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Impugnazione pena: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 46124/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso che contestava un’aggravante e l’eccessività della sanzione. La decisione ribadisce un principio fondamentale: l’impugnazione pena in sede di legittimità non può mirare a una nuova valutazione dei fatti o della congruità della pena, poteri che rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, a meno che la sua motivazione non sia palesemente illogica o arbitraria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Pena: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’impugnazione pena davanti alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel sistema penale italiano, ma i suoi confini sono rigorosamente definiti. Non è una sede dove si possono ridiscutere i fatti o la congruità della sanzione decisa nei gradi precedenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte (n. 46124/2024) lo ribadisce con chiarezza, dichiarando inammissibile un ricorso che contestava proprio questi aspetti. Analizziamo la decisione per comprendere i limiti del sindacato di legittimità.

I Fatti del Ricorso

Un imputato presentava ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello, sollevando due principali motivi di doglianza:

1. Errata applicazione dell’aggravante della minorata difesa: Si contestava la valutazione dei giudici di merito che avevano ritenuto sussistente la circostanza aggravante prevista dall’art. 61, n. 5, del codice penale.
2. Eccessività della pena: Si lamentava la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e, di conseguenza, una pena ritenuta sproporzionata.

Entrambi i motivi miravano, in sostanza, a ottenere una riconsiderazione di valutazioni che i giudici dei primi due gradi di giudizio avevano già compiuto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La pronuncia non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si sofferma sulla natura stessa dei motivi presentati, ritenendoli non consentiti in sede di legittimità. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni: i Limiti all’Impugnazione Pena in Cassazione

La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza riguardo ai poteri della Corte di Cassazione. I giudici hanno spiegato perché i motivi del ricorso non potessero trovare accoglimento.

La Valutazione delle Circostanze Aggravanti come Giudizio di Fatto

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha sottolineato che l’accertamento di una circostanza di fatto, come la condizione di minorata difesa della vittima, è un apprezzamento riservato esclusivamente al giudice di merito. La Corte di Cassazione non è un “terzo giudice” del fatto e non può sostituire la propria valutazione a quella espressa nelle sentenze di primo e secondo grado.

Il suo compito è circoscritto a verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia:

* Esistente: Deve esserci un apparato argomentativo.
* Logica: Non deve contenere contraddizioni o palesi errori di ragionamento.

Nel caso di specie, i giudici di appello avevano fornito una spiegazione congrua e non illogica per ritenere sussistente l’aggravante. Pertanto, qualsiasi tentativo di rimetterla in discussione in Cassazione si risolve in una richiesta inammissibile di nuova valutazione del merito.

La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena

Anche il secondo motivo, relativo all’impugnazione pena per eccessività e mancata concessione delle attenuanti generiche, è stato ritenuto inammissibile. La Corte ha ribadito che la graduazione della pena è espressione del potere discrezionale del giudice di merito, esercitato sulla base dei criteri indicati dagli artt. 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.).

La Cassazione può intervenire solo se la determinazione della pena è frutto di un ragionamento palesemente illogico o di un puro arbitrio, ma non può sindacare la scelta del giudice quando questa sia supportata da una motivazione adeguata, anche se sintetica. Lo stesso principio vale per le attenuanti generiche: la loro concessione o esclusione è un giudizio di fatto che, se motivato in modo non contraddittorio, è insindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un importante promemoria sui limiti del ricorso per Cassazione. Chi intende presentare un’impugnazione pena in questa sede deve concentrarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti manifesti di motivazione) e non sulla speranza di ottenere una diversa valutazione dei fatti o un trattamento sanzionatorio più mite. Le valutazioni di merito, se sorrette da un impianto argomentativo logico e coerente, diventano definitive con la sentenza d’appello.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione di un’aggravante come la minorata difesa?
No, non è possibile se la contestazione mira a una nuova valutazione dei fatti. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente, ma non può riesaminare le prove per giungere a una diversa conclusione.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta eccessiva?
La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena. Può annullare la decisione sulla pena solo se questa è frutto di un errore di diritto o di una motivazione arbitraria o palesemente illogica, ma non perché la ritiene semplicemente ‘eccessiva’.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere i motivi già presentati in appello?
Un ricorso che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza criticare specificamente la motivazione di quest’ultima, è considerato non specifico e, di conseguenza, viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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