Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22997 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22997 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a VITTORIA il 13/09/2003 COGNOME NOME nato a CALTAGIRONE il 04/12/2003
avverso la sentenza del 18/12/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di CATANIA
ciatec:avvIIP5:NOMEperti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono, a mezzo del comune difensore, con due separati atti uguali, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale è stata applicata loro la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. deducendo violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizio motivazionale in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti, in punto di motivazione sul mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 e alla congruità della pena
Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I ricorsi sono palesemente inammissibili per cause che possono dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successivi alla quale sono sia la richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della I. 23.6.2017 n. 103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza , all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”.
Non rientra più, pertanto, tra i motivi di ricorribilità per cassazione quello -come avvenuto nel caso che ci occupa- attinente la mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Inoltre, le proposte alle doglianze in punto di dosimetria della pena, peraltro assolutamente generiche, sono perciò manifestamente inammissibili in quanto, come visto, l’ambito di ricorribilità rispetto a sentenze come quella che ci occupa è ristretto ai soli casi di illegalità della pena.
E, ancora, va rilevato che al di là della mera enunciazione di un motivo di ricorso, formalmente consentito, la contestazione dell’erronea qualificazione giuridica del fatto risulta inconsistente e si risolve in una formula vuota di contenuti, non risultando in alcun modo evidenziati gli elementi di fatto, giustificativi di un diverso inquadramento giuridico del fatto, neppure indicato, o sostanzianti l’erronea qualificazione giuridica attribuita al fatto e ritenuta in sentenza.
Condivisibilmente, questa Corte di legittimità ha affermato -e va qui ribaditoche l’erroneità della qualificazione giuridica dei fatto, meramente enunciata, scherma la richiesta di una sentenza di proscioglimento, parimenti immotivata,
che, in sostanza, elude i limiti normativi (Sez. 6, ord. n. 2721 del 8/1/2018, COGNOME, Rv. 272026). E, in ogni caso, che a seguito dell’introduzione dell’art. 448 comma 2 bis cod. proc. pen. la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione, del fatto contenuto in una sentenza di patteggiamento è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo d’imputazione, dovendo in particolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo del ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (così Sez. 6 ord. 3108 del 08/01/2018, COGNOME, Rv 272252; conf. ord. n. 45391 del 21/11/2024, COGNOME, non mass.); e, del pari, è stato affermato che in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, co. 2 bis, cod. proc. pen. l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi, in diritto, che non risultino evidenti dal testo del pro vedimento impugnato (Sez 1 n. 15553 del 20/03/2018, Rv 272619); il che non è nel caso che ci occupa.
4. In ultimo, va ricordato che, sin dagli albori dell’istituto di cui agli artt. 4 e ss. cod. proc. pen. , questa Corte di legittimità ha chiarito che, una volta che l’accordo sia stato ratificato dal giudice, non è più consentito alle parti (anche a quella pubblica) prospettare questioni e sollevare censure con riferimento (come nella specie) all’applicazione delle circostanze, che non siano illegali: anche entro tale ambito, invero, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti (Sez. 5, Sentenza n. 5210 del 28/10/1999 dep. 12000, Verdi, Rv. 215467). E, ancora di recente, pur prima della novella di cui alla I. 103/2017, era stato ribadito che non potesse proporsi ricorso per cassazione per violazione di legge avverso una sentenza di patteggiamento, sotto il profilo dell’erronea concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, laddove non sussistessero palesi illegalità della pena concordata e in quanto vi sia stata ratifica dell’accordo sanzionatorio tra le parti, anche in ragione della natura semplificata propria della sua motivazione (Sez. 6, Sentenza n. 42837 del 14/5/2013, COGNOME, Rv. 257146).
Va chiarito, infine, che, per qualificare illegale la pena non basta eccepire che il giudice non abbia correttamente esplicato i criteri valutativi che lo hanno indotto ad applicare la pena richiesta, ma occorre che il risultato finale del calcolo non risulti conforme a legge (Sez. 6, n. 18385 del 19/02/2004, Obiapuna, Rv. 228047).
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R.G.
5. A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del
13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedi- mento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indi-
cata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 10/06/2025