Impugnazione Patteggiamento: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto del patteggiamento, previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale, rappresenta una via per definire rapidamente un processo penale. Tuttavia, le possibilità di contestare la sentenza sono limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili dell’impugnazione patteggiamento, chiarendo perché un ricorso basato su una diversa lettura dei fatti sia destinato all’insuccesso.
I Fatti del Caso
Tre individui, condannati con sentenza di patteggiamento dal Tribunale di Milano, hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione. I motivi del ricorso erano principalmente due:
1.  Errata qualificazione giuridica: Sostenevano che la sostanza stupefacente detenuta fosse per uso personale e non per spaccio, chiedendo di fatto una riconsiderazione delle prove.
2.  Illegittimità della confisca: Contestavano la confisca di una somma di denaro sequestrata, asserendo che provenisse da fonti lecite e non fosse il profitto del reato contestato.
I ricorrenti, in sostanza, cercavano di ottenere dalla Suprema Corte un nuovo giudizio sul merito della vicenda, un’operazione non consentita in sede di legittimità.
La Decisione della Corte di Cassazione e l’impugnazione patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: i limiti dell’appello contro una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, infatti, circoscrive in modo netto i motivi per cui è possibile presentare ricorso.
La Corte ha sottolineato che tentare di sollecitare una “diversa ricostruzione del fatto” è un’attività preclusa in sede di legittimità, a maggior ragione quando si tratta di un’impugnazione patteggiamento. L’accordo tra accusa e difesa cristallizza la valutazione dei fatti, e il ricorso può vertere solo su questioni di pura legalità, come un errore nel calcolo della pena o la mancata applicazione di una circostanza.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha analizzato nel dettaglio i motivi del rigetto, offrendo spunti di riflessione importanti.
Primo Motivo: L’Intangibilità della Ricostruzione dei Fatti
Il primo motivo di ricorso, relativo all’uso personale della sostanza, è stato giudicato inammissibile perché mirava a una rivalutazione del merito. La Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono ripresentare le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi inferiori. Chiedere di riconsiderare se la droga fosse per uso personale o per spaccio equivale a chiedere un nuovo processo, cosa impossibile in questa sede.
Secondo Motivo: La Genericità delle Censure sulla Confisca
Anche le doglianze sulla confisca del denaro sono state respinte. I giudici hanno definito le argomentazioni dei ricorrenti come “generiche”. Essi si limitavano a contestare la legittimità del provvedimento, adducendo una provenienza lecita del bene senza però smontare la motivazione della sentenza impugnata. Quest’ultima, infatti, aveva stabilito una “motivata correlazione” tra il denaro sequestrato e il profitto derivante dall’attività di spaccio. Anche in questo caso, il ricorso si trasformava in un tentativo di ottenere un inammissibile accertamento alternativo dei fatti.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un chiaro monito: l’impugnazione patteggiamento è un percorso stretto e ben definito. Chi sceglie questa via processuale deve essere consapevole che la possibilità di contestare la sentenza in Cassazione è limitata a vizi specifici e non può mai tradursi in una richiesta di riesame delle prove o di una nuova interpretazione dei fatti. La conseguenza di un ricorso che travalica questi limiti è la sua dichiarazione di inammissibilità, con la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma a favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
 
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti in un ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento?
No, il provvedimento chiarisce che il ricorso per cassazione, specialmente contro una sentenza di patteggiamento, non consente una diversa ricostruzione del fatto. L’impugnazione è limitata a specifici vizi di legge, come delineato dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Per quale motivo le censure sulla confisca del denaro sono state respinte?
Le censure sono state ritenute generiche e miravano a un riesame del fatto. La Corte ha stabilito che i ricorrenti contestavano la legittimità del provvedimento basandosi su una presunta provenienza lecita del denaro, ma non hanno superato la motivazione della sentenza impugnata che correlava il denaro sequestrato al profitto del reato di spaccio.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6075 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6075  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2023 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso sull’uso personale della sostanza stupefacente è inammissibile essendo rivolto a sollecitare una diversa ricostruzione del fatto non consentita in sede di ricorso per cassazione, ed ancor più quando si tratti – come nella specie – di sentenza di patteggiamento emessa ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen., stante il ristretto ambito dell’impugnazione come delineato dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.;
ritenuto che sulla confisca del denaro in sequestro, disposta ai sensi dell’art. 240 cod. pen. quale provento del reato, le censure dei tre ricorrenti sono generiche in quanto contestano la legittimità del provvedimento, adducendo dei vizi che attengono unicamente all’accertamento del fatto, di cui si sollecita l’alternativa lettura dell’asserita provenienza lecita del bene confiscato, a fronte della motivata correlazione dl denaro in sequestro con il profitto del reato (quale provento dell’attività di spaccio);
ritenuto che dalla inammissibilità dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 gennaio 2024 Il Cons Tre estensore GLYPH
Il Pre$ ente