Impugnazione Patteggiamento: i Limiti Tassativi del Ricorso in Cassazione
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta uno strumento fondamentale di economia processuale. Tuttavia, l’accordo tra accusa e difesa sulla pena non preclude del tutto la possibilità di un controllo successivo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10124/2024) fa luce sui confini sempre più stringenti dell’impugnazione patteggiamento, soprattutto dopo le modifiche legislative introdotte nel 2017. Analizziamo la decisione per comprendere quali motivi di ricorso sono ancora ammessi e quali invece sono preclusi.
Il Caso in Esame: Detenzione di Stupefacenti e Patteggiamento
Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Bolzano. L’imputato aveva concordato una pena di cinque anni di reclusione e 20.000 euro di multa per la detenzione illecita di circa 100 grammi di cocaina. La pena era stata calcolata tenendo conto della continuazione con un precedente reato, per il quale era già intervenuta una condanna irrevocabile.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una presunta ‘mancata valutazione autonoma dei fatti’ da parte del giudice, sostenendo in pratica che il giudice avrebbe dovuto verificare più a fondo la sussistenza di eventuali cause di proscioglimento prima di ratificare l’accordo.
I Limiti all’Impugnazione del Patteggiamento: La Riforma del 2017
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sull’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017, ha drasticamente limitato le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento.
La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo tra le parti esonera l’accusa dall’onere di provare la colpevolezza. Di conseguenza, la motivazione della sentenza di patteggiamento può essere succinta, limitandosi a descrivere il fatto, confermare la corretta qualificazione giuridica e attestare la congruità della pena concordata. Qualsiasi tentativo di rimettere in discussione i fatti o la responsabilità dell’imputato in sede di legittimità è destinato a fallire.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha chiarito che l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare ricorso. Tra questi non rientra la mancata verifica da parte del giudice dell’insussistenza di cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. (come, ad esempio, il fatto che non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso).
In altre parole, una volta che l’imputato ha scelto la via del patteggiamento, accetta una sostanziale rinuncia a contestare la propria responsabilità nel merito, in cambio di uno sconto di pena. Il ricorso per cassazione rimane possibile, ma solo per questioni molto specifiche, come errori nel calcolo degli aumenti di pena per la continuazione tra reati (art. 81 c.p.) o altre violazioni di legge espressamente indicate.
La genericità del motivo addotto dalla difesa, che chiedeva una ‘valutazione autonoma’ senza specificare una violazione di legge ammissibile, ha contribuito a rafforzare la decisione di inammissibilità.
Le Conclusioni: Cosa Implica questa Sentenza
La sentenza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. La scelta di accedere al patteggiamento è una decisione strategica che comporta benefici ma anche significative rinunce. La principale è quella di non poter più contestare, in sede di impugnazione, la propria colpevolezza o la ricostruzione dei fatti, se non nei limiti ristrettissimi previsti dalla legge.
Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito sulla necessità di ponderare attentamente la scelta del rito processuale, essendo l’impugnazione patteggiamento una strada percorribile solo in casi eccezionali e per motivi puramente tecnici, con una quasi totale preclusione per le questioni di merito.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. L’impugnazione è possibile solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge, come specificato dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Non è possibile, ad esempio, contestare la ricostruzione dei fatti o la responsabilità penale.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato – la ‘mancata valutazione autonoma dei fatti’ – non rientra tra quelli consentiti dalla legge per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento. Inoltre, la doglianza è stata ritenuta generica.
Cosa ha cambiato la legge n. 103 del 2017 riguardo all’impugnazione del patteggiamento?
La legge n. 103 del 2017 ha introdotto il comma 2-bis nell’art. 448 c.p.p., limitando drasticamente i motivi di ricorso per cassazione avverso le sentenze di patteggiamento. In particolare, ha escluso la possibilità di impugnare la sentenza per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.).
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10124 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10124 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di appello di Bolzano del 17/02/2022;
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga rigettato.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Bolzano con sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. in data 17 febbraio 2022 (motivazione depositata il successivo 20 maggio), ritenuta la continuazione del reato oggetto del giudizio (art. 73 comma 1 d.P.R. n. 309 del 1990, per avere illecitamente detenuto 100,22 grammi di
cocaina) con quello giudicato con sentenza divenuta irrevocabile 1’8 gennaio 2021, ha applicato a NOME la pena complessiva di cinque anni di reclusione ed euro 20.000 di multa.
Avverso la sentenza l’imputato ha presentato, per mezzo del proprio difensore, ricorso nel quale deduce violazione di legge per “mancata valutazione autonoma dei fatti contestati rispetto alla richiesta delle parti”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché il motivo dedotto propone censure non consentite.
Anche a prescindere dalla genericità della doglianza, va ribadito che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (anche deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della sua qualificazione giuridica e della congruità della pena “patteggiata” (ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.: tra tante, Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006 Pkoumya, Rv. 234824). A tale verifica si è attenuta la sentenza impugnata, risultando pertanto incensurabile in questa sede.
2.1. Invece, dopo la modifica normativa ad opera della legge 23 giugno 2017 n. 103, che ha introdotto nell’art. 448 cod. proc. pen. il comma 2-bis, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., atteso che il comma 2-bis cit., limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate, tra le quali non è contemplata la mancata osservanza dell’art. 129 cod. proc. pen. (ex multis, Sez. F, ord. n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui Amine, Rv. 2797E1 – 01), ovvero in relazione agli aumenti di pena operati ai sensi dell’art. 81, secondo comma, cod. pen. (Sez. 6, n. 40047 del 12/09/2022, PG c. Novaglio, Rv. 28:3943 – 01).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, giudicata congrua in relazione alla causa di inammissibilità, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 16 gennaio 2024
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