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Impugnazione pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18748/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la misura della pena inflitta per cessione e detenzione di stupefacenti. La Corte ha ritenuto l’impugnazione pena generica e infondata, confermando che la motivazione della Corte d’Appello era adeguata, dato il quantitativo di droga (circa 250 dosi) e le modalità della condotta, anche se la pena era inferiore alla media edittale.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Pena: Limiti e Criteri di Valutazione della Cassazione

L’impugnazione pena rappresenta uno strumento fondamentale a disposizione della difesa per contestare una sentenza di condanna. Tuttavia, il suo esercizio è soggetto a limiti precisi, soprattutto quando si giunge dinanzi alla Corte di Cassazione. Una recente ordinanza (n. 18748/2024) ha ribadito i confini del sindacato di legittimità sulla determinazione della sanzione, chiarendo quando un ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile per genericità. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti del Processo: Cessione e Detenzione di Sostanze Stupefacenti

Il caso trae origine da una condanna per reati legati agli stupefacenti. L’imputato era stato giudicato colpevole per aver ceduto tre involucri contenenti 10,7 grammi di marijuana e per aver detenuto, presso la propria abitazione, ulteriori 48,72 grammi della stessa sostanza. Un elemento chiave, sottolineato dai giudici di merito, era il cosiddetto “dato ponderale”: dalla quantità complessiva di droga sequestrata si sarebbero potute ricavare circa 250 dosi medie singole, un fattore indicativo della gravità della condotta.

L’Impugnazione Pena e i Motivi del Ricorso

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’insufficienza della motivazione in merito alla determinazione della pena. Secondo la difesa, la sanzione inflitta sarebbe stata eccessiva se rapportata alle concrete modalità dell’azione e al comportamento tenuto dall’imputato dopo la commissione del reato. Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato dalla Suprema Corte come un tentativo di rimettere in discussione il merito della valutazione, più che un’effettiva censura su un vizio di legittimità della sentenza.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Congruità della Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali.

La Genericità del Motivo di Ricorso

In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto generico. La difesa si era limitata a lamentare un’eccessività della pena senza però illustrare concretamente quali elementi, eventualmente tralasciati dai giudici, avrebbero dovuto portare a una sanzione più mite. Mancava, inoltre, un reale confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata, che invece aveva giustificato la pena facendo riferimento a specifici elementi di fatto.

La Valutazione della Pena Inferiore alla Media Edittale

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che la pena inflitta era addirittura inferiore alla media edittale, ovvero al punto medio della forbice sanzionatoria prevista dalla legge per quel reato. In questi casi, la giurisprudenza consolidata non richiede al giudice una giustificazione particolarmente analitica o diffusa. La motivazione fornita dalla Corte d’Appello, che evidenziava le modalità della condotta (cessione e detenzione) e l’ingente quantitativo di dosi ricavabili, è stata considerata pienamente adeguata e sufficiente a spiegare la decisione.

le motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso dell’imputato era volto a ottenere una nuova valutazione sulla congruità della pena, un’operazione che rientra nella discrezionalità del giudice di merito e che non può essere rivalutata in sede di Cassazione, se non per vizi logici o giuridici manifesti nella motivazione. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello “idonea”, poiché indicava chiaramente le ragioni alla base della valutazione di gravità: la cessione di droga, la detenzione di un quantitativo ulteriore e, soprattutto, il numero di dosi ricavabili (250), elemento che di per sé denota un certo livello di pericolosità della condotta. Contestare questa valutazione senza evidenziare una specifica illogicità significa chiedere alla Cassazione di sostituire il proprio apprezzamento a quello dei giudici dei gradi precedenti, cosa che non le è consentita.

le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante promemoria pratico: un’impugnazione pena in Cassazione non può limitarsi a una generica doglianza sull’eccessività della sanzione. È necessario, invece, individuare e argomentare specifici vizi di legittimità nella motivazione della sentenza, come la sua manifesta illogicità, contraddittorietà o la totale assenza. Quando la pena è fissata al di sotto della media edittale, l’onere motivazionale per il giudice si attenua e una giustificazione sintetica, ma ancorata a elementi concreti come il dato ponderale, è da considerarsi sufficiente a rendere la decisione incensurabile in sede di legittimità.

È possibile contestare in Cassazione la misura di una pena ritenuta troppo alta?
Sì, ma solo se si lamenta un vizio specifico della motivazione (ad esempio, se è assente, illogica o contraddittoria). Non è possibile chiedere semplicemente una nuova valutazione sulla congruità della pena, perché questa è una decisione di merito riservata ai giudici dei gradi precedenti.

Quando la motivazione sulla determinazione della pena è considerata sufficiente?
Secondo questa ordinanza, la motivazione è sufficiente quando indica le ragioni della valutazione di gravità della condotta. Nel caso di specie, il riferimento alle modalità del reato (cessione e detenzione) e al dato quantitativo (la sostanza era sufficiente per circa 250 dosi) è stato ritenuto idoneo a giustificare la pena inflitta, soprattutto perché inferiore alla media prevista dalla legge.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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