LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Impugnazione patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento per reati di droga. L’imputato lamentava la mancata valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., ma la Corte ha ribadito che, dopo la riforma del 2017, tale motivo non rientra più tra quelli consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. per l’impugnazione del patteggiamento, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Limiti all’Impugnazione Patteggiamento: La Cassazione Fa Chiarezza

L’impugnazione patteggiamento è un tema di grande rilevanza pratica, specialmente alla luce delle modifiche legislative che ne hanno ristretto l’ambito. Con l’ordinanza n. 38071 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini entro cui è possibile contestare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti, confermando un orientamento ormai consolidato. La pronuncia offre spunti essenziali per comprendere quando un ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Il Caso: Ricorso Contro un Patteggiamento per Droga

Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Cremona. La pena era stata concordata in relazione a reati previsti dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, commi 1 e 4, D.P.R. 309/1990).

L’unico motivo di ricorso sollevato dalla difesa era la presunta carenza di motivazione da parte del giudice di primo grado. In particolare, si contestava il fatto che il GIP non avesse adeguatamente verificato la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato dell’imputato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

L’Impugnazione Patteggiamento e i Nuovi Limiti Normativi

Il cuore della questione risiede nelle modifiche introdotte dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. Riforma Orlando), che ha inserito il comma 2-bis nell’articolo 448 del codice di procedura penale. Questa norma ha limitato in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento. In sostanza, l’appello è consentito solo per specifiche violazioni di legge, e non per contestare la valutazione del giudice sulla colpevolezza quando vi è stato un accordo tra le parti.

La Corte di Cassazione, nel suo provvedimento, richiama proprio questa disposizione per giustificare la sua decisione, allineandosi alla giurisprudenza precedente.

La Decisione della Corte: Inammissibilità De Plano

La Settima Sezione Penale ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure la necessità di una discussione in udienza (la cosiddetta inammissibilità de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.).

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la doglianza relativa alla mancata verifica delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. non rientra nel novero dei motivi di ricorso consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La scelta di accedere al rito del patteggiamento implica una forma di rinuncia a contestare l’accusa nel merito. Di conseguenza, non è più possibile, in sede di impugnazione, sollevare questioni che avrebbero dovuto essere valutate prima dell’accordo sulla pena.

Citando propri precedenti (Sez. 2, n. 4727/2018 e Sez. F, n. 28742/2020), la Cassazione ha sottolineato che la riforma del 2017 ha volutamente circoscritto l’impugnabilità della sentenza di patteggiamento a vizi specifici, escludendo censure generiche sulla motivazione o sulla valutazione di merito. L’obiettivo del legislatore era quello di deflazionare il carico della Corte di Cassazione e di dare maggiore stabilità alle sentenze concordate.

Le conclusioni

La decisione si conclude, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, con la condanna del ricorrente. Non emergendo ragioni per un esonero, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia conferma che l’accesso al patteggiamento deve essere una scelta ponderata, poiché le successive possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e un ricorso fondato su motivi non ammessi conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità e a sanzioni economiche.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non abbia verificato la possibilità di prosciogliere l’imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, a seguito della riforma introdotta dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., questo motivo di ricorso non è più consentito e rende l’impugnazione inammissibile.

Quali sono le conseguenze se si propone un ricorso per cassazione per motivi non consentiti dalla legge contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in quattromila euro.

La riforma del 2017 (legge Orlando) ha cambiato le regole per l’impugnazione del patteggiamento?
Sì. La legge n. 103 del 2017 ha introdotto l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che ha limitato in modo tassativo i motivi per i quali è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento, escludendo la possibilità di contestare la mancata verifica delle cause di proscioglimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati