell cessione di 3 involucri contenenti 10,7 grammi di marijuana e nella detenzione nella propria abitazione di ulteriori 48,72 grammi della medesima sostanza, e del dato ponderale, posto che da detta sostanza erano ricavabili circa 250 dosi medie singole: si tratta di motivazione idonea, essendo state indicate le ragioni della valutazione di gravi della condotta, non considerate dal ricorrente e, comunque, non censurabili sul piano delle valutazioni di merito nel giudizio di legittimità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, stante la genericità e la manifesta infondatezza della censura al quale è stato affidato.
Rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente